Quando parliamo dishoppingaspirazionaleci riferiamo a quella voglia di acquistare vestiti, abiti o qualsiasi tipologia di outfit che idealmentevorremmo ci rappresentasse.Rincorriamo l’immagine che abbiamo visto da qualche parte: che sia su una rivista o in un contenuto social poco importa. Ci proiettiamo con forza verso qualcosa che ci sembra esserecosìbelloe quindicosì altrettanto giusto. Dov’è il problema? La verità è che il problema non c’è, o almeno non riguarda direttamente la nostra passione più o meno accentuata di fare compere, bensì la nostra gestione ecapacità critica di intendere e riconoscere quello che stiamo idealizzando. Cambiare, aver voglia di vedersi valorizzati e valorizzate, imparare qualcosa di nuovo dalle 1.000 guru dello styling (alcune più competenti di altre) è una spinta costruttiva, e in questo non c’è nulla di male. Dopotutto, secondo una vecchia ma sempre vera citazione,chi dice che i soldi non fanno la felicitàè solo perché non sa dove andare a fare shopping. E quindi ci chiediamo, ancora una volta:dov’è il problema? La bella stagione sembra essere davvero arrivata: sentiamo la temperatura che aumenta e la voglia di concederci un acquisto nuovo; sentiamo anche la commessa del negozio che con la voce melliflua e utilizzando il migliore dei suoi sguardi benevoli ci dice: “ma non è lei che è ingrassata, è la maison che fa le taglie piccole”. Ed eccoci lì,davanti allo specchio, con indosso quel capo di abbigliamento che ci fa respirare solo in parteper quanto è stretto o che addirittura non si chiude. Ci sentiamonudi o nude,anche se non lo siamo e cerchiamo di attaccarci a qualsiasi cosa persentirci meno sbagliati. In fondo, forse, la commessa ha ragione: è tutta colpa di quella maledetta maison e se dobbiamo proprio raccontarcela tutta, l’estate sta arrivando e noi saremo sicuramente in grado di perdere quei maledetti centimetri di troppo. Il danno è fatto.Abbiamo appena confuso il gesto dicomprarequalcosa per valorizzarci(e perché davvero ne avevamo voglia) con l’atto di acquistare quel capo di abbigliamento coltivando la speranza dimotivarci a perdere una o due taglie. Perché può diventare dannoso? Intanto, per dovere di cronaca, è doveroso spoilerare che nella maggior parte dei casi non funzionerà. Semplicemente su quella taglia in meno scritta sul cartellino stiamo proiettando la nostranecessità di essere motivati e motivatee quando ci renderemo conto che quel genere di spinta motivazionale non sarà sufficiente e non funzionerà, come ci sentiremo? Altro spoiler: ci sentiremodelusi,solie di nuovo tristementesbagliati. L’unico sbaglio (se così possiamo chiamarlo) è quello di averidealizzato un’immaginedi sé non rispondente alla realtà e imposta dacanoni dati da una societàche ci dimostra sempre più spesso di aver dimenticato i valori davvero importanti. Perché idealizziamo qualcosa o qualcuno? Spesso lo facciamo come meccanismo didifesa, quando ci sentiamo costretti ad affrontareidee, paure, sentimenti o sensazioni spiacevoli.Immaginiamo che ci sia qualcuno, o qualcosa, che possedendo caratteristiche uniche e speciali da noi attribuite ci possa sollevare da tutta la negatività che ci circonda. Quindi: shopping sì o shopping, no? In realtà,diciamo sì a qualunque cosa ci faccia sentire davvero meglio,sì a qualunque motivazione genuina che ci faccia raggiungere obiettivi di benessere reale, condivisi e non imposti da qualcun altro. Diciamo sì anche al percorrere lastrada verso la riscoperta di valoriche troppo spesso vengono accantonati e, infine,sì anche allo shopping:magari più consapevole, più esperienziale eun po’ meno aspirazionale.
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