In un mondo ideale tutte le madri dovrebbero avere accesso in gravidanza a vitamine, farmaci di prima necessità e cure preventive per la salute propria e dei bambini che hanno in grembo. Così però non è in decine di Paesi poveri e questo porta a numerosemorti infantili. Un “disastro silenzioso per la salute pubblica”, come spiega unostudiopubblicato suThe Lancetdedicato a tutti queineonati vulnerabili, nati troppo presto o troppo piccoli e che, secondo gli autori, potrebbero essere aiutati con un piccolo sforzo. In totale sonooltre 1 milionele vite che potrebbero essere messe in salvo ogni anno. Secondo la ricerca476.000 morti neonatali(che avvengono nel primo mese di vita del bambino)e 566.000 in utero(dopo 28 settimane di gravidanza) sarebbero infattievitabili se venissero implementate alcune misure sanitarie prenatali a basso costo in 81 Paesi a basso e medio reddito. Con unaspesatotale stimata di pocopiù di 1 miliardo di dollari, si potrebbe impedire anche che 5,2 milioni di bambini ogni anno nascanoprematuri, con una crescita inferiore rispetto all’età gestazionale o con basso peso alla nascita. Lo studio è stato pubblicato più o meno in coincidenza con unreport delle Nazioni Uniteche avverte chei progressi globali nella riduzione delle morti neonatali e inuterosi sono arrestati dal 2015, anche a causa della diminuzione degli investimenti nei servizi sanitari dedicati allasalute maternae dei neonati prima e dopo la nascita. È vero che negli ultimi 30 anni (tra il 1990 e il 2020) il numero di morti entro i primi 28 giorni di vita è più che dimezzato, male possibilità di sopravvivenza dei bambini variano ancora molto a seconda del luogo in cui nascono: secondo i dati dellaWorld Health Organization(Who),l’Africa subsahariana nel 2020 ha avuto il tasso di mortalità neonatale più alto(27 morti su 1000 bambini nati vivi), seguita dall’Asiacentrale e meridionale (23 morti su 1000). Le ultime stime disponibili ci dicono chenel mondo si contano 2,4 milioni di morti neonatali e 1,9 milioni di morti in utero all’anno. Lo studio suThe Lancet, però, lasciaben sperare per la futura sopravvivenzadi molti bambini. Gli interventi preventivi raccomandati (alcuni già inclusi nellelinee guidadellaWho) sono la disponibilità per le donne in gravidanza e post-parto di integratori di vitamine, zinco, calcio e omega-3 e di farmaci indispensabili come l’aspirina, oltre alla sensibilizzazione riguardo all’importanza di smettere di fumare e alla cura dei batteri nelle urine, fino al trattamento della sifilide e alla prevenzione della malaria. Come racconta ilGuardian, quasi tutte queste misure sono già state adottate da tempo nei Paesi ad alto reddito, mentre in molti altri luoghi non vengono usate regolarmente, soprattutto in zone come l’Afghanistane ilSud Sudanin cui i sistemi sanitari risentono delle emergenze umanitarie. Il report dell’Onu informa che,nei Paesi con più morti neonatali, meno del 60% delle donne riceve almeno 4 dei trattamenti raccomandatidallaWho. Secondo l’autore principale della ricerca, Per Ashorn, professore di pediatria allaTampere Universityin Finlandia, «abbiamo già a disposizione le conoscenze per invertire l’attuale tendenza e salvare le vite di migliaia di bambini ogni anno al costo di 1,1 miliardo di dollari, una frazione soltanto di quello che altri programmi sanitari ricevono». Incoraggiando governi nazionali, partner e donatori a intervenire efare investimenticon la massima priorità, ricorda che «nonostante diversi obiettivi e impegni globali siano stati presi dal 1990 per ridurre le nascite pretermine, con basso peso o scarsa crescita, un bambino su 4 nel mondo nasce troppo piccolo o troppo presto». E ciò, come si legge nello studio, “è un pericolo per i diritti umani, la salute pubblica, l’economia e lo sviluppo. Non affrontando questa priorità, stiamo mettendo a repentaglio il nostro futuro collettivo.
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