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Manuale per bambini (e futuri adulti) accudenti

 

Chi ha il compito dieducare i bambini e le bambinenellescuoleprimarie e dell’infanzia finora ha avuto a disposizione pochissimi strumenti per poterlo fare senzastereotipi. Questo perchéla pedagogia di genere, cioèl’insieme di studi sull’educazione di genere,è una materia a cui è stata prestata pochissima attenzione. Cosìle generazioni sono state educate per anni secondo il metodo tradizionalecon l’identificazione in ruoli e tratti comportamentali tipicamente associati soltanto almaschileo alfemminile. Un nuovo lavoro però sta cercando fortunatamente di colmato queste mancanze. Si tratta delmanualedel progetto europeoECaRoM(Early Care and the Role of Men), ricco diraccomandazioni e consigli operativi per il lavoro educativo dei più piccoli.Grazie a un co-finanziamento dell’Unione europea, il progetto è stato realizzato da diverse istituzioni e centri di ricerca in Italia, Austria, Bulgaria, Germania, Lituania e Slovenia. Per l’Italia vi ha lavorato l’Istituto degli Innocentidi Firenze, una delle più antiche istituzioni pubbliche dedicate all’accoglienza,educazionee tutela dei bambini e delle bambine. Per partire da nuove basi,i ricercatori hanno messo in discussione tutti gli stereotipi legati al mondo maschile. Per prima cosa hannosganciato il concetto di cura dall’universo soltanto femminile, partendo dall’idea di cura elaborata dall’esperta di studi di genereJoan Trontonegli anni ‘90: «Suggeriamo che la cura sia vista come un’attività legata alla specie umana che include tutto ciò che facciamo per mantenere, continuare e riparare il nostro mondo in modo da potervi vivere al meglio». Proprio da questa definizione è nata la nozione dimaschilità accudente, che si basa sulrifiuto del dominio e sull’integrazione dei valori di cura, come le emozioni positive, l’interdipendenza e la relazionalità, nella sfera maschile.Un concetto semplice ma rivoluzionario. «Quando parliamo di stereotipi digenerein ambito educativo, spesso pensiamo soltanto alle bambine e alle ragazze perché ancora nella nostra società prevale l’idea che questi sianoproblemi delle donne. -ha spiegato aLa SvoltaErika Bernacchi, ricercatrice dell’Istituto degli Innocentiresponsabile del progetto – È solo recentemente che anche in Italia è iniziata una riflessione a livello sociologico e pedagogico su quanto sia necessario riflettere sui modelli di maschilità tradizionali e quanto questi possano essere una gabbia per bambini e ragazzi». Diverse le tecniche suggerite per sensibilizzare le giovani generazioni sul tema. Per promuovere la cura di sé come parte della maschilità accudente c’è ilmetodo desideri, ovvero scrivere su un palloncino da liberare in cielo il nome della persona che i bambini sentono più vicina in caso di bisogno d’aiuto. Per proporre modelli alternativi, c’è invece lastory boxdiTito Lupotti, la storia di un lupacchiotto che, nonostante le aspettative paterne, vuole fare il fioraio e non il cacciatore. Per superare il ruolo di dominio maschile, «è necessario – spiega la ricercatrice – lavorare a una pluralità di modelli maschili che permetta ai ragazzi di crescere e diventare adulti senza dover necessariamente essere bulli, violenti, misogini o omofobi, atteggiamenti che invece i ragazzi si sentono spesso in dovere di mostrare proprio per venire riconosciuti comeveri uomini». Ecco allora il giocoSupereroi e supereroineche propone i classicitravestimentiper bambini, dove peròi personaggi sono sceltinon perché salvano il mondo o hanno poteri soprannaturali, maperché hanno la capacità di essere premurosi e disponibili. Per educare i bambini bisogna porre loro le domande giuste. Quali sono le persone di cui ti fidi di più? E cosa fanno per prendersi cura di te? Per scoprire quali sono i lorosogni lavorativiè invece utile fare ungioco di ruolo con le bambolee chiedere: «che professione vorresti che facesse la tua bambola e come la vestiresti»? Subito dopo spostare la riflessione su sé stessisenza dimenticare il rispetto dell’ambientecon domande che li facciano riflettere su come avere a cuore la natura, come a esempio: dove va a finire tutta laplastica? Il manuale contiene anchespunti di autoriflessione per insegnanti e educatoriperché, per poter educare senza stereotipi, devono avere loro stessi consapevolezza della sensibilità di genere. Fondamentale la creazione di contesti di apprendimento in cui vi sianospazi del coraggiodove possanoemergere liberamente le emozioni, anche quelle che nell’universo maschile sono spesso state stigmatizzate come paura e insicurezza. Questo perché, secondo Bernacchi, «il concetto tradizionale di maschilità si fonda su una soppressione della parte emotiva e mettere a disposizione questi spazi significa dare loro il permesso di non reprimere tutta la gamma delle emozioni, inclusa la vulnerabilità». La riflessione sul tema dell’accudimento è fondamentale anche se consideriamoquanto è ampio il divario di genere nella partecipazione quotidiana allavoro di curadella famiglia.«In Germania gli uomini vi dedicano 2 ore e mezzo e le donne quasi 4. Dati simili anche in Francia, Inghilterra, Olanda e Belgio. Va peggio man mano che si scende verso il Mediterraneo», secondoDaniel HoltermanndelDissens Institute, ente di Berlino che ha coordinato il progetto. E in Italia «la forbice è ancora più ampia: poco più di 2 ore per gli uomini e più di 5 per le donne». E ipadricosa possono fare per diventarepiù accudentinel contesto familiare? «Ricerche recenti – sottolinea Bernacchi – segnalano che i giovani padri stanno già attraversando un cambiamento sociale importante: sono più disponibili alla cura dei figli, non soltanto rispetto agli aspetti materiali caratteristici del modello patriarcale, ma anche rispetto alla dimensione affettiva». Per il futuro, quindi, possiamo attenderci papà più presenti anche nelle attività di cura. La storia ci dice che l’Istituto degli Innocentifu fondato nel ‘400 come un grande Ospedale fiorentino per accogliere i bambini che venivano abbandonati sotto il loggiato esterno inPiazza della Santissima Annunziata. Oggi un buon manuale ci aiuterà anon abbandonarli più in mezzo agli stereotipi di genere.

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