Se per un attimo, distratti dalle crisi climatiche ed energetiche, forse ci siamo dimenticati dell’enorme problema da inquinamento da plastica, un nuovo impressionante dato ci ricorda che l’emergenza non è affatto finita:nell’oceano ci sono 171 trilioni di particelle di plastica. Una quantità gigantesca: se messe insieme peserebbero2,4 milioni di tonnellate. A fornire il nuovo dato è un team di scienziati che ha analizzato i dati raccolti tra il 1979 e il 2019 in 12.000 siti di campionamento tra Atlantico, Pacifico, Indiano e Mediterraneo e ha realizzato uno studio pubblicato suPlos One. Quanto osservato dagli esperti è un aumento“rapido e senza precedenti” dal 2005 al 2019, quasi quindici anni in cui la quantità di plastica presente negli oceani appare «molto più alta rispetto alle stime» ha spiegato a esempio Lisa Erdle, del centro innovazione5 Gyres Institute. Il problema, sostengono gli esperti, è che senza politiche urgenti per frenare l’inquinamento, la velocità con cui la plastica entra dai fiumi ai maripotrebbe aumentare di circa 2,6 volte da qui al 2040. Tenendo anche conto delle difficoltà di riciclare questo materiale (appena il 10% all’anno), è evidente come aumentano i rischi degli impatti sull’ambiente, con centinaia di migliaia di specie oggi a rischio proprio a causa di questo materiale, motivo per cui servono «urgentemente misure e politiche incentrate sulla riduzione e il riutilizzo delle fontipiuttosto che sul riciclaggio e la pulizia». Come ha spiegato Edward Carpenter dell’Estuary & Ocean Science CenterdellaSan Francisco State University«sappiamo che l’oceano è un ecosistema vitale e abbiamo soluzioni per prevenire l’inquinamento da plastica. Ma l’inquinamento da plastica continua a crescere e ha un effetto tossico sulla vita marina. Ci deve essere una legislazione per limitare la produzione e la vendita di plastica monouso o la vita marina sarà ulteriormente degradata. Gli esseri umani hanno bisogno di oceani sani per un pianeta vivibile». Anche per Marcus Eriksen del5 Gyres Institute Marcus Eriksen«l’aumento esponenziale delle microplastiche negli oceanidel mondo è un duro avvertimento che dobbiamo agire ora su scala globale, smettere di concentrarci sulla pulizia e il riciclaggio e inaugurare un’era dicorporate responsibilityper l’intera vita delle cose che producono le imprese». Una delle speranze per riuscire a cambiare rotta in termini di inquinamento da plastica arriva – oltre che dalTrattato per l’Alto Mareappena raggiunto – dal lavoro che le Nazioni Unite stanno facendo per creare untrattato globale legalmente vincolante sulla plastica entro il 2024,un sistema che sarà in grado diaffrontare l’intera ciclo di vita della plastica, dalla produzione sino allo smaltimento. Ci sono ancora contrasti per arrivare a un’intesa, ma c’è allo stesso tempo la consapevolezza che con le stime attuali, ovvero quelle che indicano come la produzione di plastica potrebbe quadruplicare da qui al 2050, non c’è più tempo da perdere. Come spiega Ana Rocha, direttrice esecutiva dell’organizzazione Nipe Fagio, «il Trattato globale sulla plastica è l’occasione altrimenti mancante per progettare uno strumento legalmente vincolante che affronti l’intero ciclo di vita della plastica e promuova la giustizia ambientale. Le comunità vulnerabili, soprattutto nel Sud del mondo, non devono continuare a favorire il profitto di aziende e Paesi, soprattutto nel Nord del mondo. La nostra dignità deve essere rispettata e valorizzata». Del resto, chiosa Judith Enck, presidente di Beyond Plastics, non possiamo più aspettare, «il problema è già dolorosamente chiaro: la plastica si accumula nei nostri oceani, l’aria, il suolo, il cibo e i corpi».
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