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Luca Calcagni: «Il riciclo della fibra tessile è cruciale per la transizione ecologica»

 

L’industria tessile ha unimpattoenorme sull’ecosistema eè responsabile di circa il 10% delle emissioni globali. Nel 2017 gli acquisti di materiale tessile nell’Unione europea hanno prodotto 654 kg di CO2 per persona. Ma oltre alle emissioni di gas alteranti, il settore del tessile, soprattutto quello legato allamoda fast fashion, ha prodotto circa il 20% dell’inquinamento dell’acqua potabile su scala planetaria a causa dei processi industriali adottati per realizzare indumenti, calzature e biancheria per la casa, con il rilascio annuale di 0,5 milioni di tonnellate di microfibre nei mari. A sua volta il lavaggio di indumenti sintetici è responsabile del 35% delle microplastiche primarie riversate nell’ambiente. La maggior parte dei rifiuti tessili vengono inceneriti o portati in discarica, e a livello mondiale meno dell’1% dei vestiti viene riciclato, in parte a causa di tecnologie inadatte. Considerata l’urgente necessità di ridurre l’inquinamento e le emissioni in corso, la societàGreen Line Re Fabric Actionsi è specializzata nel trattamento, raccolta e riciclo dei rifiuti tessili, operando su scala nazionale. Il Ceo Luca Calcagni ha spiegato aLa Svoltal’evoluzione del settore in ottica eco-sostenibile e i passi necessari per accelerare la transizione. Da dove nasce l’intuizione imprenditoriale di recuperare e trattare in ottica eco-sostenibile la materia tessile? L’idea fu di mio padre, il quale insieme a un suo amico pratese ebbe la brillante idea di impiegare latecnica della sfilacciatura negli scartidel “nuovo”, ovvero lo scarto creato dalla produzione tessile (in particolare, prima della fase di cucitura). Fino ad allora, infatti, la suddetta tecnica veniva utilizzata soprattutto per gli abiti usati. L’obiettivo fu quello di produrre materie prime tessili utilizzando proprio il risultato di questo processo. Come si è evoluto negli ultimi anni il vostro impegno aziendale legato allagreen economy? Ovviamente il nostro impegno è aumentato parecchio ultimamente anche perché vi è l’esigenza da parte di tutte le aziende di avere un’immagine piùgreen, evitando quindi le fonti di inquinamento. Tutto questo ha comportato la necessità di avere il tutto completamente tracciato, controllando la provenienza dei materiali impiegati e, allo stesso tempo, avendo la garanzia che lo scarto prodotto venga effettivamente riciclato. Inoltre è aumentata di molto la qualità dei prodotti, avendo dei macchinari che hanno una performance migliore. Quali particolari benefici ha portato a livello ambientale ed economico? Il fatto di poter riciclare tutto ciò che è fibra tessile ha portato un beneficio notevole in quantol’industria tessile è la seconda più inquinante al mondo. Quindi in questo modo evitiamo di trasportare/importare in Italia le materie prime, di tingerle, di fare i vari lavaggi, di usare i pesticidi per le colture del cotone come delle altre piante. Inoltre rappresenta un punto a vantaggio dell’economia nazionale, in quanto la materia rigenerata costa meno e vi è una tendenza a preferire la produzione in Italia visto che produrre nel nostro Paese significa non inquinare. L’Italia è considerata uno dei Paesi europei con le performance migliori nell’economia circolare. Ritenete che sia possibile accelerare questo nuovo tipo di economia? Dipende molto dalle nuove scoperte che arriveranno per riuscire a rigenerare, ma questo mondo è in continua evoluzione, quindi si sta andando avanti e si sta migliorando in continuazione. La transizione verso un modello eco-sostenibile è prioritaria. Riguardo il vostro ambito industriale, quali ulteriori strategie si dovrebbero adottare e applicare nel nostro Paese? Probabilmente una delle migliori potrebbe essere quella di creare oggetti e capi di abbigliamento rigenerabili più facilmente. Quindi evitare di mescolare più prodotti (per esempio fibre naturali, vegetali e sintetiche messe insieme), creare tessuti con meno inquinanti possibili, come fili in cimosa. Insomma ci sono davvero tantissime accortezze che messe insieme potrebbero creare una maggiore facilità di recupero. Occorre inoltre formare le aziende a fare “come fanno a casa”. Come i privati seguono la differenziata, anche le aziende dovrebbero adottare un sistema che permetta loro di separare la carta, la plastica, così come il cascame tessile. Che piani avete per i prossimi anni, da qui al 2030, e come pensate che si trasformerà il mondo del tessile? Difficile capire per quanto riguarda il mondo del tessile in quando stiamo assistendo a una tendenza alla polarizzazione, quindi la creazione di grandi gruppi, con le piccole aziende che vengono assorbite e acquisite dalle aziende più grandi. Per quanto riguarda la nostra azienda stiamo cercando di approfondire il più possibile le relazioni con i nostri partner, operando costantemente a stretta sinergia. È importante instaurare collaborazioni con altre realtà che si occupano della produzione di prodotti differenti ma contigui al nostro. Infine, investire tantissimo nella nuova tecnologia.

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