Categories: Culture

Social e anoressia: una relazione pericolosa

 

In unmondo sempre più virtualein cui ilcorpoè assente, siamo bombardati di messaggi riguardo la forma fisica. Labellezza snella e tonicaè diventata sinonimo indiscusso disalute, di condotta performante del proprio stile di vita. Di responsabilità personale. Allo stesso modo, sul web mangiamo come mai prima:il cibo è l’immagine più instagrammata delmondo, si parla di food ovunque, meglio ancora sehealthy, con nutrizionisti guru che dispensano consigli da qualsiasipiattaforma. Lanarrazione social della perfezione fisicae dell’alimentazione ci perseguita e spesso è la molla per ispirare comportamenti più sani. Ma nella mente dei nostriadolescentipiù fragili questo binomio segue regole diverse. Per chi soffre di una alterazione percettiva del proprio corpo, la sovraesposizione a messaggi relativi alla bellezza, alla qualità e quantità di cibo può diventare un’ossessionee creare connessioni inaspettate. È un’autostrada virtuale cheaccelera il percorso verso la malattia reale. Con che occhi leggereSocial Fame(Il pensiero scientifico editore,304 pagine, 18 euro) il nuovo saggio della psichiatraLaura Dalla Ragionee della psicoterapeutaRaffaelaVanzetta,che indaga ilrapporto tra social media e disturbi alimentari? Con lo sguardo preoccupato della madre di figli ancora minorenni o con la mente in allerta della giornalista che sa di avere tra le mani una riflessione potente che tocca un tema emergente, soprattutto per chi fa divulgazione via web? Partiamo da un dato, sottostimato:in Italia sono più di 3 milioni le persone che soffrono di disturbi alimentarie della nutrizione, chiamati Dan. Sono laseconda causa di morte tra gli adolescenti dai 12 ai 17 annidopo gliincidenti stradalie nel 2022 hanno causato 3.260 decessi: già questo basterebbe per gridare all’allarme. La pandemia ha aggravato il fenomeno tra i teenager,così come aumenta il numero di pazienti maschi (tra 10 anni si calcola che non sarà più una malattia di “genere” femminile) e di bambine in età prepubere “il cui quadro clinico è sovrapponibile a quello delle ragazze adolescenti: una ideazione intensa sul cibo e sulle forme corporee, l’uso della restrizione, del vomito e dell’iperattività attività fisica, una selettività estrema di cibi, un’insoddisfazione del proprio aspetto che si trasforma in ossessione” scrive Laura Dalla Ragione, direttrice Uoc Disturbi della nutrizione e alimentazione Usl 1 dell’Umbria e tra le maggiori esperte italiane di queste patologie. Se una volta si parlava solo dianoressia, oggi la sindrome più frequente è labulimia nervosache porta a un discontrollo degli impulsi con abbuffate seguite da vomito o uso di lassativi. A questa si associano forme multicompulsive tra le quali l’abuso di alcol e droghe e gesti autolesionisti come il cutting. Anche il disturbo da alimentazione incontrollata, dettobinge eating, è rientrato nel celebre DSM-5. Ma quello che è cambiato, che sta cambiando, è l’aumento delle forme parziali in cui sono presenti alcuni, ma non tutti, sintomie che rallentano la diagnosi: laricerca della magrezza, ilfitness estremoe ilmangiar sanosono inizialmente condivisi esocialmente accettati, se non esaltati. Si arriva achiedere aiuto troppo tardio anche mai. I Dan sono malattie che minano il fisico ma partono da undisagio dell’animache inizia prestissimo oggi. Le cause sono multifattoriali, molte sono ancora oggetto di indagine, spesso sono il risultato di unmix ambientale, traumatico, culturale.Come ricordano le autrici, tra le diverse malattie psichiatriche queste registrano il minor tasso di adesione alle cure e il massimo di egosintonia. C’è un legame profondo tra il paziente e il sintomo, una fase di “luna di miele” in cuisi vedono solo gli aspetti positivi della patologia: il dimagrimento, l’onnipotenza del controllo della fame, una forma estrema di autocura per gestire il proprio male esistenziale. Come si inseriscono isocial mediain questo pericoloso percorso verso la malattia? “Poiché uno dei fondamenti della psicopatologia del Dan è una gravissima alterazione dello schema corporeo, l’uso o abuso di tecnologie dove l’immagine viene utilizzata per comunicare, messaggiare, creare consenso può determinare la diffusione dimessaggi negativi e fuorvianti”scrive Dalla Ragione. Negli ultimi anni nei centri di aiuto si lavora molto sull’impatto dei social sui giovanissimisoprattutto, analizzando la loro“dieta mediatica”.Ci si è resi conto che esporsi ossessivamente su alcune piattaforme costituisce un fattore di rinforzo per la patologia alimentare. L’ascesa dell’instafoodcome cultura ha segnato per molti una svolta tossica nelle relazioni con il cibo: “Alcuni non sanno più fare a meno di fotografare la propria cena, altri virano verso forme di iper o ipoalimentazione” aggiunge la biologa nutrizionista Maria Vicini nel capitolo dedicato alla convivialità