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Le persone Lgbtq+ si dimettono per fuggire dalle molestie

 

Immagina di fare il lavoro che hai sempre sognato, oppure quello di cui sai di aver bisogno per vivere ed essere indipendente. Immagina di impegnarti per averlo; immagina di ottenerlo. Ora, invece, di perderlo o di essere costretto a lasciarlo, a causa di continue vessazioni e commenti non richiesti. C’è chi tutto questo non lo deve immaginare, perché lo vive o lo ha vissuto: ədipendentilavoratorəappartenenti allacomunità Lgbtq+(più di 8 milioni di persone negli Usa) che, almeno una volta nella vita, hanno dovuto scontrarsi con realtà di disagio e conflitto, attraversodiscriminazioni esplicite sul posto di lavoro o micro aggressioni. Secondo ilCenter of American Progress (Cap),nel 2022 il 50% delle personeLgbtq+intervistate ha dichiarato di aversubito forme di discriminazione o molestia sul posto di lavorocausa del proprio orientamento sessuale o della propria identità di genere, mentre la percentuale è esplosa al 70% per ə intervistatə transgender. La conseguenza è, quasi nella totalità dei casi, unlicenziamento spontaneo deəi dipendenti,con l’obiettivo (e la speranza) di trovare una maggiore serenità psicologica in nuovi posti di lavoro. Lo studio del 2021 delWilliams Institute on Sexual Orientation and Gender Identity Law and Public Policy, infatti, ha mostrato chepiù di un terzo deədipendenti Lgbtq+ statunitensi ha abbandonato il posto di lavoroa causa del modo in cui veniva trattato dal datore di lavoro in base al suo orientamento sessuale o alla sua identità di genere. Forme velate e contemporanee dimobbing sul lavoro. Vessazioni ingiustificate,frutto di norme sociali e culturalisecondo cui “l’eterosessualità” coincide con la normalità. Una specie di caccia alle streghe. Ed è così che la caccia si trasforma in insulti (alcuni più velati altri meno), occhiate di troppo e commenti non richiesti, espressi per togliere dignità, per far sentire sbagliatə e diversə. Ma la strega chi è? A quanto pare, l’ha deciso l’immaginario comune, le “altre” persone. E così, sempre nello studio delWilliams Institute,più della metà deə dipendenti Lgbtq+ intervistatə ha dichiarato dinon essere aperto riguardo la propria identità o l’orientamento sessuale con i propri datori dilavoro,mentrepiù di un quarto ha risposto di non sentirsi liberə di esprimersi con i propri colleghi.La conseguenza è un’inevitabile demoralizzazione, una significativaperdita di serenità psicologicae un elevato picco di conflitti nel contesto lavorativo, causato da un profondo senso di insoddisfazione personale. Come ha sottolineatola ricerca delChartered Institute of Personnel and Development(CIPD),nel 2021 ə lavoratorə britannicəLgbtq+hanno riportato livelli più elevati diconflittualità sul posto di lavoro rispetto ai lavoratori eterosessuali e cisgender: il 40% deə dipendenti ha affermato di aver vissuto uno scontro sul posto di lavoro negli ultimi 12 mesi. Molti di questi conflitti, inoltre, non sonomai stati completamente risolti(per il 44% deə lavoratorə Lgbtq+; il 38% ha affermato che erano stati risolti solo in parte). Inadeguatezza, malessere, insoddisfazione, umiliazioni: i dipendenti decidono di fuggire via, scegliendo le dimissioni. Ma una soluzione (o meglio, un tentativo) potrebbe esserci. Oggi nelRegno Unito,l’Equality Actdel 2010 offre aə lavoratorə Lgbtq+ la possibilità dipresentare un reclamo, mentre nel 2020 laCorte Suprema statunitenseha stabilito con la causaBostock vs Clayton Countyche ilCivil Rights Actdel 1964 (che per decenni ha protetto solo i lavoratori dalla discriminazione sulla base di “razza, colore, religione, sesso o nazionalità dell’individuo”) deveproteggere anche i dipendenti Lgbtq+.Un’altra battaglia, quella legale, che in pochissimə decidono di combattere. Fortunatamente, seppur in maniera estremamente lenta, il panorama lavorativo sembra oggi pronto a cambiare e a colorarsi: all’inizio di quest’anno, per esempio, Jessica Nichols ha lanciatoJobs With Pride, unabacheca di lavoro dedicata aə dipendenti Lgbtq+per cercare punti di incontro con aziende gay friendly. Sulla piattaforma è possibile pubblicare solo offerte di lavoro con aziende che detengono riconoscimenti di inclusione, come per esempio premi consegnati dai principali enti di beneficenza Lgbtq+. Le aziende più piccole, invece, che ancora non hanno ottenuto alcun riconoscimento di inclusione devono ricevere 5 raccomandazioni diverse dalla comunità Lgbtq+ per soddisfare i criteri di pubblicazione degli annunci. Un primo piccolo, ma significativo, passo per restituire una serenità lavorativa che non sempre è garantita.

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