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Hiv: lo stigma è realtà in ambito lavorativo e medico

 

L’Agenzia italiana del farmaco (Aifa)ha annunciato cherenderà gratuito il farmaco per la profilassi pre-esposizione contro l’Hiv(Prep): uno strumento aggiuntivo di prevenzione per i negativi che hanno comportamenti sessuali a rischio elevato. Tuttavia, la quota di persone a cui l’infezione viene diagnosticata tardiè in aumentoe lostigmanei confronti dei pazienti persiste. Anche se l’incidenza della malattia è in costante calo in Italia, le circa4.000 nuove diagnosi l’annoportano con sé un ulteriore30% di casi “sommersi”,ovvero persone sieropositive chenon sanno ancora di esserlo. La maggior parte di coloro che contraggono il virus, per esempio,sonouomini tra i 25 e i 29 anni, ma lo scoprono solo intorno ai 39 anni. A offrire servizi di diagnosi precoce sul territorio nazionale sono oggi ambulatori e associazioni, oltre a iniziative globali comeFast Track City. Sostenuto anche dalle Nazioni Unite, il progetto condiviso da oltre 300 città nel mondo (12 in Italia) punta arealizzare entro il 2030 la cosiddetta strategia “95-95-95”: 95% di persone con Hiv che conoscono la propria diagnosi; 95% delle persone che conoscono la propria condizione e sono in terapia antiretrovirale; 95% di persone in terapia che raggiungono la soppressione virale. Le terapie diprevenzione e trattamentodellasieropositivitàsono efficaci ma a influire in modo negativo sulla loro diffusionesarebbero ancora lascarsa conoscenzadell’infezione, lostigmasociale e l’auto-stigmada parte dei pazienti stessi, che sono reticenti a rivelare la propria sieropositività. Lo studio del 2022 realizzato dall’azienda farmaceuticaViiV Healthcaremostracome1 persona con Hiv su 2 riveli la propria condizione solo al personale sanitarioda cui è seguita, e tra queste ci sono soprattutto quei pazienti che si trovano in condizioni cliniche più fragili. Ladiscriminazione sociale, poi, resta diffusa in vari ambienti, compreso quello lavorativo. Se, da una parte, l’Organizzazione Internazionale del Lavororiportache quasi4 persone su 10pensano che aisieropositivi non dovrebbe essere permesso lavorarea contattocon persone non affettedal virus, dall’altra alcunecompagnie assicurative discriminanoi propri clienti sulla base della loro sieropositività.Lo rivelal’associazioneLila, secondo cui le persone sieropositive sono escluse a priori dal mercato assicurativo. In questo caso, la discriminazione sarebbe legata all’idea, ormai ingiustificata, chele aspettative di vitadelle persone con Hiv sianoinferioria quelle del resto della popolazione. Lo stigma persiste anche nei confronti dell’identità di generee dell’orientamento sessualedei sieropositivi in 19 città italiane delle 31esaminatedall’associazioneArcigay, che ha monitorato i casi di discrimanzione nei confronti dellepersone con Hivavvenuti in ospedali e ambulatori. «Abbiamo documentato situazioni diouting forzatisia per quanto riguarda lo stato sierologico che l’identità di genere del paziente», racconta aLa SvoltaIlenia Pennini, responsabile Salute nella segreteria nazionale diArcigay. «I casi di stigma si sono verificatidurante visite specialistiche e dentistiche. Nonostante la legge sulla privacy sanitaria stabilisca che non sia necessario indicare la sieropositività del paziente nella fase di anamnesi, questo avviene comunque: le informazioni si trasmettono da medico a medico attraverso le cartelle cliniche e, in alcuni casi, ciò porta i pazienti a subire forme di discriminazione rilevanti da parte dei medici che esprimono nei loro confronti giudizi morali, per esempio rispetto al loro comportamento sessuale», spiega Pennini. Nonostante le difficoltà che i sieropositivi affrontano e la discriminazione diffusa, l’analisi diArcigayrileva che ilsupporto riservato allasalute mentaledei pazienti rimane tuttaviascarso. In quasi la metà delle città monitorate, infatti,ambulatori e ospedali non offrono servizi psicologici convenzionati. Ora, grazie alladistribuzione gratuita della Prepnegli ospedali sulla base della prescrizione di un infettivologo, le associazioni italiane che si sono occupate maggiormente di contrasto all’Hivritengonoche sarà possibileaumentare i livelli di prevenzione,ma anche rendere finalmenteaccessibile il farmaco ai più giovanie ai gruppi di popolazione «più esposti al virus perché socialmente (e quindi economicamente) più vulnerabili».

Redazione

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