Buongiorno,leggo sempre con interesse i vostri articoli. Non ne ho trovati sullaraccolta dei mozziconi di sigaretta, un tema che ritengo degno di attenzione. Ho letto che in varie città (anche italiane) hanno installatoappositi raccoglitorie che in altri Paesi (Francia e Spagna) sono state adottate misure per far pagare ai produttori i costi di raccolta o smaltimento. In Canada stanno attivando impianti per il recupero della cellulosa che i mozziconi contengono. Molto attiva sul tema l’associazioneMareVivo.Grazie e cordiali salutiDonatella Volpi Buongiorno, leggo sempre con interesse i vostri articoli. Non ne ho trovati sullaraccolta dei mozziconi di sigaretta, un tema che ritengo degno di attenzione. Ho letto che in varie città (anche italiane) hanno installatoappositi raccoglitorie che in altri Paesi (Francia e Spagna) sono state adottate misure per far pagare ai produttori i costi di raccolta o smaltimento. In Canada stanno attivando impianti per il recupero della cellulosa che i mozziconi contengono. Molto attiva sul tema l’associazioneMareVivo. Gentile Donatella, la sua lettera ci dà l’occasione di anticipare l’annualeGiornata mondiale senza tabaccodel 31 maggio, istituita dall’Organizzazione mondiale della sanità per informare le persone sui pericoli legati al fumo e ai suoi scarti. L’esercito dei mozziconi col quale i fumatori hanno dichiarato guerra all’ambiente resiste almeno dagli anni ’50 del Novecento,quando il filtro è stato diffuso su larga scala, e già intorno alla metà del decennio le sigarette col fitrosuperaronole vendite di quelle senza filtro. Nonostante itentativinon sempre in buona fede fatti nel corso degli anni dall’industria del tabacco, compreso quello didistribuireai fumatori posaceneri tascabili, la cicca, realizzata per lo più in acetato di cellulosa, ovvero fibre di plastica, continua ad avvelenare il Pianeta. L’Organizzazione mondiale della sanitàstimache su circa6 trilioni di sigarette prodotte ogni anno, 4,5 trilioni di filtri finiscano nell’ambienteinquinando gli ecosistemi terrestri e acquatici,minacciandola fauna marina e selvatica e perfinoinibendola crescita delle piante. Rilasciano metalli pesanti e nicotina, e per decomporsi impiegano da 18 mesi a 10 anni. I danni sono quantificabili anche in termini economici, con ricadute, oltre che sulla salute, anche sulle tasche dei contribuenti. Ogni anno la Germaniaspendeda sola oltre 200 milioni di dollari per ripulire il Paese dai prodotti del tabacco. Ha ragione Thomas Novotny, professore emerito di Epidemiologia e Biostatistica allaSan Diego State University, quandoaffermache le cicche rappresentano «l’ultima forma accettabile di abbandono rimasta. È più probabile che le persone raccolgano la cacca del loro cane rispetto ai mozziconi di sigaretta». La prima domanda, allora, sorge spontanea: perché, nonostante gli sforzi in questo sensorisalganoalmeno agli anni ’70, non abbiamo ancora introdotto ifiltri 100% biodegradabili? La risposta è semplice: perché la politica non ha ancora obbligato le aziende a farlo. Alcune realtà, comeGreenbutts,Smokey Treatso l’italianaBio-on, sperimentano da tempo soluzioni alternative all’acetato di cellulosa, che tuttavia faticano a imporsi come standard senza l’ausilio di provvedimenti a livello nazionale o sovranazionale. Ma negli ultimi anni, come testimonia anche la sua lettera, la coscienza del problema da parte di cittadini e istituzioni è aumentata. I tradizionali filtri in plastica, a esempio, rientrano tra i prodotti interessati dalladirettiva Sup(Single Use Plastic) sulla plastica monousoapprovatadall’Unione europea nel 2019, che li definisce “il secondo articolo di plastica monouso più frequentemente rinvenuto sulle spiagge dell’Unione”. “I regimi di responsabilità estesa del produttore per i prodotti del tabacco con filtri contenenti plastica – si legge nel testo della normativa – dovrebbero incoraggiare innovazioni che portino allo sviluppo di alternative sostenibili”. Qualche Stato poi, come lei stessa ha accennato, ha iniziato a distinguersi a livello individuale grazie a politiche nazionali virtuose. Così la Spagna, dove il Ministero per la Transizione ecologica e la sfida demografica haimpostoche dal 6 gennaio di quest’anno i produttori di tabacco devono finanziare la raccolta dei mozziconi nei luoghi pubblici. Analogo ilprovvedimentopreso dalla Francia, cheentro il 2030 punta a ridurre del 40% le cicche gettate a terra, e che oggi multa (68 euro) chi abbadona per strada i mozziconi. Anche in Italia laleggecosiddetta ‘Green Economy’ entrata in vigore nel 2016prevedeuna sanzione amministrativa da 30 a 300 euro ma è rimasta lettera morta. Belgio eOlanda, invece, si sono spinti in avanti e sostengono la necessità di vietare del tutto i filtri. Il mese scorso il Consiglio superiore di sanità belga hapubblicatouno studio nel quale sostiene, supportato da diverse ricerche, che “i filtri per sigarette non hanno comprovati benefici nella prevenzione degli effetti nocivi del fumo sulla salute” e che “dovrebbero essere considerati principalmente come uno strumento di marketing”. L’istituto sottolinea inoltre come, sebbene i filtri biodegradabili risolvano il problema delle microplastiche, non eliminano però gli agenti contaminati della sigaretta assorbiti dal filtro stesso, che quindi, seppure in parte minore, continuerebbe a danneggiare l’ambiente e i suoi abitanti. La strada da fare è ancora lunga quindi, a meno di non prendere una decisone radicale che, oltretutto,salverebbecirca8 milioni di persone l’anno: smettere di fumare.
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