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Mense scolastiche: abbiamo un problema (e non solo noi)

 

Lo sciopero della carne:così è stata ribattezzata la protesta in corso questa settimana all’istituto comprensivoGiusti-D’AssisicontroMilano Ristorazione. La Commissione Mensa della scuola in zona Sarpi, nel capoluogo lombardo, ha guidato lo sciopero. Da qualche tempo, infatti, i genitori hanno cominciato a chiedere un menù vegetariano:su 430 allievi, 227 vorrebbero delle alternative ai piatti tradizionali. Ma, le ragioni sarebbero anche di natura sanitaria: alcuni episodi hanno fatto sorgere qualche dubbio relativamente allacottura della carne. In particolare,i casi sospetti riguardanoun piatto di lonza, bocconcini di tacchino e le rustichelle di pollo. «Abbiamo usato i canali ufficiali, inviato documentazione e anche ottenuto il campionamento della carne non ritenuta idonea, ma non siamo ai riusciti a ottenere il risultato delle analisi. E nemmeno una risposta formale daMilano Ristorazione,se non generiche spiegazioni dal personale di sala» hanno denunciato i rappresentanti. Così, è iniziato lo sciopero. Nelle mense scolastiche si mangia meno carne In generale,i menù delle mense scolastiche diMilano, secondoi dati diffusi dal Comune, hannoridotto notevolmente le proteine di origine animale.Il consumo di manzo e maiale è diminuito rispettivamente del 62% e del 71% mentre sono aumentate le ricette che prevedono tuberi (+20%), legumi (+18%) e tacchino (+11%). L’impatto ambientaledelle mense milanesi trail 2015 e il 2021sembrerebbe esserediminuito del 42,89% in termini di emissioni di CO2. Qualcosa di simile sta accadendo anche aTorino: aumentail numero di bambiniche a mensa mangiano vegetariano o, in misura minore, vegano. Negli ultimi 7 anni i pasti senza carne si sono decuplicati. A partire dal 2010, infatti, all’opzione vegetarianasi è aggiunta quellavegana:nel 2022 si sono registrati 9.826 pasti vegetariani e 2.833 vegani tra nidi, materne, elementari e medie della città. La richiesta è schizzata alle stelle nell’ultimo biennio rispetto, per esempio, al 2016, quando tra vegetariani e vegani erano stati serviti appena 1.200 pasti in tutto l’anno. L’aumento del consumo di alimenti di origine vegetale e la diminuzione dei cibi di provenienza animaleè il segno inequivocabile di un cambiamento epocale. Quanto cibo si spreca a scuola? Il 7° rating menù scolastico pubblicato daFoodinsider(che raccogliei dati dell’indagine annuale riguardo lo stato delle mense, conducendo anche un questionario di gradimento in molte città d’Italia), ha raccontato che nell’anno 2021/2022 metà della retta è andata in spazzatura. Secondo l’indagine,il 47% degli insegnanti intervistatidichiara chei bambini mangiano meno della metà del pasto. Il dato è confermato dalla ricerca condotta nell’ambito delprogettoReduce, che nel 2022 (da marzo a maggio) ha monitorato lo spreco alimentare nelle mense degli 85 plessi di 3 regioni (Friuli-Venezia Giulia, Emilia Romagna, e Lazio). A contraddire le statistiche ci pensano i genitori. Come ad Afragola, in provincia di Napoli, dove molte mamme hanno protestato per il servizio di refezione scolastica e la scarsa qualità del cibo offerto. In Inghilterra il diritto ai pasti gratuiti Anche altrove si discute da tempo di mense scolastiche. NelRegno Unito, per esempio, è in corso da mesi una battaglia importante sul dirittoai pasti gratuiti nelle mense scolastiche, i cosiddettiFree School Meals(Fsm). Il numero dibambiniin Gran Bretagna in condizioni dipovertà alimentareè quasi raddoppiato nell’ultimo anno, arrivando a sfiorare i4 milioni. Secondo il think tank dellaFood Foundation,1 famiglia su 5 (22%) ha dichiarato di saltare i pasti, soffrire la fame o non di non aver mangiato per un giorno intero a gennaio, rispetto al 12% nello stesso periodo del 2022. Nelle scorse settimane, sempre più attivisti si sono uniti al coro di voci che esorta il Governo ad automatizzare il processo di iscrizione utilizzando i registri della sicurezza sociale. Secondo le ultime statistiche, fino a234.500 bambini,che in teoria soddisferebbero i criteri per ottenere i buoni pasto, non sono iscritti. Oltre aperdere il diritto al pranzo gratuito, si perdono anche i finanziamenti aggiuntivi a sostegno della loro istruzione. I fondiPupil Premium, infatti, vengono erogati alle scuole in Inghilterra per ciascun alunno della scuola primaria (1.385 sterline all’anno) e secondaria (985 sterline all’anno) a cui sia stato riconosciuto il diritto ai buoni pasto. Agevolare il procedimento di iscrizione eliminerebbe o ridurrebbe al minimo eventuali difficoltà legate a barriere linguistiche o mancata conoscenza o comprensione. Usa: i bambini a scuola hanno fame Oltreoceano le cose non vanno meglio. Come riportato daAssociated Press,le scuole statunitensi denunciano episodi allarmanti.Durante la giornata scolastica, in classe, i bambini hanno fame. Un fatto che destapreoccupazione riguardo le capacità di apprendimento e il rendimento dei bambini. Il Congresso, durante l’emergenza sanitaria, aveva reso i pasti scolastici gratuiti per tutti gli studenti, ma ora che il vecchio sistema è stato ripristinato, la situazione sembra peggiorata. L’aumento dei prezzi dei generi alimentarista mettendo a dura prova le famiglie che stanno affrontando una serie di tagli importanti in termini di assistenza finanziaria. Un programma federale, che si concluderà a fine marzo, ha dato a quasi 30 milioni di americani buoni alimentari extra durante la pandemia. Idebiti per i pasti scolasticinon pagati sono aumentati, cosa che potrebbe creare qualche problema nei prossimi mesi, quando non ci saranno più fondi federali per assicurare buoni pasto a tutti gli alunni che ne hanno necessità. Nell’ultimo anno accademico, quasi tutte le scuole hanno reintrodotto la didattica in presenza: il numero dipasti scolastici serviti agli studenti è aumentato notevolmenteed è stato leggermentesuperiore ai livelli pre-pandemici,secondo ilrapporto delFood Research & Action Center. Più di34 milioni di persone statunitensi, tra cui 9 milioni di bambini, vanno incontro ainsicurezza alimentare, secondo il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti. In altre parole, non hanno sempre a disposizione cibo, sia per quantità che per qualità. Secondo i ricercatori, questi 9 milioni di bambini hannomaggiori probabilità di avere difficoltà accademiche o di incorrere in bocciature.

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