Un paio di mesi dopo la sua elezione,Giorgia Meloniha partecipato (tra i primi impegni internazionali) alla grande Conferenza delle parti sul clima in Egitto: in quell’occasione, la neo Premier ha ribadito alla platea internazionale che «l’Italia resta fortemente impegnata a proseguire il suo percorso di decarbonizzazione, nel pieno rispetto degli obiettivi dell’Accordo di Parigi». Eppure, di quel percorso didecarbonizzazione, oggi è rimasta pochissima traccia. In un Paese dove, ha ricordato di recenteLegambiente,le rinnovabili vanno a rilento(a causa di autorizzazioni bloccate da Regioni, soprintendenze e comitatiNimby, nonostante non manchino elementi chiave della transizione energetica come sole, vento e acqua) si continuaa puntare sui combustibilifossili. Più che a progetti di energie pulite, tanto annunciati ma poco realizzati (vedremo ora i tempi del famoso sviluppo delle comunità energetiche), lo Stivale crede nel fossile:in primis nel gas. In quel rapporto che lega a doppio filo l’esecutivo e l’Eni, multinazionale dell’oil and gas dai profitti ricchissimi, il Governo Meloni ha apertamente messo al centro lacaccia al gas di altri Paesi per smarcarsi dalla dipendenza russa. Con gli accordi conAlgeria, Azerbaijan, Libiao con i Paesi delNord Europa,le forniture necessarie sono per ora assicurate e l’Italiadel noto “Piano Mattei” (anche passando per Israele) punta a candidarsi comehub del gas del Mediterraneo. Tutte azioni che,ha ricordato anche recentemente ilFinancial Times, sembranoallontanare l’Italia dai suoi obiettivi climaticie, soprattutto, dagli accordi internazionali sul clima. Per esempio a Cop26, insieme ad altre Nazioni, il Belpaese si era impegnatoa porre fine a tutti i nuovi finanziamenti pubblici per i progetti di combustibili fossili all’estero entro la fine del 2022.Un accordo che, a causa delle ripercussioni post invasione russa in Ucraina, non è stato rispettato: gli effetti dellaguerrasono diventati spesso l’occasione per concluderenuove strette di mano sui combustibili fossilipur di ridurre le dipendenze da Mosca. Attraverso il mantra della“sicurezza energetica”continueranno, dunque,le esplorazioni di gas e di petrolio, anziché raddoppiare le energie rinnovabili e investire per migliorare l’efficienza energetica in modo da ridurre i consumi. Una strategia che, come ha ricordato Luca Bergamaschi, co-fondatore diEcco(think tank sul clima) alFinancial Times,«è molto deludente». Il gas resta dunque (oltre che ben lontano dai criteri di decarbonizzazione) il principale obiettivo italiano, dagli accordi internazionali siglati da Meloni sino a quelli in Libia trovati daEniper i giacimenti offshore, il tutto in direzione opposta a quanto richiestodagliscienziati dell’Ipccche ci indicano come dovremmosmetterla subito con le nuove esplorazioni di combustibili fossili,per tentare di arginare la crisi del clima. Non solo: a preoccupare lo scenario internazionale oltre la caccia al gas estero dell’Italia (e l’uso di fondi Ue per politiche lontane da quelle delGreen Deal), ci sono lecontinue posizioni dell’Italia“di traverso” ad altri Paesi europei riguardo le trattative delicate per il futuro del clima, come per esempiol’opposizione allo stop alle auto a diesel ebenzina dal 2035, oppure ino sulla direttiva case green. Infine, un dettaglio non da poco:l’Italia non ha ancora nominato il suo inviato speciale per il climada quando Alessandro Modiano si è dimesso a inizio anno. Un altro segnale di quanto poco (almeno a fatti) il nuovo esecutivo sembri dar peso concreto alla questione climatica.
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