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Con l’acqua alla gola. Anzi no

 

Se i Governi non agiranno immediatamente,la domanda globale di acqua dolce supererà la sua fornitura del 40%entro il 2030. Lo affermano gli esperti dellaGlobal Commission on the Economics of Water(Gcew), l’organismo nato nel maggio 2022 sotto l’egida dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse). “Stiamo vedendo le conseguenze non di eventi bizzarri, né della crescita della popolazione e dello sviluppo economico, ma della nostracattiva gestionedell’acquaa livello globale per decenni” si legge nelrapportoTurning the Tide,pubblicato dalla Commissione il 17 marzo. “Abbiamo cambiato i modelli delle precipitazioni e non siamo riusciti apreservare gli ecosistemidi acqua dolce, agestire la domandaper evitare un uso eccessivo, a prevenire lacontaminazione, a promuovere ilriciclaggioe a sviluppare e condividere tecnologie per il risparmio idrico”. Oggi, in occasione dellaGiornata mondiale dell’acqua,si aprirà laConferenza Onu dedicata all’acqua, in programma a New York fino al 24 marzo. È la prima dopo quella del 1977 a Mar del Plata, in Argentina. Scopo del vertice (guidato dai Governi di Paesi Bassi e Tagikistan, in Asia centrale) è adottare unProgramma d’azione per l’acquache implementi ilsestoObiettivo di sviluppo sostenibile (Sdg) dell’Agenda 2030:garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e delle strutture igienico-sanitarie. Ancora nel 2020,2 miliardi di personeutilizzavanofonti di acqua potabile non sicure, 1 persona su 3 non disponeva di servizi di base per lavarsi le mani in casa e 3,6 miliardi di persone usavano servizi igienici che lasciavano rifiuti organici umani non trattati: un rischio per la salute delle persone e dell’ambiente. Oggimuoiono circa829.000 persone l’anno(di cui ogni giorno 700 bambini sotto i 5 anni) per malattie direttamente correlate all’acqua non potabile,servizi igienico-sanitari inadeguatiecattive pratiche igieniche. Non solo: secondo i datidiffusidal Centro informazioni regionale delle Nazioni Unite,circa il 35% dell’acqua trattata viene dispersa nella rete idrica urbana. Tra il 2010 e il 2019, inoltre, 1,4 miliardi di persone sono state colpite dallasiccità(e 1,6 miliardi dalle alluvioni). «L’evidenza scientifica è cheabbiamo una crisi idrica. Stiamo usando l’acqua in modo improprio, inquinando l’acqua e cambiando l’intero ciclo idrologico globale, attraverso ciò che stiamo facendo al clima. È una triplice crisi», hadichiaratoalGuardianJohan Rockstrom, co-presidente dellaGcewe direttore delPotsdam Institute for Climate Impact Research. «Abbiamo bisogno di un approccio al bene comune molto più proattivo e ambizioso. Dobbiamomettere al centrogiustizia ed equità, non è solo un problema tecnologico o finanziario», ha aggiunto Mariana Mazzucato, sempre co-presidente dellaGcewinsieme a Ngozi Okonjo-Iweala, direttrice generale dell’Organizzazione mondiale del commercio, e al primo ministro di Singapore Tharman Shanmugaratnam. Per fronteggiare questo scenario, la Commissione ha lanciato un appello collettivo in7 raccomandazioni chiave. Tra queste,aumentare gliinvestimentiattraverso nuove modalità di partenariato pubblico-privato, stabilireprezzi adeguatiinsieme a un sostegno mirato per le persone più povere,riciclare le acque reflueindustriali e urbane,ridurre le perditedegli impianti e implementare l’irrigazione di precisione. E ancora: rafforzare i sistemi distoccaggio(in particolare quelli naturali costituiti da falde acquifere e zone umide) e limitare i circa700 miliardi di dollari di sussidiannui all’agricoltura e all’acqua, “che tendono a generare un consumo eccessivo di acqua e altre pratiche dannose per l’ambiente”. E In Italia?Secondo ilreportdiffuso daIstatrelativo al biennio 2020-2022, sonocirca 300 i Comuni sprovvisti di servizio pubblicodi depurazionedelle acque reflue urbane, corrispondenti a una platea di 1,3 milioni di abitanti. Il67,9% di questi Comuni si trova al Sud, in particolare Sicilia, Calabria e Campania. In diversi casi gli impianti esistono, spiega l’Istituto nazionale di statistica, ma risultano inattivi poiché sotto sequestro, in corso di ammodernamento o in costruzione. A colpire sono anche i numeri relativi alla gestione dei servizi idrici: nel 2020 in Italia sono stati registrati 2.391 operatori. Un numero inferiore di 161 unità rispetto al 2018, ma che denota una situazione ancora fortemente frammentata. Dati che vanno messi in relazione alleanalisisu tariffe, qualità e investimenti nel servizio idrico presentate il 20 marzo dall’Irca(Istituto Ricerche Consumo Ambiente e Formazione). Emerge cheil prezzo dell’acqua è più alto dove gli standard sono inferiori, in particolare nel Meridione. Così a Enna, in Sicilia, la bolletta annuale è di 663 euro, oltre il triplo rispetto a Milano (214 euro), ma meno del record registrato a Frosinone, prima in classifica con 666 euro, circa il doppio della media nazionale. Il 21 marzo intanto, è entrato finalmente in vigore, condecreto legislativodel 23 febbraio, ladirettiva Ue 2020/2184sulla qualità delle acque potabili, che introduce nuovi standard di sicurezza (incluso il controllo delle microplastiche), fissa valori limite per alcuni tipi di sostanze e stabilisce una marcatura per i prodotti a contatto con l’acqua. La trasposizione della direttiva europea nell’ordinamento italiano sarà oggetto dell’incontro del 23 marzoLa rivoluzione silenziosa dell’Acqua. I dati, gli strumenti e il dialogo per una governance sostenibile, organizzato dal progettoWhow(Water Health Open knoWledge) presso la sede delCnrin partnership conIspra,Aria Spae Regione Lombardia.

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