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Il 10% della popolazione mondiale soffre di malnutrizione

 

Lepersone denutrite nel mondo sono828 milioni: il 99% vive in Paesi a basso e medio reddito, il60% è composto da donne e ragazze. Lo dicono i dati diffusi dallaFao, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, che ha lanciato un allarme: l’insicurezza alimentareacuta è destinata ad aumentare sia in grandezza che in gravità in 18 “punti caldi”, che comprendono ben 22 Paesi. Si tratta diAfghanistan, Nigeria, Somalia, Sud Sudan, Yemen, che rimangono anche quest’anno almassimo livello di allerta. Ma anche diHaiti, della regione del Sahel (che comprendeBurkina FasoeMali) e delSudan, che richiedono l’intervento più immediato perché le loro popolazioni stanno affrontando la fame (o si prevede che lo faranno). In questi Paesi lo spostamento per le persone e la circolazione delle merci sono severamente limitate, mentre in Sudan la situazione è stata aggravatadallo scoppio del conflittoche sta portando il Paese sull’orlo di una guerra civile. Il nuovo rapporto dell’OnuHunger Hotspots – FAO-WFP early warnings on acute food insecuritypubblicato dallaFaoe dal Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite a un giorno dalla Giornata mondiale della fame, che si è celebratail 28 maggio, mette in luce il pericolo di una ricaduta della crisi sudanese, che aumenta il rischio di impatti negativi sui Paesi vicini, e mostra come l’aggravarsi degli shock economici continui ad affondare le Nazioni a basso e medio reddito:conflitti, eventi climatici estremi e crisi economicheportano sempre più comunità in crisi. Le 2 realtà chiedono un’urgente azione umanitaria per salvare vite e mezzi di sussistenza eprevenire la fame e la mortenei cosiddetti punti caldi in cui la situazione potrebbeaggravarsida giugno a novembre 2023. «I percorsi business-as-usual non sono più un’opzione nel panorama dei rischi odierno se vogliamo raggiungere la sicurezza alimentare globale per tutti, assicurandoci che nessuno sia lasciato indietro», ha spiegato QU Dongyu, Direttore Generale dellaFao. Come intervenire allora? «Dobbiamo fornireinterventi agricoli immediati e urgenti per sottrarre le persone all’orlo della fame,aiutarle a ricostruire le loro vite e fornire soluzioni a lungo termineper affrontare le cause profonde dell’insicurezza alimentare. Investire nella riduzione del rischio di disastri nel settore agricolo può sbloccare significativi dividendi di resilienza e deve essere aumentato». L’appello delle Nazioni Unite è chiaro: se non si interviene ora, i risultati saranno catastrofici. Lo rivelava giàl’ultimo reportdedicato allo stato della sicurezza alimentare e della nutrizione nel mondo, che mostrava come la maggior parte della popolazione mondiale denutrita viva inAsia, dove circa425 milioni di persone hanno sofferto la fame nel 2021.Ma è in Africa che prevale la fame più acuta, con 278 milioni di persone colpite. Dopo un decennio di consistente diminuzione, la fame nel mondo aveva registrato una tendenza al rialzo:tra il 2019 e il 2021 erano aumentate di oltre 150 milioni le persone denutrite.Oggi, rispetto a 2 anni fa, sono 46 milioni in più. Ilgender gapnon abbandona neanche il settoredell’insicurezza alimentare: il divario di genere, già cresciuto nel 2020 durante la pandemia di Covid-19, si è ampliato ulteriormente nel 2021, in gran parte per le crescenti differenze in America Latina e nei Caraibi, oltre che in Asia. 2 anni fa il divario aveva raggiunto quota 4,3%, conil 31,9% delle donne nel mondo che soffriva di insicurezza alimentare moderata o grave rispetto al 27,6% degli uomini. Il nuovo rapporto sul rischio dei prossimi 6 mesi avverte che anche la Repubblica Centrafricana, la Repubblica Democratica del Congo, l’Etiopia, il Kenya, il Pakistan e la Siria sono focolai di forte preoccupazione, e l’allerta è estesa anche al Myanmar. Il Libano è stato aggiunto all’elenco degli hotspot, unendosi al Malawi e all’America centrale (El Salvador, Guatemala, Honduras e Nicaragua). L’azione umanitaria, spiega il rapporto, “sarà fondamentale per prevenire la fame e la morte, in particolare nei punti di massima allerta”. Ma gli aiuti saranno limitati dall’insicurezza, dalle barriere burocratiche e dalle restrizioni di movimento: una sfida importante per i soccorritori umanitari in tutto il mondo.

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