“Nulla si crea, nulla si distrugge”. Queste le parole dello scienziato francese Antoine-Laurent de Lavoisier, vissuto nella seconda metà del ‘700, riferendosi alla massa atomica e al prodotto della reazione tra gli elementi. Facendo un balzo in avanti di 300 anni, questo enunciato si presta bene a descrivere un grande bisogno dei nostri anni: l’eliminazione degli scarti. Spingere ilriciclopuò contribuire acombattere l’aumento dei costi energetici e ambientalinella produzione di materie prime e un livello diinquinamentoinsostenibile. È sempre più evidente l’importanza dipromuovere la circolarità delle nostre economie.Dai dati emersi nelquinto rapporto dedicato all’economia circolarein Italia,a cura delCircular Economy Network, però, c’è ancora molto da fare. Oggi, nel 2023, solo il7,2% della global economy è circolare.5 anni fa era il 9,1%.A livello mondiale, si consumano100 miliardi di tonnellate di materiali ogni anno:un numero che raddoppierà entro il 2050 rispetto ai livelli del 2015. In questo quadro,accelerare la transizione all’economia circolarecontribuirebbe sensibilmente a migliorare le condizioni del Pianeta. In particolare, l’estrazione di materiale vergine potrebbe diminuire del 34% e le emissioni di gas serra potrebbero essere ridotte. La produzione di beni e servizi (durante il loro utilizzo e nel fine vita) è influenzata dalleabitudini e dalle scelte dei consumatori italiani. È ancora bassa la percentuale di coloro che, negli ultimi 3 anni, hanno utilizzato il noleggio (26%), lo sharing (15%) o il leasing (15%); l’acquisto di un prodotto di second hand di largo consumo rappresenta l’unica eccezione (45%). Nonostante ciò, lapropensione verso modelli di consumo circolarisi fa sempre più spazio nel Belpaese. Poco più di8 italiani su 10(82%) intendono acquistare in futuro unprodotto usato(soprattutto quando si tratta di abbigliamento e accessori), il64%vorrebbenoleggiare un prodotto, il52%farebbe ricorso allosharinge il 55% al leasing (in questi ultimi 3 casi ci si rivolgerà soprattutto per l’utilizzo di auto e moto). Circolaritàcon uno sguardo rivolto allasostenibilità. Il 70% degli italiani ritiene che l’acquisto di un prodotto usato ricondizionato o rigeneratocomporti benefici ambientali con minor consumo di risorse e minore produzione di rifiuti. Il 31% considera, però, questi prodottidifficili da trovare, meno affidabili(36%) e meno duraturi (46%). Un aspetto ancora molto diffuso in Italia è rappresentato daipregiudizinei confronti dei prodotti usati ricondizionati o rigenerati. Il 32% pensa che viviamo in una societànon abituata al riuso, per il 28% le persone preferisconoavere sempre l’ultimo modellouscito sul mercato, per 1 italiano su 4 molti prodotti sono fatti per durare poco e la possibilità di acquistare oggetti rigenerati o ricondizionati è poco conosciuta; infine, il 24% associa l’acquisto di prodotti usati a un basso status sociale. A proposito di circolarità, tra leprime 5 economie dell’Unione europea,la medaglia d’oro va all’Italia, con 20 punti.La classifica si basa su 7 indicatori: tasso di riciclo dei rifiuti, tasso di utilizzo di materia proveniente dal riciclo, produttività delle risorse, rapporto fra la produzione dei rifiuti e il consumo di materiali, quota di energia da fonti rinnovabili sul consumo totale lordo di energia, riparazione e consumo di suolo. Completano il podio:Spagna(19 punti) eFrancia(17 punti). Più distante la Germania (12 punti) e la Polonia (9 punti). Ilricicloè il punto di forza del Belpaese. Nel 2020 la percentuale ha raggiunto il72%, contro una media europea del 53%. Lo Stivale si trova nel gradino più alto rispetto alle altre principali 4 economie europee,distaccando di 17 punti percentuali laGermania, seconda in classifica. Scendendo nel dettaglio, il tasso di crescita dell’Italia, nell’ultimo decennio, è lievitato dell’8% (in Spagna +3%). Invariato quello dell’Ue. Numeri negativi, invece, per Polonia e Francia. L’aumento del consumo di risorse naturali ha rafforzato l’interdipendenza tra il sistema economico e ambientale. L’economia circolare è diventata sempre più centrale per uno sviluppo sostenibile che coniughi bisogni economici, ambientali e sociali. Nel 2021 in media in Europa, a parità di potere d’acquisto, per ogni kg di risorse consumate, sono stati generati 2,1 euro di Pil (Prodotto interno lordo). Per questo specifico indicatore, è confermato il primato dell’Italia (3,19 €/kg), distaccando dello 0,04 €/kg i cugini francesi (3,15 €/kg). Seguono Germania (2,69 €/kg), Spagna (2,59 €/kg) e Polonia (0,78 €/kg).
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