Quanto inquina un film?È possibilericonvertire l’industria cinematograficain una prospettiva disostenibilità? Può oggi il settore dotarsi di protocolli d’avanguardia, in linea con lerichieste delle comunità internazionali? A questi interrogativi, fino a oggi poco esplorati, tenta di rispondeMarco GisottiinEcovisioni – L’ecologia al cinema dai fratelli Lumière alla Marvel – in 100 film e 5 percorsi didattici(Edizioni Ambiente,21 euro, 320 pagine) È vero, lasettima arteha sempre raccontato (direttamente o indirettamente) l’ambientalismo.Se dovessi stilare una lista di titoli “ecologisti”, quali troveresti? E soprattutto, quanti generi, stili e correnti, tra loro apparentemente incompatibili, ti verrebbero in mente? Magari citeresti il recente sequel diAvatardi James Cameron o, perché no, anche l’ultimo successo delMarvel Extended Universe,Black Panther: Wakanda Forever, in cui temi come la redistribuzione si mescolano a sorpresa con la narrazione postcoloniale. I lettori e le lettrici piùcinéphilepotrebbero andare ancora più indietro nel tempo, alla scoperta dei più grandi cult e capolavori del passato: d’altronde, come si può parlare dell’ultimoSiccitàdi Paolo Virzì, senza pensare al film che, probabilmente per primo, indagò le implicazioni politiche legate alla crisi idrica, ovveroChinatowndi Roman Polanski? Energia, mobilità, sovrapproduzione, rifiuti, diritti civili, animalismo, abusi edilizi e tanto altro: come ben spiegato da Gisotti, non c’è argomento da cui il cinema, indipendentemente dalle stagioni e dai suoi protagonisti, si sia mai sottratto. Incredibile a dirsi, questo pensiero è rintracciabile fin dalle origini della settima arte, quand’era ancora ben lontana dall’auto-accreditarsi come la “fabbrica dei sogni”. Nel suo libro, l’autore suggerisce infatti un percorso che trova come precursori gli stessi artefici del “cinematografo”: iFratelli Lumière. Risale infatti al 1897, 2 anni dopo le prime proiezioni pubbliche della storia, la realizzazione del”primo film ecologista mai realizzato”, come riconosciuto dal critico francese Bertrand Tavernier. Kamill Serf, operatore di macchina e stretto collaboratore dei Lumière, immortalò nell’Azerbaigian un pozzo petrolifero in fiamme. Nonostante la breve durata, lo stile minimale e la forma non ancora narrativa, quelle immagini sembravanoanticipare le eco-ansie dell’era contemporanea. La domanda a questo punto sorge lecita: nell’era della riconversione ecologica, come si colloca il cinema? Nonostante questa “vocazione” ambientalista,è possibile dire che l’audiovisivo si stia oggi interrogando sugli impatti prodotti dalla sua filiera e dalle proprie industrie?Tra report scientifici e letture storico-critiche sull’immaginario green, Gisotti propone unaguida interdisciplinare,un utile strumento per comprendere il presente e il futuro di un’arte “in transizione”. L’obiettivo? Ripensare a un cinema all’altezza della sua stessa vocazione.
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