L’obiettivo di limitare l’aumento della temperatura a 1,5°C “è semplicemente non negoziabile”. Ad affermarlo è statoSultan al-Jaber, Amministratore delegato dellaAbu Dhabi National Oil Company(compagnia petrolifera degli Emirati Arabi), nominato, tra le polemiche, presidente del prossimo vertice sul clima dell’Onu, la Cop 28. A sette anni dall’Accordo sul Clima di Parigi, nel quale la maggioranza dei 195 firmatari ha promesso di abbattere le sue emissioni entro il 2050, il traguardo sembra sempre più difficile da raggiungere. Alcuni scienziati del clima ritengono che la soglia di 1,5°C non sia più concepibile. Per altri, per tornare in carreggiata, serve un’azione decisa pereliminare i combustibili fossili. Le emissioni di CO2 infatti hanno raggiunto unlivello record nel 2022, a causa della crisi energetica seguita all’invasione dell’Ucraina. Il mondo, secondo gli esperti, potrebbe aver già raggiunto gli 1,1°C in più rispetto ai livelli preindustriali. Alla fine di questo marzo, l’Ipcc (Intergovernamental Panel on climate change) pubblicherà un rapporto che si concentrerà sul limite critico e su cosa succederebbe in caso di superamento. Molte figure aziendali, per esempioBill Gates, ora a capo della società d’investimentoBreakthrough Energy, si stanno chiedendo se sia meglio concentrarsi su piani di resilienza in un mondo più caldo, più che su obiettivi difficilmente raggiungibili. Ammettere la sconfitta nella battaglia climatica rischia di giustificare azioni più lente da parte dei Governi e dei privati nel limitare un ulteriore peggioramento della situazione. A spingere per la soglia degli 1,5°C, contro quella dei 2,2°C proposta dall’Occidente, è stata l’Alleanza degli Small Island States. Si tratta di un’organizzazione composta da 39 Paesi, come Maldive, Belize e Isole Cook, preoccupati per gli enormi pericoli che comportano per la loro sopravvivenza l’innalzamento dei mari e la crisi climatica. Dal 2015 questo obiettivo è diventato lo standard per i movimenti per la giustizia climatica, grazie anche a un rapporto dell’Ipcc del 2018 che ha rivelato le condizioni critiche che avrebbe sperimentato la Terra, in caso di raggiungimento dei 2°C. Tra queste losbiancamento delle barriere coralline, la scomparsa del ghiaccio estivo nell’Artico, la carenza alimentare ela distruzione di interi ecosistemi, o ancora inondazioni catastrofiche con migliaia di sfollati. Per dare un’idea della differenza: con 1,5°C, l’Ipcc ha stimato che il 14% della popolazione sarà esposto a temperature molto elevate almeno una volta ogni cinque anni. A 2°C, questa cifra sale al 37%. Altri effetti come loscioglimento della calotta glaciale della Groenlandiapotrebbero portare a grandi innalzamenti del livello del mare in tutto il mondo, e cambiamenti alle correnti nell’Atlantico settentrionale. Questi potrebbero causare grandi sbalzi di temperatura in Europa e interruzione delle stagioni dei monsoni in Africa. Per evitare il peggio, è necessario un cambio drastico nei prossimi due anni. Dal 2016 le emissioni di gas serra a base di carbonio sono aumentate ogni anno, tranne nel 2020 caratterizzato dai lockdown per arginare il Covid-19. Molti esperti però hanno perso le speranze: un sondaggio anonimo sugli autori dell’Ipcc, condotto daNaturenel 2021, ha rilevato che oltre il 75% pensava che il riscaldamento avrebbe raggiunto o superato i 2,5°C entro la fine del secolo. Una posizione esplicitata da un rapporto del 2021 dell’Australian Academy of Science, secondo la quale “limitare il cambiamento climatico a 1,5°C è ora praticamente impossibile”. Gli strumenti per la cattura dell’anidride carbonica, già sperimentati, potrebbero però essere un modo per recuperare la corsa della crisi climatica. L’Inflation reduction Actdegli Stati Uniti e ilGreen Deal Industrial Plandell’Unione europea stanzieranno miliardi per potenziare l’industria green. Inoltre le persone sono più consapevoli: molti conoscono gli effetti sul clima del consumo di carne o sceglieranno un’auto elettrica, nel prossimo futuro. Non tutto quindi è perduto.
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