«Gli smartphone sono un po’ come la Tv degli anni ’70.I genitori tentavano di limitarne l’utilizzo a 2 o 3 ore al giorno, ma poi i ragazzini andavano a guardarla da qualche altra parte, a casa degli amici o dei compagni di classe. Con inuovi deviceabbiamo la riproposizione, in modalità e dimensioni diverse, di un problema vecchio». A parlare èLaura Dalla Ragione, psichiatra e psicoterapeuta, fondatrice dellaRete per i Disturbi del Comportamento Alimentaredella USL 1 dell’Umbria e docente al Campus Biomedico di Roma delCorso sui Disturbi del Comportamento Alimentare,a marzo in libreria – insieme a Raffaela Vanzetta – conSocial Fame. Adolescenza, social media e disturbi alimentari,edito daPensiero Scientifico Editore. L’American Academy of Pediatricsha osservato negli anni una vera e propriaimpennata del numero di bambini sul web:nel 2011, il 52% dei bambini da 0 a 8 anni aveva già accesso a dispositivi mobili come pc e smartphone; dal 2013, la percentuale è cresciuta del 75%; oggi l’età di utilizzo è scesa drasticamente e si stima che la maggior parte -oltre il 90% – dei bambini al di sotto dei 2 anni usi quotidianamente un dispositivo mobile. Il consiglio della dottoressa Dalla Ragione è di esercitare un certo controllo almeno fino ai 12 anni. «Per legge, in Italia, nessun minore sotto i 13 anni potrebbe iscriversi su un social network per esempio. Dopo, lo può fare, ma solo con l’autorizzazione dei genitori. Quello che succede nella realtà però è ben diverso.I bambini molto spesso usano unosmartphonepersonale già durante la scuola primariae aprono un profilo social prima di compiere 13 anni, semplicemente inserendo unadata di nascita falsa.Il grande problema è il cosiddetto “condizionamento esterno”, che rende quasi inevitabile a un certo punto l’acquisto di un cellulare da mettere nelle mani del bambino,una sorta di pressione sociale dovuta dai suoi coetanei». E continua: «In ogni caso, è fondamentaleinteressarsi ai contenuti che guardano, fare molte domande, cercare di mantenere sempre uno sguardo vigile». È d’accordoFrancesca Fiore,akaMamma di Merdainsieme aSarah Malnerich:«Avendo figlie di 12 e 9 anni,cerco di non assumere atteggiamenti tirannici o eccessivamente giudicanti.Sono consapevole del fatto che potrebbero trovare mille modi diversi per eludere i miei divieti, quindi,mi pongo di fronte al problema in modo diverso». Sono in ascesa, poi,app e software in grado di monitorare l’uso dei dispositivi e la navigazione web da parte dei bambini:Spazio Bimbi Parental Control(Android),Modalità sicurezza per bambini(Kid’s Shell, Android),Qustodio Free(Windows, Mac OS X, Android, iOS, Kindle, Nook),Norton Family(Windows, Android, iOS),KidLogger(Windows, Android, iOS),Controllo Genitori Screen Time(Android, iOS, Kindle) e tante altre, disponibili in versioni gratuite o a pagamento, con degli optional in più. Alcune si limitano a operare un controllo, altrepossono persino bloccare le attività online del bambino. «Personalmente, ancora non ne avverto la necessità – afferma Francesca Fiore – Per adesso, sento di avere un canale di comunicazione aperto con le mie figliesu questo fronte. Mi raccontano ciò che guardano e con la più piccola spesso e volentieri scrolliamo TikTok e gli altri social insieme. Ma, in caso contrario, potrei pensare di utilizzare applicazioni del genere per tenere sotto controllo la situazione». Lo studio dellaUniversity of Pennsylvania,pubblicato sulJournal of Social and Clinical Psychologye confermato da altre ricerche, ha riscontrato un nesso di causa-effetto trala quantità di tempo speso sui social network- come Facebook, Snapchat, TikTok e Instagram – e l’aumento di sindromi depressive, disturbi dell’ansia, iperattività e scarsa concentrazione nei bambini e nei ragazzi. Non a caso, da qualche anno si parla diFomoper definire lapaura di restare senza connessioni, tagliati fuori (dall’inglesefear of missing out). Una correlazione che sembra sussistere anche nel caso dei disturbi alimentari. «Un problema che arriva da lontano. C’èla tendenza da parte dei genitori a lasciare che i figli mangino in modo distratto. Addirittura ci sono mamme che allattano, scrollando lo smartphone o ordinando la spesa online. Giovani mamme lavoratrici, che senza un’adeguata rete di supporto, vivono la propria maternità, e tutte le nuove problematiche che comporta, in solitudine – continua Dalla Ragione. – Ma il neonato ha una visuale di 20 centimetri e per il resto vede tutto appannato.Quei 20 centimetri lo separano dallo sguardo della madreche non ricambia il suo sguardo, perchéconcentrata sullo smartphone.Queste dinamiche interferiscono profondamente nel rapporto con il bambino». In particolare, «i disturbi alimentari sono collegati a due questioni: una è la propria immagine corporea e l’altra è l’alimentazione, entrambe ampiamente trattate (non sempre nel modo più corretto) da social media,influencer, fitness blogger e food blogger. Un altro importante fattore è rappresentato dall’uso degli strumenti tecnologici da parte degli adolescenti, aumentato a dismisura tra il 2020 e il 2021. Questa sovraesposizione dei ragazzi ai social ha imposto nuovimodelli di magrezza,nuovi comportamenti alimentari,messaggi distorti legati alla propria immagine e una generalizzata insoddisfazione corporea». «L’età media di esordio di casi di bulimia e anoressia si è notevolmente abbassatanegli ultimi anni, arrivando a interessare anche la fascia compresatra gli 8-9 e gli 11-12 anni. Nel lavoro che svolgo all’USL e al Campus Biomedico, c’è una fase di anamnesi, in cui io e i miei colleghi poniamo una serie di domande per capire che tipo di pagine il bambino abbia visitato su TikTok o Instagram. Poi, discutiamo assieme a lui, con il supporto di psicologi e di nutrizionisti, le informazioni che ha appreso da internet,cercando di dare al ragazzo gli strumenti per capire la differenza tra informazione e disinformazione.Si tratta sempre di una discussione paritaria, laica e senza giudizio. Solo così ci si può avvicinare davvero alla sofferenza del paziente» Alla domanda a bruciapelo “rischio o risorsa?”,Francesca Fiorenon ha dubbi. «Naturalmente, dato anche il mio lavoro, sul piatto della bilancia tendono a pesare più i lati positivi che quelli negativi. Idevice digitalisono strumenti potentissimie di conseguenzapotenzialmente pericolosi,manon vanno demonizzati.Rappresentano ancheun’occasione di crescita imperdibile, un momento in cui il bambino/ragazzo sperimenta per la prima volta una certa indipendenza e una forma di responsabilizzazione rispetto alla figura genitoriale».
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