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I cacciatori tutelano l’ambiente?

 

Ilcacciatorecomepaladino e presidio della biodiversità. È la prospettiva inedita, in parte controversa, espressa daColdirettiin occasione dell’evento ‘Custodi della biodiversità’ che si è svolto il 24 febbraio a Roma alla presenza del ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle ForesteFrancesco Lollobrigida. Nel corso della mattinata è stato firmato ilprotocollo per la qualificazione dell’attività faunistico-venatoria, presentato dall’associazioneAbAgrivenatoria Biodiversitalia–nataa luglio dello scorso anno dall’alleanza tra Coldiretti e Cncn (Comitato Nazionale Caccia e Natura) – insieme a Coldiretti,FederparchieFondazione Una(Uomo, Natura e Ambiente). Obiettivo del documento, si legge nelcomunicatodiffuso da Coldiretti, è «quello didefinire una nuova posizione per le Aziende Faunistico-Venatorie in Italia, attraverso proposte di aggiornamento delle normative che regolano il settore per agire in maniera coordinata sulle cause che stanno portando allariduzione della biodiversitàche caratterizza il nostro paese e alla ridotta produttività delle attività agricolo-faunistiche». Tra i punti salienti del manifesto d’intenti c’è “laqualificazione dell’attività faunistico-venatoria in coerenza con l’ordinamento europeo, attraverso il riconoscimento delle attività faunistico-venatorie al pari delle attività agricole ai fini delmantenimento degli ecosistemi, della fauna e della flora selvatiche”. La tesi di fondo è questa: la caccia opera da “selezione artificiale” contro le specie più invasive presenti in natura, quindi come tale va preservata e tutelata. Giampiero Sammuri, presidente diFederparchi, apre anche alla possibilità di estenderla ad altre specie, mentreEttore Prandini, presidente nazionale diColdiretti, parla di «demagogia» e «demonizzazione» del ruolo del cacciatore, e auspica che le attività faunistico-venatorie siano messe al centro di un percorso educativo a partire dalle scuole primarie. Anche trascurando lo specismo intrinseco di queste posizioni, e pur ribadendo la condanna al bracconaggio – come faMaurizio Zipponi, presidente diFondazione Una–, l’impressione è che per abbattere il numero dei reati si voglia estendere la platea di ciò che è legittimo anziché colpire gli illeciti e inasprire le pene, e che ci si sforzi di trovare unrisvolto ambientalista alla passione venatoria. Affermando questo non si vogliono assumere posizioni ideologiche o preconcette, ma ragionare, pur avendo a cuore l’interesse delle nostrefiliere produttive, al di là di possibili interessi di categoria a partire dai dati oggi disponibili. Secondo ilrapporto“La tutela della fauna selvatica e il bracconaggio in Italia” pubblicato daLegambientelo scorso anno,la normativa vigente tutela solo l’1,1% delle specie animalipresenti sul territorio nazionale. «Il numero complessivo di specie dimammiferi e uccelli cacciabiliin Italia corrisponde oggi a ben 48 specie e rimane in assoluto uno dei più alti in tutta Europa, moltosopra la media europeache si ferma a 27 specie cacciabili», afferma Legambiente. Inoltrela caccia serve davvero a tutelare l’ambiente? Prendiamo a titolo di esempio icinghiali, diventati l’emblema del dibattito sul tema. Nel periodo 2015-2021, secondo un’indaginediffusaall’inizio di quest’anno dall’Ispra(Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale), gli ungulati hanno causatodanni all’agricoltura per circa 120 milionidi euro. Ma è significativo notare che nello stesso periodo i cosiddetti “prelievi”, come vengono altrimenti chiamati gliabbattimenti, hanno registrato unincremento del 45%. In media sono stati uccisi circa 300.000 cinghiali l’anno: di questi l’86%in regime dicaccia ordinaria, appena il14%in attività dicontrollo faunistico. «Questo costante aumento del fenomeno su scala nazionale – si legge nellanotariportata dalle agenzie di stampa – richiede l’adozione urgente di unastrategia di intervento nazionaledisegnata sulla base delle più aggiornate conoscenze scientifiche, che integri interventi di prevenzione dei danni e di contenimento delle popolazioni, e che assicuriprelievi selettivie pianificaticoerentemente con l’obiettivo prioritario di riduzione dei danni». C’è da augurarsi perciò che l’Esecutivo elabori una strategia coerente con questa analisi, anche se ilcontestatoemendamentoche a dicembre ha ottenuto il via libera dalla commissione Bilancio della Camerasembraandare in tutt’altra direzione.

Redazione

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