L’indagine#StoryKillersparte dall’assassinio della giornalistaGauri Lankesh,avvenuto nel 2017 prima della pubblicazione del suo articoloIn the Age of Fake News,che denunciava le “fabbriche di bugie” nell’India centrale. A partire dallo scorso anno,più di 100 giornalisti di 30 media in tutto il mondo, coordinati dall’organizzazioneForbidden Stories, hanno continuato il lavoro di indagine sulladisinformazioneglobale. La missione è continuare adar voce ai giornalisti minacciati, imprigionati o assassinatie a portare avanti il lavoro sul “disvelamento delle tenebre”. Per la prima volta, un consorzio internazionale di reporter investigativi indaga sul business oscuro dei mercenari delladisinformazioneche operano nel mondo, dall’Arabia Saudita agli Stati Uniti. Il problema principale di questa minaccia globale è che spesso è invisibile ma, come dimostra ilrapporto dell’Oxford Internet Institute, nel 2021 oltre 81 Paesi hanno fatto ricorso a campagne organizzate di manipolazione sui social media. I media partner diStory KillerssonoThe Guardian,Observer,Le Monde,The Washington Post,Der Spiegel,ZDF,Paper Trail Media,Die Zeit,Radio France,Proceso,OCCRP,Knack,Le Soir,Haaretz,The Marker,El País,SverigesTelevision,Radio tèlévision Suisse,Folha,Confluence Media,IRPI,IStories,Armando Info,Code for Africa, Bird, Tempo Media. Cerchiamo di ripercorrere le tappe del progetto con ordine. Diritto all’oblio La storia inizia con una email del 2 febbraio 2021 ricevuta da Lorenzo Bagnoli, giornalista diIrpiMedia(testata indipendente e no profit di giornalismo investigativo transnazionale), in cui viene chiesto dirimuovere un articolo(a cui si fa riferimento nel testo della mail) e di deindicizzarlo, oppure di sostituire le generalità del protagonista con le sole iniziali di nome e cognome, partendo dall’idea che quella sia unanotizia vecchia e inattuale. Il mittente dell’email fa riferimento alGeneral data protection Regulation(Gdpr), un regolamento europeo che disciplina il trattamento e la circolazione dei dati personali di cittadini e organizzazioni. Per quanto sia complesso metterlo in atto, il regolamento Gdpr è oggi la più avanzata legge in materia di tutela dellaprivacyesistente. Ma quando un dato è necessario per l’esercizio della libertà di espressione e diinformazione, bisognadecidere caso per caso quale diritto debba prevalere. In Italia e in Europa la tendenza è quella di applicare il diritto all’oblio, come indicato anche dall’ex Ministra della giustizia Marta Cartabia, che ha introdotto la norma che, a partire dal 2023, permette a chi è stato assolto o archiviato di chiedere la deindicizzazione dei propri dati personali. L’email in questione era firmata daRaúl Sotoe utilizzava dei domini riconducibili in modo fraudolento (ma questo si è scoperto solo dopo) alla Comunità Europea. Dopo alcune indagini, Lorenzo Bagnoli, con la consulenza legale dell’Ordine dei giornalisti di Milano, ha deciso diignorare la richiesta. Web Reputation Il vaso di Pandora è stato quindi aperto: certamente un giornalista deve analizzare le richieste pervenute anche da possibili email “spam”: contestare gli articoli è un diritto e correggerli in caso di errore è un dovere per chi scrive. A volte, però, si tratta davvero diripulire la vicenda,facendola addirittura sparire. Nel mondo esistono diverse aziende diweb reputationche si occupano dicurare l’immagine pubblica di aziendeo di volti noti,cercando dicancellare possibili errori del passato:l’importante è che non vengano adottate tecniche fraudolente per arrivare all’obiettivo, come del caso dell’avatar Raúl Soto. Soto lavorava infatti per un’azienda che specializzata nella manipolazione dell’indicizzazione dei siti web. Per scoprirlo, è servito un database di50.000 documenticheForbidden Stories,grazie all’inchiestaStory Killers,ha portato alla luce. L’indagine, infatti, nasce proprio per comprendere queste tecniche illegali di “pulizia” della web reputation, che sfociano in disinformazione. Eliminalia Tord Lundström, direttore tecnico dell’organizzazione no profit svedeseQurium,che si occupa diproteggere i media indipendentinel campo dei diritti umani, ha scoperto che leemaildi Raúl Soto e di altri aliaspartivano sempre dall’Ucraina,da un’organizzazione che si chiamaEliminalia, fondata nel 2013. La sede principale è in Spagna ma ci sono uffici ovunque nel mondo e in un volantino del 2018 dichiaravano di aver rimosso oltre 10.000 link. La missione diEliminaliaè appunto quella difar sparire ciò che non è gradito ai propri clienti. Quando fai una ricerca, Google presenta in alto i risultati capaci di ottenere più click. Il 92,81% degli utenti desktop del motore di ricerca clicca solo i link che si trovano nella prima pagina, come dimostrato dalrilevamento diSqueezeMind.Eliminalia,quindi, deve fare in modo di cancellare il link fastidioso dalla prima pagina di Google, andando ainfluenzare l’algoritmoche stabilisce la classifica dei risultati del motore di ricerca. Per farlo si iniziainviando email intimidatorie, come quella di Raúl Soto, da indirizzi come egal-abuse.eu@pec.it o italy@abuse-report.eu. Si passa poi all’attaccochiedendo direttamente aGoogledi rimuovere il link. Nel caso diEliminalia, falsi impiegati di gruppi editoriali in Italia hanno depositato centinaia di richieste per rimuovere articoli in italiano. Si crea un articolo retrodatato chiedendo la rimozione della notizia originale fastidiosa. Se Google ci casca, l’obiettivo diEliminaliaè raggiunto.Rimettere un contenuto online è un procedimento piuttosto complesso:a ogni modo, si finirebbe poi a essere inseriti nelle seconde o terze pagine di Google.Eliminaliavincerebbe comunque. Nel 2022 sono state depositate 1,4 milioni di richieste per 5,3 milioni di link. Le domande sono tante; le rimozioni, per fortuna, meno. Fake news e Backlinking Ma quando la email intimidatorie e la richiesta a Google non bastano, si passa alladiffusione dellefake news. L’indagine ha mostrato cheEliminaliaha prodotto oltre 3.000 articoli falsi, raccolti su 600 siti web, collegati ai nomi di circa 48 clienti. Una volta prodotto l’articolo bisogna farlo apparire in cima ai risultati di ricerca erenderlo più cliccabile di altri.Per ottenere questo risultato, si condividono i link su forum e blog. Per decidere la posizione di un link tra i risultati di una ricerca, Googleprende in considerazione il numero di volte che quel link è stato incluso in altri siti web:questa tecnica si chiamabacklink.Per manipolare i risultati, e quindi l’informazione finale degli utenti (che si fermano ai primi risultati di una ricerca) bastacreare backlink verso siti web fasulli. Ma quanto costa questa operazione? Dall’indagine di#StoryKillersemerge che per rimuovere un singolo link si paga tra i 200 e 2.000 euro. Tra i clienti diEliminaliaci sono anche italiani.
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