La chiamavano“il diavolo in gonnella”;fu la prima a voler dimostrare che, nellosport, una donna può fare le stesse cose che fa un uomo. PerchéAlfonsina Morini Stradapassò alla storia, nel 1924, comeunica eprimadonna, insieme a 90 uomini, apartecipare al Giro d’Italia. Quell’anno, per problemi finanziari, le principali squadre disertarono il giro, così come campioni quali Costante Girardengo (primo “Campionissimo” nella storia del ciclismo italiano, vincendo nel 1919 e nel 1923 il Giro d’Italia), Ottavio Bottecchia, Giovanni Brunero e molti altri. LaGazzetta dello Sport, principale organizzatrice della competizione, dovette quindireclutare molti dilettantie, tra loro, anche Alfonsina Morini Strada, voluta dal dirigente Emilio Colombo, per fare di lei“la precipua attrazione”, come avrebbe ammesso lui stesso più tardi. Morini Stradacompì regolarmente 4 tappe:la Milano-Genova, arrivando con 1 ora di distacco dal primo partecipante ma precedendo molti gareggianti, la Genova-Firenze, classificandosi 50° su 65, la Firenze-Roma, giungendo con soli tre quarti d’ora di ritardo sul primo, e la Roma-Napoli, confermando la propria resistenza. Ma fu con la tappa L’Aquila-Perugia che la ciclista riuscì a catturare ancora più attenzione, aprendo un aspro dibattito a causa del suo arrivo fuori tempo massimo. La giuria si divise quindi in 2 fazioni:chi volle estrometterla e chi fu favorevole a farla proseguire. E fu, ancora una volta, il direttore Emilio Colombo che, avendo capito quale curiosità suscitasse nel pubblico laprima donnaciclista,propose un compromesso: le venne consentito diproseguire la corsa senza però esser considerata in gara.Lei acconsentì e all’arrivo di ogni nuova tappa venneacclamata dalla folla, sostenuta con calore e partecipazione. Alfonsina Morini Strada continuò il Giro fino a Milano, osservando gli stessi orari e gli stessi regolamenti di tutti gli altri partecipanti. Un giro di 12 tappe per un totale di 3.618 chilometri; la competizione si concluse con la vittoria di Giuseppe Enrici. Dei 90 corridori partitisolo 30 arrivarono a Milano. E lei fu tra loro. Lei, chescopriva i polpacciindossando pantaloni corti, che portava icapelli “alla maschiaccio”(o “alla bebè” come li avrebbe definiti qualche anno dopo Coco Chanel) einforcava labiciclettaper il gusto della velocità, mentre nell’immaginario comune era addirittura indecoroso perché collegata a fenomeni di onanismo per via della posizione sul sellino. Lei, chescoprì le 2 ruote a 10 anni,quando il padre nel 1901 portò a casa una vecchia bici, regalo del medico del paese (Castelfranco Emilia, in provincia di Modena), e che nel tempopartecipò a diverse gare locali di nascosto dai genitori. In un momento, sotto il regime fascista, in cui le convenzioni sociali volevano la donna moglie, madre e casalinga, Strada salì su una bici da uomo e sfidò tutti, iniziando la sua avventura dapioniera dellosport.Lei che volle tenere sempre il cognome del primo marito, Luigi Strada, anche dopo la sua morte, quasi a suggellare un segno del destino che la portò a essere definita “la reginetta della pedivella”. Nel 1938, a Longchamp, conquistò anche il record femminile dell’ora (35,28 km). Quella di Alfonsina Morini Strada è un’impresa sportiva senza eguali nella storia del Paese che tuttavia non l’ha mai celebrata come avrebbe dovuto. Nel 2010 le ha reso omaggio Margherita Hack,astrofisica di fama internazionale nonché grande appassionata dibicicletta, interpretandola nel video musicaleAlfonsina e la bicidel gruppo Têtes de Bois.
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