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Fashion Week: arriva la moda indigena canadese

 

L’appuntamento tanto atteso dagli amanti dellamoda, ma anche dalle influencer pronte a immortalarsi con i look più cool possibili, è arrivato:laMilano Fashion Week. Insieme a Parigi e New York, il capoluogo lombardo è senza alcun dubbio ilpolo di attrazione principale per le case di moda più blasonate, che stanno presentando questa settimana le lorocollezioni autunno inverno 2023in un clima che sembra essere tornato a quello pre pandemico:sfarzotanto, movimento tantissimo,glamoura pioggia. Come spesso accade però,gli eventi più curiosi sono quelli collaterali. Questa volta ad attirare l’attenzione è quello che accadrà da domani al 27 febbraio all’interno diWhite Milano, neglispazi di Superstudio più di via Tortona, dove 7 designer dell’organizzazione no profitIndigenous Fashion Artsdi Toronto esporrannoabiti e accessori appartenenti alla cultura indigena nord americana. Poco nota ma ricca di suggestioni, stili e pezzi unici, lamodadi questa area del mondo è sempre rimasta ai margini, così come lo sono le popolazioni indigene canadesi.Inuit, Métis e Prime Nazioni, infatti, pur vantando una cultura ricchissima sono nei secoli spesso stati vittime di soprusi, violenze e tentativi di smantellamento. Fortunatamente non si è riusciti nell’intento di cancellarne l’esistenza e tanto meno l’identità e non è azzardato affermare che il loro riscatto possa passare anche dalla moda. Tra coloro che esporranno a Milano ci sarannoLesley Hampton, designer e modella curvy di Temagami, in Ontario, nota soprattutto per i suoi capi sportivo e abiti da sera eEvan Ducharme, un artista Metis che attraverso vestiti sartoriali ispirati ai paesaggi del nord America difende i diritti dei popoli Cree, Ojibwe e Saulteaux. E ancora,Justin Louisoriginario della Samson Cree Nation e creatore del brand di streetwear Section 35, che ha recentemente collaborato con Foot Locker Canada;Dorothy Grant, che crea abiti e accessori con motivi tribali,Robyn McCloud, che si ispira al futurismo,Niio Perkins, designer di accessori in perline irochesi eErica Donovan, che realizza gioielli ispirati alla sua terra, e in particolare alla cultura Inuit. L’evento milanese è frutto di una partnership commerciale tra laIndigenous Fashion ArtseWhite Milano, mediata dall’Ambasciata canadese in Italia. «I nostri obiettivi sono celebrare, sostenere, presentare e supportare i designer indigeni nel settore», ha affermato ladirettrice diIndigenous Fashion Arts, Sage Paul, svelando che oltre ai modelli esposti, sempre a Milano si terrà una rotonda su cosa sia la moda indigena e su come lavorare con i designer che se ne occupano, con la speranza difarla conoscere sempre di piùe renderla presente alle fashion week del futuro. Una scelta sicuramente interessante, chepunta a rendere sempre più inclusivo un settore che, invece, nonostante i proclami più volte sbandieratimostra di non esserlo sempre troppo, come ha denunciatoStella Jean. La stilista a capo del collettivoWami(We are made in Italy), chesupporta i designerBipocitaliani, alla vigilia della Fashion week ha annunciato il suosciopero della fame, proprio per denunciare la poca inclusività dell’evento. «Nessuna promessa fatta dal presidente della Camera nazionale della moda italiana è stata mantenuta», ha detto, riferendosi al fatto che proprio la Camera abbia ridotto significativamente il sostegno economico a Wami, al punto da renderne impossibile la partecipazione a questa Fashion Week. Per protestaStella Jean non sfilerà nemmeno con il suo marchioe a prescindere dai torti o le ragioni di questo preciso avvenimento, con la Camera della moda che sostiene di aver trovato per loro soluzioni più che favorevoli, è un peccato che tra tanto glamour standardizzato e a volte sempre uguale a se stesso, pensato da bianchi, per bianchi in un mondo di bianchi, manchi una rappresentazione diversa e fondamentale come quella di Wami. Per fortuna ci sono gli indigeni canadesi, ma questo, di certo, non basta.

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