Dopo aver accolto la sua confessione le metteva «le mani nelle mutandine». Erano gli anni ’70 quando laparrocchiadi un paese delPortogallodiventò teatro di un incubo per una bambina di 11 anni: «Mi ha chiesto di dire i miei peccati e, quando ho detto che avevo fatto qualcosa di stupido e detto parolacce,mi ha toccato ovunque». È una delle512 testimonianzeraccolte nelrapporto sugliabusisessuali nella chiesa portoghese,a cui si aggiungono altri 4.303 casi denunciati da persone diverse dalle vittime. Si stima chedal 1950 al 2022sarebbero state quasi5.000le storie di abusi commessi soprattutto da esponenti del clero di uno dei Paesi più cattolici al mondo. Ma il rapportoDare voce al silenzio, realizzato da una commissione indipendente, potrebbe essere solo la punta dell’iceberg diuna piaga con cui la Chiesa cattolica cerca di fare i conti senza trovare pace. È possibile, infatti, che i casi registrati siano solouna parte di quelli effettivamente avvenuti dal 1950.A dirlo, durante la presentazione dell’indagine, è stato il neuropsichiatra infantilePedro Strecht, a capo della commissione. La stima di4.815 vittime, ha spiegato, è statacalcolata sulla base delle testimonianzedi alcune persone che hanno scelto di raccontarsi e di fare anche i nomi di chi, come loro, avrebbesubito la stessa violenza. Le vittime Oggi le vittime avrebbero in media poco più di 50 anni.Il 43% di loro ha raccontato la sua storia per la prima volta alla commissione di indagine, a distanza di decenni dai fatti denunciati, con il risultato chesolo in 25 casi si potrà agire penalmenteperché in tutti gli altri è già intervenuta la prescrizione. È per questo motivo che, tra le raccomandazioni allegate al rapporto, si suggerisce di ampliare i termini per denunciare gli abusi estendendoli fino al 30° anno di età e non più fino al compimento dei 23, come prevede attualmente la legislazione portoghese. Superati i 18 anni, infatti, si è considerati “adulti vulnerabili”. Si tratta una fase della vita in cui, molto spesso, non si è ancora pronti a raccontare violenze simili e, ancor meno, a denunciarle. Complice il clima socio-culturale di un Paese come ilPortogallo, con l’80% della popolazione di confessione cattolica.A ciò si aggiunga lo stigma di una ferita silente che, come spiegato dallopsicologo Daniel Sampaio, provocasintomi psicopatologici per tutta la vita nel 60% dei casi. Si tratta di disturbi d’ansia, di depressione, ma anche di disturbi del sonno e dell’alimentazione, fino ad arrivare a casi di dipendenza da alcool e droghe. Le storie raccontate nel rapporto si sono sviluppate prevalentementetra gli anni ’60 e ’90.Nel77%dei casi,l’abusatore è stato un sacerdote, mentrel’età media delle vittime varia tra i 10 e i 14 annisenza una grande differenza percentuale tra maschi (52%) e femmine (48%). 1 minorenne su 3 ha rivelato chegli abusi sono durati più di un anno. Tutti hanno parlato di luoghi considerati socialmente sicuri come la chiesa, il seminario o la canonica della parrocchia. Il confronto con gli abusi nella chiesa italiana Il lavoro prodotto dalla commissione ha aperto l’ennesima voragine nel mondo della chiesa cattolica, da quandopapa Francesco ha sollecitato indagini nei vari Paesi. Prima del Portogallo, infatti, altri report sono stati prodotti inAustralia, inGermania, neiPaesi Bassie inFrancia. Nel Paese d’oltralpe, il presidente della Conferenza episcopale franceseÉric de Moulins-Beaufort parlò di una«dimensione sistemica» delle violenzeemerse dall’indagine che – nel 2021 – certificò circa 330.000 abusi negli ultimi 70 anni. Una presa di coscienza che non cancella il trauma, ma che conduce a riflessioni profonde. Quelle che inItalianon ci sono ancora state, semplicemente perché ilprimo rapporto sulla pedofilia nella chiesa italianaha preso in esame solo gli abusi consumati tra il 2020 e il 2021,per un totale di 89 presunte vittime. Il report ha consentito di tracciare l’identità di 68 presunti autori di reato di cui 30 chierici, 23 laici – come insegnanti di religione, sagrestani, animatori di oratorio, catechisti, responsabili di associazione – e 15 figure religiose. In ogni caso,si tratta di un dato parzialese confrontato alle indagini svolte in altri Paesi e, in più, limitato da un momento storico particolare: quello dei continuilockdowncausati dall’emergenza sanitaria. L’Italia, tuttavia, rappresenta l’unico Paese in cuiil rapporto non è stato commissionato a una commissione indipendente, ma è stato realizzato dalla stessaCei-Conferenza episcopale italiana- che ha pensato di attivareazioni di accompagnamentoalle presunte vittimee «percorsi di riparazione, responsabilizzazione e conversione, compresi l’inserimento in “comunità di accoglienza specializzata”» per i presunti autori di reato. Come anticipato, invece,in Portogallo la commissione d’indagine ha richiesto l’istituzione di una nuova commissionecon membri interni ed esterni alla Chiesa percontinuare lo studioavviato e ha formulato una serie di indicazioni – in tema di denuncia degli abusi, di prevenzione, e di terapia per le vittime – per superare il problema. Entro fine mesela commissione consegnerà alla Chiesa portoghese un elenco con i nomi dei presuntipedofiliemersi dall’indagine, mentre il 3 marzo è attesa una riunione straordinaria con la Conferenza permanente dei vescovi portoghesi. Ad agosto, invece,Papa Francesco raggiungerà Lisbonadove non è escluso che possa incontrare alcune delle vittime per dar seguito alla sua«tolleranza zero» contro gli abusi.
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