Categories: Economia

Paradisi fiscali: l’Irlanda vuole creare un Fondo Sovrano

 

Quando sentiamo parlare di “paradisi fiscali” la prima cosa che ci viene in mente sono Stati lontani da noi migliaia di chilometri, come le isole Samoa, le Bahamas e Panama. In effetti è vero: si tratta di Paesi capaci diattrarre le grandi aziende per un sistema di tassazione estremamente conveniente. Al loro fianco, però, troviamo anche alcuni Stati europei come, a esempio, l’Irlanda. L’imposta sullaricchezza delle multinazionaliè una questione da anni dibattuta perché la presenza di regimi d’imposte differenti causano squilibri, avvantaggiando alcuni Paesi. L’Irlanda, infatti, che presenta a oggi unaaliquota del 12,5%,sta beneficiando di unsurplus fiscale da record pari a circa 10 miliardi nel 2022e che, fino al 2025, potrebbe raggiungere i 65 miliardi. Una vera fortuna che potrebbe essere utilizzata per lacreazione di un Fondo Sovranoprobabilmente effettivo già dal 2024, con l’obiettivo di sostenere il benessere dei cittadiniinvestendo in infrastrutture e nellepensioni. Il modello di riferimento è quellonorvegese. Il Paese Nordico ha, infatti, visto nel 1990 la creazione dell’Oil Fundche prevedeva ilreinvestimento degli extraprofitti delle aziende petrolifere. Una mossa vincente basata sul concetto per cui “Un giorno il petrolio si esaurirà, ma i proventi messi sul Fondo continueranno a beneficiare la popolazione norvegese” e che nel 2006 si è trasformato nelGovernment Pension Fund Global, con la nascita di una vera e propria cassaforte statale. Una mossa che l’Irlanda vuole seguire e che, indubbiamente, renderà felici i cittadini ma meno il resto d’Europa che, invece, si vede sottratta una fetta della propria ricchezza. Ad ottobre 2021, durante ilG20, sono stati fatti degli importanti passi avanti perintrodurre un sistema di tassazione fiscalecheallineasse tutti i Paesi Ocse.L’obiettivo era quello dicontrastare l’evasione fiscalee limitare gli extraprofitti delle aziende di grandi dimensioni al fine di evitare situazioni come quella, a esempio, delle grandi case farmaceutiche americane. Aziende comePfizerhanno generato all’interno del suolo statunitense un fatturato di 215 miliardi di dollari e un profitto pari a 10 miliardi; all’estero, invece, il rapporto è di 171 miliardi fatturati e un utile di 90 miliardi di dollari. Una situazione certamente conveniente per lemultinazionaliche sono, inevitabilmente,attratte verso Paesi che gli consentano un maggior margine di profitto. A partire da questa volontà si è, dunque, deciso durante il G20 di fissare unaliquota fiscale minima del 15%sui ricavi finanziari complessivisuperiori a 750 milioni di euro l’annodelle imprese che operano, tramite la loro casa madre o tramite una controllata, all’interno di uno dei Paesi membri dell’Ue. Una soglia che potrebbe permettere la realizzazione di entrate per circa 220 miliardi di dollari a livello globale, che per l’Italia corrisponderebbero a circa 2/3 miliardi di euro. La proposta, tuttavia, ha subito diversirallentamentiper ilveto prima della Polonia e, poi, dell’Ungheria(le quali, a oggi, presentano rispettivamente un imposta del 19% e del 9%), ma che dovrebbe diventare effettiva a partire dal prossimo anno. Ecco quindi che l’Irlanda inizia a muoversi per il raggiungimento del 15% mentre inSvizzera, dove in 21 Cantoni su 26 le aliquote sono ben al di sotto del 15%, è stato indetto unreferendumpopolareche il 18 giugno porterà la popolazione a esprimere la propria opinione alle urne. Infatti, la normativa punta a regolare anche le casistiche in cui il Paese dove viene svolta l’attività non preveda un analogo sistema di regolamentazione, permettendo allo Stato membro della società madre di applicare un’imposta complementare. Un compromesso quello del 15% che sembra comunque molto lontano dalla soglia necessaria a garantire una maggiore equità: basti pensare chein Europa il Paese con la tassazione maggiore è il Portogallocon il 31,5%, a seguire la Germania con il 29,83% e l’Italia con il 27,81%. Ben al di sopra del valore minimo fissato durante il G20, quando il Presidente americano Biden aveva proposto il 21% e la Commissione Indipendente per la Riforma della Tassazione Internazionale delle Multinazionali (Icrict) il 25%. Se si prende in considerazione quest’ultima proposta, infatti, iprofittigenerati a livello globale supererebbero di gran lunga i 220 miliardi stimati, portando solo in Italia un aumento di 12 miliardi di euro. Una questione digiustizia fiscaleche, pur non avendo ancora trovato una soluzione univoca, muove i primi passi verso una maggiore coesione internazionale.

Redazione

Share
Published by
Redazione

Recent Posts

La Danimarca si scusa per gli abusi sulle persone con disabilità

  «A nome dello Stato danese, a nome del Governo: mi dispiace». Con queste parole…

5 giorni ago

Natalità: -1,1% nei primi 4 mesi del 2023

  A poco più di un mese dagliStati Generali della Natalità, lasituazione demografica italiananon sembra…

5 giorni ago

Biodiversità: Italia è quinta in Europa per numero di ricerche scientifiche

  Dall’Accordo all’azione: ricostruire la biodiversità”. È questo il tema scelto quest’anno per la Giornata…

5 giorni ago

Ogni 2 minuti una donna muore per gravidanza o parto

  Una donna muore ogni due minuti per complicanzelegate al parto e alla gravidanza. Lo…

5 giorni ago

Bologna: l’arte di Jago, Banksy e TvBoy approda in città

  Dall’11 novembre al 7 maggio 2023,Palazzo Albergati a Bolognaospita la mostraJago, Banksy, TvBoy e…

5 giorni ago

Romano Prodi e i “ribelli” che chiedono un Patto verde Ue

  La semplice diversificazione delle importazioni dicombustibili fossiliper liberarsi dalla dipendenza russa - che garantisce…

5 giorni ago