virtuale. L’utilizzo disfunzionale del ciboè ben visibile nel“mubkang watching”, una trasmissione online in cui una persona mangia cibo in grandi quantità in poco tempo mentre interagisce con il suo pubblico tramite chat. Nato in Corea del Sud come fenomeno conviviale, si è diffuso in tutto Occidente creando delle vere star che mangiano, masticano, deglutiscono, scartano confezioni di cibo, con un effetto sensoriale Asmr che dà formicolio e senso difelicità. Il risultato, per chi segue queste chat, è una sensazione di mangiare per “procura”, soddisfacendo il desiderio di cibo guardando un’altra persona che si nutre. L’impatto su chi soffre di Dan è evidente. Allo stesso modo, complice la pandemia,tra le parole più ricercate su Google nell’ultimo biennio ci sono i termini “dieta” e “workout”, l’allenamento casalingo. Il messaggio che passa è che con la forza di volontà si può ottenere il fisico che si desidera, sempre mostrando il prima e il dopo di chi ce l’ha fatta: “Può sembrare un aspetto trascurabile ma non lo è – avvisa la nutrizionista Maria Vicini – Nel caso di giovanissimi capita che venganoattratti dai fit-influencersui social e inizino a seguirliallenandosi nella loro cameretta, per ore, senza che nessuno se ne accorga. Senza sapere che il lavoro di questi influencer è proprio il loro corpo e che si sentiranno sempre in difetto rispetto a loro”. Soprattutto se hanno 9-10 anni e un fisico non ancora sviluppato. Sotto la lente di chi si occupa diDanfinisce anche ilmarketing della nutrizionee dei nutrizionisti, dei fit-tracker che contano passi e calorie, dell’hashtag di Tik Tok “what I eat in a day” che mostra la propria dieta giornaliera, delle fitness influencer, dei filtri che creano la “Snapchat dysmorphobia”. E naturalmente i siti e lecommunity pro-ana e pro-miache esaltano l’anoressia e la bulimia, spesso cluster (gruppi di persone interessate a uno stesso argomento) dove ci si finisce anche inconsapevolmente grazie aglialgoritmisenza alcun correttivo delle piattaforme più usate dai teenager. “La caratteristica di questi siti, gruppi o profili è quella dicostituirsi come delle sette,dei movimenti underground dove si lanciano appelli alla manipolazione corporea in termini di magrezza e all’opposizione al mondo degli adulti. Il livello di terrorismo psicologico lascia interdetti” scrive Laura Dalla Ragione. Il saggio prosegue connumerosi interventi di espertiche toccano temi importanti e complessi: ilcorpo che da oggetto privato diventa sempre più pubblico, i social come facilitatori della possibilità di empowerment identitario, la disincarnazione delle emozioni, la domanda di felicità della società mediatica, i desideri indotti e quelli mimetici (si desidera sempre più quello che desiderano gli altri), ilbody shaming, l’epidemia di bellezzae della convinzione di essere “brutti” tra i giovani. La difficoltà anche di fare prevenzione, perché chi soffre di Dan può trovare un rinforzo persino nelle storie di chi ha vissuto lo stesso disturbo, così come nelle campagne di informazione nelle scuole. Ma un punto è di cruciale importanza: anche se le ricerche e i dati iniziano solo adesso a dimostrare unacorrelazione tra social media e disturbi alimentari, la presa di coscienza collettiva del mondo adulto deve essere tempestiva.Viviamo ormai tutti “onlife”(termine coniato dal sociologo Luciano Floridi) e le famiglie sono sempre più “ibridate”.4,6 miliardidi persone nel mondo oggi sonoiscritte a uno o più social mediae vi trascorrono2 ore e 27 minuti al giorno.Ignorare l’impatto di questo cambiamento sui giovani è impossibile. E ancor di più, lo è ignorare che il loro universo virtuale è sempre più parte della costruzione del loro reale, con tutti i pericoli, le trappole, le nuove necessità di attenzione che ne conseguono.

Redazione

Share
Published by
Redazione

Recent Posts

La Danimarca si scusa per gli abusi sulle persone con disabilità

  «A nome dello Stato danese, a nome del Governo: mi dispiace». Con queste parole…

5 giorni ago

Natalità: -1,1% nei primi 4 mesi del 2023

  A poco più di un mese dagliStati Generali della Natalità, lasituazione demografica italiananon sembra…

5 giorni ago

Biodiversità: Italia è quinta in Europa per numero di ricerche scientifiche

  Dall’Accordo all’azione: ricostruire la biodiversità”. È questo il tema scelto quest’anno per la Giornata…

5 giorni ago

Ogni 2 minuti una donna muore per gravidanza o parto

  Una donna muore ogni due minuti per complicanzelegate al parto e alla gravidanza. Lo…

5 giorni ago

Bologna: l’arte di Jago, Banksy e TvBoy approda in città

  Dall’11 novembre al 7 maggio 2023,Palazzo Albergati a Bolognaospita la mostraJago, Banksy, TvBoy e…

5 giorni ago

Romano Prodi e i “ribelli” che chiedono un Patto verde Ue

  La semplice diversificazione delle importazioni dicombustibili fossiliper liberarsi dalla dipendenza russa - che garantisce…

5 giorni ago