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Stati Uniti: chi si prende cura dei bambini?

 

Iservizi di assistenza all’infanziacome gli asili nido sono essenziali perché aiutano i bambini a fare nuove esperienze, imparare a rapportarsi con gli altri e a conoscere se stessi. Oltre a questo però, è dimostrato come unwelfare dedicato ai più piccoliabbia anche unimpatto positivo sul sistema economico. La motivazione è evidente: secondoWells Fargonegli Stati Uniti il 22% delle persone tra i 25 e i 54 anni ha un bambino con meno di sei anni. Si tratta quindi di unalarga fetta di persone in età occupazionaleche deve assicurare la cura di, almeno, un bambino ese non riesce ad accedere a servizi adeguati finisce per sobbarcarsene interamente la cura, 24 ore su 24, non disponendo di alcun margine di tempo da dedicare ad altre attività. Secondo unostudiodell’Unicefdel 2021 gli Stati Uniti occupano il 40° posto tra i 41 Paesi più ricchi in tema diassistenza all’infanzia. L’Italia si trova in 15° posizione. Una spiegazione pratica di questo fenomeno la si trova nella quota di spesa pubblica destinata agli asili nido che è circa la metà rispetto agli investimenti dei paesi appartenenti all’area Ocse. Un «grosso problema» come lo definisceAnna Zhou, economista dellaBank of America, che si è aggravato con la pandemia. Anche prima, però, la situazione non era così diversa e la mancanza di servizi pesava comunque sulla crescita occupazionale. A oggi infatti il tasso di partecipazione lavorativa si è pressoché ristabilito raggiungendo il 62,5%, ovvero un punto percentuale in meno rispetto a inizio 2020. Ma allora perché parliamo di una situazione sempre più pesante? I dati dimostrano come la forza lavoro americana sia, apparentemente, in salute raggiungendo uno dei più bassi livelli di disoccupazione dell’ultimo decennio. Tuttavia,una grande fetta di persone ha abbandonato il proprio posto per dedicarsi alla cura dei figli a causa di servizi inefficienti. Seconda laBank of Americasarebbero circa 380.000 gli americani compresi tra i 25 e i 54 anni che dopo la pandemia non sono più rientrati alavoroe una delle cause principali è proprio questa. La questione non è altro che matematica, come spiegaAshai Pompey, presidente dellaGoldman Sachs Foundation.«Se i dipendenti delle piccole imprese non hanno accesso all’assistenza all’infanzia a prezzi accessibili, è probabile che debbano ridurre le loro ore o licenziarsi». I costi degli asili, infatti, risultano insostenibili per un numero crescente di famiglie.Wells Fargocalcolauna media di 11.000 dollari annui, pari al 14% del reddito di una famiglia con un bambino sotto i 6 anni. Di conseguenza sarebbero circa 460.000 lefamiglieche a causa dei costi elevati non possono accedere a questi servizi. A confermarlo anche unsondaggiodelWorld Economic Forumche su Instagram ha chiesto ai followers di condividere le proprie esperienze tra asili nido e costi da sostenere. Alcuni utenti hanno dichiarato di spenderequasi 2000 dollari al mese a New York, mentre nell’area di Boston una famiglia con due bambini ne spende circa 6.500 tra asili nido e baby-sitter. Al di là delle differenze geografiche, in generale dalle oltre mille risposte è emerso un chiaro risultato:le liste d’attesa sono troppo lunghe e i costi spesso addirittura superiori alle rate del mutuo. L’impennata dei prezzi dei servizi di assistenza all’infanzia è avvenuta a partire dal 1999, in concomitanza con la crescita dell’occupazione femminile. Da questa data, secondoWells Fargo, i prezzi sono saliti a un tasso medio annuo del 3,5%. Anche in Italia c’è un problema analogo:costi altissimie troppi bambini che non riescono ad accedere agli asili. Nell’anno scolastico2020/2021solo il 27,2% dei piccoli di età compresa tra gli 0 e i 2 anni ha avuto accesso a un asilo nido, con un costo medio di 311 euro al mese, anche se spostandosi lungo la penisola si trovano prezzi e servizi molto differenti tra loro. Nel sud Italia, a esempio, dove l’assistenza è più carente, i costi sono più bassi. A Catanzaro, la città più economica, si pagano in media 100 euro al mese, mentre nella settentrionale Lecco, con il primato di più cara d’Italia, si sale a 515 euro. Tutto ciò rende quasi ovvia lascelta di rinunciare al proprio lavoroper adempiere alle responsabilità di cura, soprattutto quando la redditività percepita è bassa, come confermato dalLabour Department Statunitense, secondo il qualequasi il 75%, di coloro che hanno rassegnato le dimissioni rientra nella fascia di reddito più bassaed è occupata soprattutto nel settore della ristorazione e della vendita al dettaglio, mentre solamente il 6% appartiene alla categoria dei benestanti. Le famiglie si trovano quindi a dover fare un’analisi di costi e beneficie, spesso, risulta più conveniente rinunciare a un entrata piuttosto che sostenere spese così elevate. E a subire questa scelta sono soprattutto ledonneche come riporta lo studio diWells Fargorappresentavano nel 2022 il 28% in meno della forza lavoro. Queste ultime a causa delle interruzioni di carriera, dei settori occupazionali e di una predominanza della cultura patriarcaletendono a guadagnare meno degli uomini, quindi sono quasi sempre loro in famiglia a rinunciare al lavoro e alla carriera per occuparsi dei più piccoli. Si tratta però di uno spreco di risorse e ricchezza e proprio in quest’otticagli asili nido diventano uno strumento fondamentale per l’economia. Un sistema nel quale i genitori non riescono a operare è un sistema che non funziona, perché il conto è piuttosto salato e lo paghiamo tutti. Come? Tramite una minor partecipazione al mondo del lavoro e, di conseguenza, a unaminor ricchezza prodotta, ma anche una ridotta natalità e una popolazione sempre più vecchia.

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