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Fit for 55: servono 1.120 miliardi per la transizione verde

 

Sono state approvate a fine aprile le nuove norme delFit for 55, il piano dell’Ue per il clima, che prevede unariduzione del 55% delle emissioni di gas a effetto serra entro il 2030. Gli obiettivi principali di queste nuove misure?Incrementare il ricorso a energie rinnovabili, promuovere l’efficienza energetica e rivedere la quantità di emissioni di gas serra consentite, in un’ottica di decarbonizzazione dei processi. Il pacchetto di norme fa parte del più ampio piano dell’Unione europea per laneutralità climatica, dunque per diventare un continente a zero emissioni di carbonio (entro il 2050). Su indicazione della Commissione europea, entro il prossimo mese di giugno 2023, ogni Paese membro è tenuto all’aggiornamento del proprio Piano nazionale integrato di energia e clima (Pniec). L’Italia è in forte ritardo, e un mese di tempo non basterà a recuperare. Bruxelles dovrà poi verificare se i piani nazionali sono coerenti con gli obiettivi del Fit for 55 e solo allora sarà possibile approvare il piano definitivo entro il 30 giugno 2024. Il costo complessivo per adeguarsi alle linee del Fit for 55 è stimato in 1.120 miliardi, da investire soprattutto nei settori dei trasporti (670 mld), del residenziale (154 mld), del Terziario (118 mld) e dell’industria (26 mld). Ed il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) da solo non basta, poiché contribuirebbe a coprire solo il 3,5% degli investimenti necessari, secondo le stime dell’Università Bicocca. Ma il costo netto diventa di 515 miliardi considerando i benefici collettivi, che potrebbero comprendere una maggiore crescita economica, minori emissioni e dimezzamento della bolletta energetica rispetto al 2019, nonostante il contemporaneo aumento dei prezzi dei beni. E non finisce qui. Rispettando le prescrizioni del Fit for 55, si risparmierebbero 132 milioni di tonnellate di petrolio, oltre a ben 7 miliardi di euro annui per la mancata sottoscrizione di certificati di emissione (Ets), sempre meno necessari grazie alle minori emissioni di gas serra che verrebbero prodotte. Non mancano tuttavia critiche al piano europeo da parte di chi ritiene che tale legislazionefinirebbe per aumentare i costi a carico dei consumatori, danneggiando al contempo la competitività delle industrie europee. Ma per raggiungere l’ambizioso obiettivo, anche il privato gioca un ruolo centrale, affiancato e supportato dallo Stato. Il Governo potrebbe promuovere gli investimenti di famiglie e imprese offrendo un credito d’imposta pari al 34,5% di sconto in media per gli investitori. Secondo i calcoli dell’Università Bicocca, ciò potrebbe comportare una crescita media annua della produzione interna del 4,7%, a costo di 386 miliardi di euro di entrate incrementali che il Governo rinuncerebbe a riscuotere. E poiché sono ben otto le filiere industriali dell’Unione europea che verrebbero coinvolte, è necessario concentrarsi su quelle di maggior rilievo per l’Italia (come l’economia circolare e i servizi ambientali), e formare invece alleanze nei settori più critici della nostra industria nazionale, come quello delle materie prime rare. La lotta al cambiamento climatico è un obiettivo ambizioso, ma realizzabile. Tuttavia, sembra concedere poco tempo per le riflessioni. Un futuro sostenibile è possibile, ma è tempo di agire.

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