Le foreste rappresentano uno dei pilastri della nostra società: ci fornisconoservizi ecosistemici globali, essendo habitat di molte specie viventi egarantendone la biodiversità, oppureassorbendo emissioni di carbonioper la regolazione del clima. Negli anni questi ecosistemi sono stati messi a dura prova daagricoltura intensiva, incendi, monoculture, espansione delle attività umane; nel 2020 la Faoaveva pubblicato un rapporto sullo stato delle foreste, stimando che dal 1900 a oggi, nel mondo,sono andati perduti circa 420 milioni di ettari. Anche secondo ilGlobal Forest Watchè a causa dell’uomo che il pianeta è stato spogliato del 30% della sua copertura forestale, della quale è intatta solo il 15% di quella che ne rimane. Le conseguenti opere di riforestazione, poi, non sempre sono utili a ricreare un ecosistema (infatti, riforestare non significa solo piantare alberi, ma scegliere le specie giuste per fare in modo che esse crescano e si tutelino a vicenda), come ci conferma un rapporto dell’Ipccche mette in guardia sui vari rimboschimenti fatti per assorbire CO2, i quali, se intensivi, danneggiano invece la biodiversità, come avviene con le grandi monocolture di eucalipto in Brasile. Le principali foreste del Pianeta si trovano nei quattro principali domini climatici: tropicale (45%), boreale (27%), temperato (16%), subtropicale (11%). Le zone forestali del Centro America,che costituiscono il 45% della totalità presente al mondo, oggi sono ancora più a rischio e si prospetta possano perdere il 62% dei servizi ecosistemici forniti entro il 2100. Il costo di questo danno è enorme e costerebbe alle economie degli stessi Paesi l’esorbitante cifra di oltre 300 miliardi di dollari all’anno. È quanto emerge dauno studio pubblicato suNature Communication, che per la prima volta ha esplorato gli impatti del cambiamento climatico su questi ecosistemi, compreso il valore economico del lavoro da esse svolto. Gli oneri ambientali ed economici sono altissimi, non meno quelli sociali: i Paesi a basso e medio reddito della zona centro-americana potrebbero subire perdite fino a 335% del Pil, rimpolpando le difficoltà che questi paesi già risentono a causa del cambiamento climatico. In particolare, i costi associati alla perdita di ES sono distribuiti in modo diseguale tra i Paesi, il che porterebbe a incentivare maggiormente le diseguaglianze esistenti. Un esempio riportato dallo studio sottolinea: “le economie a reddito medio-basso diEl SalvadoreHondurashanno mostrato cali dei servizi ecosistemici costantemente elevati, mentre le perdite previste sono sempre inferiori per i Paesi a reddito più elevato della regione, Panama e Costa Rica”. Anche la stima più ottimistica, di una perdita di 51 miliardi di dollari all’anno, è comunque disastrosa e rappresenta una grande fetta del Pil aggregato della regione, pari a 655 miliardi di dollari.
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