Era il 2017 quandol’analisidiBbc Sportrivelò che l’83% delle discipline prese in considerazione premiava uomini e donne allo stesso modo. Dei 68 organi sportivi contattati dall’emittente britannica, 55 avevano risposto all’appello, mostrando che glisportche presentavano ancora le maggiori disparità erano il cricket, il golf e ilcalcio, nonostante nel corso degli anni i premi in denaro per le donne fossero aumentati notevolmente in queste discipline (lo studio non includeva salari, bonus o sponsorizzazioni). Oggi, 6 anni dopo, legiocatricidi25 squadre nazionali di calcio femminile, con il sostegno di un sindacato globale di giocatrici professioniste,chiedono parità di condizioni e premi in denaroequivalenti in vista deiMondiali femminili,che si svolgeranno in Australia e Nuova Zelanda dal 20 luglio 2023. Secondo quantoriportatodalWall Street Journal, la federazione internazionale dei calciatori professionistiFifpro, che rappresenta 65.000 calciatori maschili e calciatrici femminili e i loro sindacati in tutto il mondo,ha inviato una lettera lo scorso ottobre al presidente dellaFifaGianni Infantinoper spiegare le proposte delle atlete. La lettera è firmata dalle giocatrici di 25 nazionali femminili, tra cui le vincitrici della Coppa del Mondo femminileGermania,Giappone,Norvegiae la squadra 4 volte vincitrice degliStati Uniti. Il testo invita la Federazione internazionale delle associazioni calcistiche amettere in atto 3 suggerimentiper “stabilire un percorso affinché le calciatrici abbianoprospettive economiche praticabiliattraverso la portata, le risorse e gli impegni statutari già dichiarati dellaFifaalla non discriminazione”. Tra queste, la definizione di unquadro paritario di regolamenti e condizioni(come viaggi, dimensioni della delegazione, sedi e strutture di allenamento) per la Coppa del Mondo maschile e femminile,compreso un premio in denaro uguale. Le calciatrici chiedono anche diricevere almeno il 30% del montepremi, “in modo che il nostro sport continui a svilupparsi professionalmente”. Secondo quanto scritto nella lettera, molte giocatrici non hanno accordi con le loro federazioni nazionali, a cui laFifapaga premi in denaro per ottenere una percentuale di quanto vinto dalla loro squadra. LaWomen’s World Cup 2023, chesarà la più grande edizione di sempre e coinvolgerà 32 squadre, potrebbe avere un montepremi di110 milioni di dollari: l’ha annunciato lo stesso Infantino, che ha anche promesso che l’organo di governo si sta battendo per ottenere la parità salariale. Il premio in denaro per la Coppa del Mondo femminile del 2019 ammontava a 30 milioni di dollari, mentre laCoppa del Mondo maschiledel 2022 in Qatar avevaun montepremi di 440 milioni di dollari. Molto dipende dagli sponsor e dai diritti di trasmissione del torneo, che laFifanon ha ancora venduto: Infantino ha preso di mira gli offerenti, che proporrebbero «100 volte in meno» per i diritti del torneo femminile rispetto a quello maschile. Le giocatrici puntano il dito contro la Federazione, pur non fissando una scadenza o minacciando boicottaggi se le proposte non verranno adottate: “Avete affermato che «il calcio femminile è la più grande opportunità di crescita nel calcio di oggi e rimane una priorità assoluta per laFifa. Sebbene il gioco sia cresciuto in modo esponenziale a tutti i livelli, la passione ela crescente popolarità di questo sportoffrono un vasto potenziale non sfruttato»”. «Chiaramente i guadagni maggiori delle competizioni maschili sono dovuti alla copertura mediatica maggiore rispetto agli sport femminili», spiegaSara Ventura, 15 volte campionessa italiana di tennis. Ha preso in mano la racchetta a 5 anni, a 28 anni ha raggiunto il 250° posto nellaWTA, laWomen’s Tennis Association, il cui ranking fornisce ogni anno un quadro delle tenniste più forti del panorama internazionale, e in quella italiana si è classificata 2.1. Oggi è titolare e direttrice tecnica della palestra che porta il suo nome:Sara Ventura Art and Body. «Io vengo daltennis, che è forsela disciplina dove sono stati fatti più passi avantirispetto al calcio, al basket e al golf. Ci sono state tenniste famosissime, come a esempio Serena Williams, che si sono battute molto in questo senso: lei ha condotto una grande battaglia sulgap salariale, aderendo a numerose campagne sul #metoo per i diritti delle donne», racconta Ventura. «Nel tennis la battaglia è iniziata con Billie Jean King, una delle tenniste più grandi di tutti i tempi, che fondò il circuito internazionale femminile, laWTA, ottenendo per la prima volta agliU.S, Open, 1 dei 4 tornei più importanti dello Slam, la parità del Prize money per entrambi i sessi. Da lì, tutti i tornei del Grande Slam hanno raggiunto la parità in questo senso. L’ultimo è statoWimbledon, un po’ più restio per via della sua tradizione antica e delle sue regole molto rigide». Tutte queste battaglie, spiega Ventura, «sono state combattutesenza l’appoggio dei giocatori uomini, e questo mi dispiace molto. Prendiamo l’esempio diNovak Djokovic, che è il primo giocatore del mondo: quando è stata fatta la richiesta della parità del prize money, si è dimostrato contrario. Le donne, secondo lui, sarebbero meno attrattive a livello di gioco, per questo gli sponsor danno meno soldi, ed è giusto che gli uomini ricevano ne ricevano di più nei tornei». Per fortuna ci sono le donne a farsi sentire. «GliInternazionali di tennis di Romahanno una disparità di prize money per cui la vincitrice prende il 37% in meno rispetto al vincitore del torneo maschile», spiega Ventura. E il montepremi viene deciso dalle stesse organizzazioni internazionali che gestiscono i diritti dei tornei,ATPeWTA.Ma la disparità si respira anche nei tornei minori: «Anche in quelli italiani, tra professionisti e professioniste, a parità di categoria e classifica, il prize money è diverso. Io sono stata per tantissimi anni nella serie A, in classifica 2.1, e lì c’eranoi miei colleghi maschi che prendevano più o meno il doppio rispetto a mee alle altre atlete». La differenza tra i premi in denaro, però, non si trasmetteva negli allenamenti: «Gli allenatori(tutti uomini,ndr)mi hanno sempre trattata come un uomo,ma le donne devono essere preparate in modo diverso. Io, alta 1 metro e 70, sui 57 kg, facevo gli stessi esercizi di ragazzi alti 1 metro e 85 che pesavano 90 kg. L’allenamento, soprattutto fisico, non tecnico, dovrebbe essere totalmente diverso.C’era un’altra cultura, tanta disinformazione». Oggi Ventura è una direttrice tecnica che nel suo spazio a Milano propone allenamenti mirati e dedicati anche a classi interamente al femminile. «Dopo la mia carriera nel tennis ho allenato per qualche anno delle ragazze che giocavano in serie A. Ma poi ho voluto cambiare, anche in seguito a una serie di infortuni pesanti. Ho deciso di lasciare da parte l’allenamento studiato per vincere.E ho deciso di diventare l’allenatrice che avrei sempre voluto avere».
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