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Lavoro: il gap salariale tra giovani e senior sale al 40%

 

Crescono le differenze tra generazioni, anche nelle possibilità di carriera e, soprattutto, nello stipendio. Se nel 1985 un trentenne guadagnava di media il 20% in meno di un lavoratore over 50, oggi il divario tra colleghi con la stessa differenza d’età è raddoppiato,raggiungendo quota 40%. È quanto emerge dallo studioCountries for Old Men: an Analysis of the Age Wage Gapdi Nicola Bianchi e Matteo Paradisi,allegato al XXI rapporto Inps, basato su un campione di 38 milioni di lavoratori e 3,7 milioni di imprese. La ricerca evidenzia come il divario salariare stia crescendo sempre più con il passare degli anni, costantemente a favore dei lavoratori “senior” in molti Paesi ad alto reddito, tra cui Stati Uniti e Italia (rispettivamente, del 10% e 19% in più, tra il 1985 e il 2019), oltre a Regno Unito e Danimarca (rispettivamente 11% e 17% in più, nel periodo 1997-2019). E ciò avviene nonostante l’invecchiamento della forza lavoro:l’età media dei lavoratori è cresciuta del 19% negli ultimi 30 anni, passando dai 35,8 anni del 1985 ai 42,7 del 2019, anche a causa dell’aumento della speranza di vita. Dal 1985 al 2019, precisa il rapporto, “la probabilità che i lavoratori più giovani si trovassero nel quartile più alto della distribuzione dei salari è diminuita del 34%, mentre la stessa probabilità per i lavoratori più anziani è aumentata del 16%. Inoltre, la probabilità che i lavoratori più giovani ricoprissero posizioni manageriali è diminuita di due terzi tra il 1985 e il 2019, mentre tale probabilità è aumentata dell’87% tra i lavoratori più anziani”. Ma quali potrebbero essere le cause alla base di un divario salariale tanto ampio? Gli autori dello studio attribuiscono questo fenomeno alla combinazione di più fattori, tra cui l’innovazione tecnologica, l’automazione e l’outsourcing. In particolare, il rallentamento delle carriere dei più giovani, secondo il report, fino al 2005 è stato causato principalmente da fattori interni alle aziende, ma successivamente è dipeso per lo più da fattori esterni alle stesse, che hanno finito per inasprire il già presente divario salariale tra generazioni. Tra i fattori economici potenzialmente alla base di tale divario salariale, Bianchi e Paradisi individuano anche laridotta produttività aziendalee l’aumento dell’età pensionabile, che inevitabilmente compromettono la possibilità per le aziende di accrescere il numero delle proprie posizioni apicali e di garantire una maggiore rotazione in quelle esistenti. Posizioni prestigiose che vengono sempre più a lungo ricoperte da lavoratori più anziani, privando al tempo stesso i giovani dei ruoli più ambiti e, di conseguenza, meglio retribuiti, e spingendoli a cambiare spesso lavoro, in cerca di migliori prospettive (anche economiche). Completa il quadro la diffusacultura aziendale che valorizza per lo più l’esperienza accumulata dai lavoratori anziania discapito dei giovani, meno esperti. Una difficoltà a emergere che compromette il futuro dei giovani, e che può rendere sempre più difficile il raggiungimento dell’indipendenza o la pianificazione del loro futuro a lungo termine. Ma, al tempo stesso, una situazione di svantaggio che, più in generale, ha conseguenze sul mercato del lavoro e sulla società nel suo insieme, e che per questo richiede l’attenzione di tutti gli attori coinvolti. È quindi importante che i decisori politici e le imprese prendano in considerazione questo problema e adottino misure per ridurlo, come l‘implementazione di politiche di formazione e di sviluppo delle competenze per i giovani lavoratorio l’introduzione di politiche di lavoro flessibili che favoriscano larotazione delle posizioni apicali. Solo attraverso l’adozione di politiche e azioni mirate sarà possibile ridurre il divario e creare un ambiente lavorativo più equo.

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