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I big data possono aiutare con l’equità salariale

 

Quando parliamo dibig data, spesso facciamo fatica a focalizzare immediatamente cosa siano e quale sia la loro funzione. D’altronde, si tratta di un fenomeno in continua evoluzione, strettamente connesso al progresso delmondo digitale, destinato ad assumere un’importanza sempre più grande nelle nostre vite e nel mondo del lavoro. Potremmo identificare, in pochissime parole, ibig datacomeuna serie di datiprovenienti dafonti diverse(interazioni sui social network, clicksu un motore di ricerca)raccolti ogni giorno dalle aziendeper diversi scopi. Il rischio è che i nostri dati più intimi finiscano nelle mani di società che li utilizzino poi per fini dubbi e poco trasparenti (basti pensare allo scandalo diCambridge Analytica). Ma esistono anche scopi più nobili, come ilraggiungimento dell’equità retributiva. LaSchneider Electric,gruppo globale che fornisce servizi digitali per la gestione dell’energia e l’automazione aziendale, ha messo a punto un metodo preciso persfruttare la raccolta e l’analisi dei daticon lo scopo digarantire salari equi ai 128.000 dipendentiche lavorano nelle centinaia di sedi sparse in tutto il mondo, Italia compresa. Ogni 3 mesi, lamultinazionale modifica gli indicatori chiave di prestazione(anche dettiKpi, ossia indici che misurano l’efficacia con cui un’azienda sta raggiungendo gli obiettivi prefissati) eidentifica le disparità di trattamento salarialea livello globale e locale. Il responsabile risorse umane Manuel Sanchez promette per quest’anno «unapercentuale tra il 10 e il 20% del budgetdestinata alla salary review» proprio per operare aggiustamenti mirati alla parità salariale nelle revisioni annuali dei salari e raggiungere l’obiettivo di unpay gap di genere inferiore all’1% a livello globale. Uno scopo ambizioso che procede parallelamente a una spinta all’inclusione sempre maggiore da parte dell’azienda, che punta entro il 2025 ad assumere il 50% in più di donne, arrivando al 40% di manager e al 30% di senior leadership di sesso femminile. La cornice in cui si colloca questo traguardo prezioso, tuttavia, non è delle migliori: dai dati rilevati daAlmaLaurea, pur essendocipiù donne iscritte all’università(il 58,7%) solo il18%di esse sceglie corsi di studioStem, acronimo che racchiude le discipline scientifico-tecnologiche (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica). Undivarioche segue uno sconfortantetrend europeoemondialeche garantisce ailaureati uomini maggiore possibilità lavorative(con un tasso di occupazione dei laureati Stem di circa 10 punti percentuali in più rispetto alle giovani laureate), secondo l’Osservatorio Talents Venturee daAssolombarda;ma anche in termini di retribuzione, con buste paga per donne laureate in materie scientifiche di circa300 euro mensili in menodi quelle dei colleghi maschi. Un’assurda situazione che senza dubbio fa partire le donne in svantaggio, anche contando la sempre più crescente attenzione delle imprese verso settori ad alto sviluppo tecnologico come quello dei big data. Ogni mole di dati può rappresentare un forte valore competitivo per grandi e piccole aziende. Ma per saper analizzare adeguatamente questo strumento servono competenze e capacità che possono essere concentrate nelle mani di figure particolarmente qualificate: iChief Data Officier. Si tratta di manager con elevate competenze matematiche e statistiche a cui vengono affidati importanti responsabilità riguardo lagestione e l’utilizzo strategico dei dati all’interno dell’azienda.Una nuova figura di business che le società stanno cercando, anche a costo di pagare cifre notevoli. L’aumento esponenziale delladomanda dei Cdoda parte delle aziende, unito alla scarsa offerta da parte del mercato del lavoro, provoca unaumento delle retribuzionisia per iprofessionisti seniorche vedono i loro compensi lievitare intorno al 15-20%, sia per i cosiddettientry levelche possono ambire al 30% in più rispetto a chi si occupa degli ambiti più tradizionali del management. Stando all’analisisviluppata dalla società internazionale di consulenza managerialeHeidrick & Struggles,si tratta di una retribuzione annua lorda (Ral) compresatra i 150.000 e i 230.000 euro annui, con possibilità di crescita a seconda delle dimensioni dell’azienda. Figure ambite dal mercato e con sempre più importanza fra gli amministratori societari (soprattutto in settori quale quello bancario e assicurativo) dove, ancora una volta, la disparità di genere si fa sentire. In Europa, tra gli executive che si occupano di big data, gliuomini sono quasi il 98% e le donne intorno al 2%. C’è ancora molto il lavoro da fare.

Redazione

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