L’ondata dialluvioniche dall’inizio del mese si èabbattutasu diverse aree dell’Emilia-Romagna, in particolare le province di Forlì-Cesena, Ravenna e Bologna, causando 14 mortiaccertatifinora, oltre 10.000 mila sfollatiedanniper miliardi di euro, ha riacceso l’attenzione sulle conseguenze dellacrisi climatica, anche in ragione delle annosefragilitàdel territorio italiano. Secondo ilRapporto 2021 sul dissesto idrogeologicoin Italia elaborato dall’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), a essere a rischio per frane, alluvioni o erosione costiera è il93,9% dei comuni della Penisola, e il 18,4% del territorio nazionale è classificato a maggiore pericolosità per frane e alluvioni. Rapportato alla popolazione, significa che 1,3 milioni di abitanti sono a rischio frane e 6,8 milioni a rischio alluvioni. Sestringiamoil campo all’Emilia-Romagna, l’Ispraosservacome “l’11,6%del territorio regionale, in cui risiede poco meno del 10% della popolazione, ricade in aree potenzialmente allagabili secondo unoscenario di pericolosità elevata”, mentre in caso dipericolosità media“le aree potenzialmente allagabili raggiungono il45,6%dell’intero territorio regionale e la popolazione esposta supera ampiamente il 60%”. Le province con maggiori percentuali di territorio inondabile sonoRavenna e Ferrara, con percentuali che arrivano rispettivamente all’80% e “quasi al 100%” in caso di scenario di pericolosità media. Nel caso diRavenna, a essere esposta al rischio di alluvione in caso di pericolosità media è l’87% della popolazione, quota che scende al 64% per la provincia di Forlì-Cesena a fronte del 20,6% di aree allagabili, 56,1% per quella di Bologna (50% di aree allagabili) e 53,3% per quella di Modena (41,3% di aree allagabili). Per quanto riguarda il rischiofrane, il14,6%del territorio della regione è classificato a pericolosità elevata (9,8%) e molto elevata (4,8%). Che si traduce in oltre 86.000 abitanti a rischio, 39.660 famiglie, 53.013 edifici, 6.768 imprese e 1.097 beni culturali. A fare la differenza in termini di impatto, oltre i mancati interventi diprevenzione del rischio, sui quali il 18 maggio ha fatto il puntoLegambienteformulando5 richieste esplicite al governo italiano, è stata anche l’eccezionale quantità d’acqua che si è rovesciata sul territorio dell’Emilia-Romagna. L’evento di pioggia che si è verificato dall’1 al 3 maggio, durato complessivamente 48 ore, è risultato “il più intenso rilevato sull’intero territorio regionale per due giorni consecutivi dal 1997– nota l’Ispra – e il più intenso nella stagione primaverile dal 1961”, con accumuli di precipitazioni di oltre 200 mm. Record superato dall’evento dal 15 al 17 maggio, quando si sono registrati picchi di300 mmche stando ai datidiffusidallaProtezione civilehanno causato l’esondazione di 21 fiumi, allagamenti diffusi in 37 comuni e oltre250 franedi cui 120 particolarmente importanti in 48 comuni. Per l’Ispra “le cause del dissesto vanno ricercate, in primo luogo, nellecondizioni fisiche del territorio italiano: geologicamente giovane e tettonicamente attivo, costituito per il 75% da colline e montagne”. Tuttavia alle cause naturali, precisa l’Istituto, “si aggiungono sempre più di frequente quelleantropichelegate a tagli stradali, scavi, costruzioni, perdite da acquedotti e reti fognarie”. E poi c’è, sempre più prepotente, l’emergenza climatica. “Gliimpatti dei cambiamenti climaticisui fenomeni franosi, oltre all’incremento dei fenomeni di instabilità dei versanti legati alladegradazione del permafrostin alta quota – conclude l’Ispra – riguardano l’incremento della frequenza dei fenomeni franosi superficiali e delle colate di fango e detrito, legati a piogge (eventi pluviometrici) brevi e intense”. Ora pensiamo a ripararci dalla pioggia. Poi, dove possibile, corriamo ai ripari.
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