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I bambini benestanti fanno più sport

 

NegliStati Unitiesiste un divario tra lefamiglie benestantie quelle che non lo sono, riguardo all’attività sportiva dei più piccoli. Come racconta ilNew York Timessono diversi gli studi al riguardo. Secondo un’indagine condotta daiCenters for Disease Control and Preventionil 70% dei bambini provenienti da famiglie con un reddito superiore a 105.000dollariha fattosportanche nel 2020, nonostante le restrizioni imposte dalla pandemia. Per le famiglie a reddito medio la percentuale si attestava attornoal 51% e solo al 31% per quelle al di sotto della soglia di povertà. Se in molti istituti pubblicile lezioni di educazione fisica e le attività sportive extra organizzate dallascuolasi sono ridotte al minimo per i tagli alla spesa degli ultimi mesi, parallelamente sta sbocciando un florido mercato multimiliardario che investe sull’industria sportiva giovanile privatizzata, rivolto a famiglie che possono permettersi cifre da capogiro – centinaia o migliaia di dollari ogni stagione – per quote di club, divise, attrezzature, viaggi ai tornei e coaching privato. Una recente ricerca dell’Aspen Instituteha rilevato che trai bambini provenienti da famiglie che guadagnano meno di 25.000 dollari all’anno, la partecipazione a un sano livello di attività sportiva è scesa al 26,6% nel 2021 dal 34,1% nel 2013. Nello stesso periodo trale famiglie con redditi superiori a 100.000 dollari si sono spesi in media 1.188 dollari all’annoper far giocare il piccolo acalcio, 1.002 dollari per il basket e 714 per il baseball. Anche in Italia, esiste un divario importantenell’attività sportiva tra i giovani. Secondo unreportdel 2022 diOpenpolissonocirca 6 su 10 i bambini che praticano sport nel tempo libero, in modo continuo o perlomeno saltuarioma le differenze tra nord e sud sono notevoli. Sono almeno 7 su 10 in Valle d’Aosta (80,3%), province autonome di Bolzano (74,2%) e Trento (70,2%), Friuli Venezia-Giulia (71,1%) e Lombardia (70,2%). Mentrele regioni con la minore pratica sportiva tra bambini e ragazzi sono tutte nel mezzogiorno.In particolare Campania, Sicilia e Basilicata non raggiungono la quota del 50%. Poco sopra questa soglia Puglia e Calabria, con rispettivamente il 50,8% e il 51,5%. Sono infine il 41,4% i bambini e i ragazzi tra 3 e 17 anni che praticano sport nel tempo libero in Campania, quasi la metà della Valle d’Aosta. Questo divario chiama in causa tanti aspetti diversi: dallacondizione economica dellefamiglieall’educazione alla salute, fino all’offerta di luoghi dove praticare sport sul territorio. In diversi casi i territori in cui tanti ragazzi non fanno sport coincidano infatti con quelli con minore dotazione di impianti sportivi. Per esempio, laCampania- ultima per quota di bambini e ragazzi che praticano sport in modo almeno saltuario – è anche la seconda regione con meno palestre scolastiche, dopo laCalabria(a sua volta quintultima per quota di ragazzi che fanno attività). Allo stesso modo, dispone di meno palestre scolastiche della media anche la Sicilia, penultima regione per pratica sportiva tra i minori.BasilicataePuglia- rispettivamente terzultima e quartultima per pratica sportiva – hanno invece una quota di scuole con palestra tendenzialmente in linea con la media nazionale. Questa tendenza è però da analizzare con grande cautela: la carenza di luoghi dove fare attività è infatti indicata come motivazione dall’11,8% degli 11-14enni che non fa sport e rappresenta solo uno dei tanti motivi che allontanano dalla pratica nell’infanzia. Tra gli altri lamancanza di tempo o interesse oppure le disponibilità economiche della famiglia.

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