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Nord Africa: perché aumentano le importazioni di petrolio russo?

 

L’embargo petroliferodispostoa inizio febbraio dall’Ue per i prodotti russi (diesel, nafta, cherosene e altri derivati, per circa 1 milione di barili al giorno) non ha diminuito le esportazioni della Federazione Russa, che sono state reindirizzatefuori dal continente europeo.In particolare, inNord Africa. IlMaroccoha visto un aumento delle importazioni fino a2 milioni di barili russi,partendo da una base di 600.000 nel 2021. LaTunisiaha seguito un percorso simile, salendo fino a3 milioni di barili importati. Una serie di aumenti improvvisi non giustificabili dai consumi ridotti delle nazioni nord-africane. Una possibile spiegazione del fenomeno è da ricercare nella triangolazione commerciale predisposta dalla Russia per evitare l’effetto delle sanzioni occidentali, sfruttando Paesi terzi e aziende internazionali con sede legale fuori dell’Unione Europea. In questo modo,Moscapuò continuare a vendere le risorse fossilie i suoi prodotti sanzionati anche alle Nazioni europee: «Fidatevi, non stiamo osservando una qualche rinascita della capacità di raffinazione del Maghreb» hadichiaratoViktor Katona, analista senior del settore petrolifero per la societàKpler. La triangolazione è sostenuta e favorita anche dallacooperazione economica e finanziariaimplementatadallaTurchia, daiPaesi del Golfo,daSingaporee daHong Kong,che hanno permesso di creare numerose nuove società di import&export legate al settore petrolifero, con una struttura finanziaria “opaca”. Negli ultimi 12 mesi, molte di queste compagnie commerciali hanno preso il controllo delle gestione dei derivati petroliferi russi, sottraendolo alle società occidentali. «Ne vedrai sempre di più di queste aziende, i loro nomi continueranno a cambiare e diventerà sempre più difficile sapere chi c’è dietro di loro» haaffermatoun veterano trader europeo che ha lavorato per la Russia per quasi 30 anni. Itentativi occidentali di fermare la macchina bellica russae di causare danni economici al regime di Putin sono stati in parte fermati dalle strutture economiche della globalizzazione e dalrifiutodi diverse Nazioni africane, asiatiche e sud americane di imporre sanzioni economiche. Inoltre, i continui divieti commerciali europei e americani non hanno impedito alle multinazionali occidentali di continuare a mantenere le filiali russe, operando in stretto contatto con Mosca. Secondo il recentestudiocondotto dal professore Simon Evenett, dellaUniversity of St.Gallen, e dal professore Niccolò Pisani, dell’International Institute for Management Development(Imd),solo il 9% delle aziende occidentali ha disinvestito dalla Federazione russa.

Redazione

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