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Lombardia: acque inquinate dal glifosato

 

Leacque della Lombardiasono inquinate dalglifosato, una molecola contenuta in un pesticida, con effetti preoccupanti sulla biodiversità e sulla salute umana. È questo il risultato delle analisi condotte dallaFacoltà di Agraria dell’Università di Milanoe daIrsa/Cnr,con il supporto diFondazione Cariplo.Il report è stato presentato daLegambiente Lombardiadurante l’eventoIl veleno che non ti aspetti: la concentrazione di glifosate nelle acque lombarde. È necessario che «l’Unione Europea decida di non rinnovare la licenza per l’impiego di questa sostanza alla sua scadenza, alla fine del 2023», hanno spiegato Damiano Di Simine, coordinatore scientifico diLegambiente Lombardia, e Federica Luoni, referente dell’associazioneLipunella coalizioneCambiamo Agricoltura. Altrimenti sarà impossibileraggiungere gli obiettivi delGreen Deal,come quello della strategiaFarm to forkche prevede didimezzare entro il 2030 l’utilizzo dei fitofarmaci. Illivello di sicurezzaper la molecola di glifosato (e del suo metabolita Ampa) è pari a0,1 microgrammo/L. Nei campioni raccolti dai ricercatori nelreticolo idrico secondario della Regione(che comprende canali, rogge e fontanili solitamente trascurati nelle analisi di routine) si è raggiunta una concentrazione di alcunecentinaia di microgrammi/L, consuperamento del valore soglia di migliaia di volte.«Si tratta di valori che determinano inevitabilmente effetti tossici sulle comunità viventi nei corpi idrici, come abbiamo potuto verificare con prove effettuate sia su piante acquatiche che sulla microfauna planctonica», ha affermato, durante la presentazione dello studio, Fabrizio Stefani, diIrsa/Cnr. Solubile in acqua e attiva, in modo non selettivo, verso un ampio spettro di specie di vegetali, funghi e microrganismi, il glifosato, impiegato in diserbanti e pesticidi, è tra le maggiori cause diperdita dibiodiversità. I suoi effetti inoltre si riflettono a cascata su tutti gli elementi dei nostri ecosistemi:dai pesci, agli insetti impollinatori, come le api, allespecie vegetalispontanee fino agli uccelli.Il declino di quasi il 60% dei volatilinegli ambienti rurali europei è dovuto anche a questa sostanza. Per gli esseri umani, la tossicità acuta è relativamente bassa. L’esposizione prolungata, anche in contesti non agricoli, e la sua vasta diffusione desta però preoccupazione: in alte concentrazioni puòessere cancerogeno, dannoso cellule, embrioni e per il sistema ormonale.In ottica diGlobal health(salute globale), il suo utilizzo favorisce ancheladiffusione di batteri patogeni resistentianche ai comuni antibiotici. Nonostante questo, è presente incentinaia di prodotti fitosanitari, utilizzati soprattutto nelle aziende delSud Americache coltivano ed esportano verso l’Unione europea la soia e altri mangimi per il bestiame. Sono quasi1 milione le tonnellate di questo principio attivodistribuite sucentinaia di milioni di ettari coltivati, in tutto il mondo. In Italia è il pesticida più usato ed è contenuto nel52% degli erbicidi. L’allarme riguardo la sua pervasività era già stato lanciato dal report Ispra dedicato alleacquesuperficiali: era stato rintracciato, in quantità superiori ai limiti di legge, in oltre la metà dei campioni. L’analisi dellaFacoltà di Agraria dell’Università di Milano e diIrsa/Cnrha però aggiunto un tassello alla conoscenza di questa molecola e al suoimpatto sull’agricoltura: si è estesa anche al reticolo secondario e terziario, che comprende gran parte dellapianura irrigua, dalla provincia di Novara a quelle di Cremona Pavia, Milano, Lodi, e Bergamo. «Il reticolo irriguo, specie nei primi mesi della primavera, riceve acque che drenano campi che hanno subito trattamenti di diserbo prima delle semine. Le piogge primaverili e le prime irrigazioni a scorrimento possono così trasportare grandi quantità di principio attivo, determinando possibili picchi di concentrazione nella rete scolante. I dati hanno fornito le evidenze attese, facendo registrare valori di inquinamento da glifosato e da Ampa molto elevati e preoccupanti anche in quanto si tratta delle stesse acque che vengono impiegate per l’irrigazione dei campi» ha raccontato Stefano Bocchi, docente di agronomia dell’Università di Milano. «Un esempio emblematico dei problemi che questo inquinamento genera è stato riscontrato nelleacque in entrata in alcune aziende risicole della provincia di Pavia– ha aggiunto Fabrizio Stefani – Pur disponendo dellacertificazione biologica, avevano dovuto rinunciare a commercializzare il loro prodotto, a causa dei livelli anomali di residui di pesticidi riscontrati nella cariosside, la cui origine era da ricondurre nelle acque impiegate per l’irrigazione».

Redazione

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