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Una Sanremo di soli uomini

 

E alla fine hanno vinto gli uomini. E alla fine ci hanno dedicato il primo premio, tanto non ci siamo. Sì, infatti, non solo i primi cinque classificati sono uomini. Sono uomini quelli che hanno deciso il palinsesto di una settimana di canzoni, quelli che hanno selezionato gli artisti che si sarebbero esibiti, quelli che avrebbero presentato, quelli che avrebbero intrattenuto, quelli che avrebbero fatto ridere, quelli che sarebbero stati gli ospiti d’onore, e quelli che no, e le pubblicità che si sono susseguite incessantemente come se fossero anch’esse parte dello spettacolo. Gli uomini.Quelli che hanno voluto per cinque giorni come figure centrali del Festival ancora e sempre uomini, e delle damigelle d’onore famose a fare come sempre da cornice, la parte delle “grechine”, bellissime, bravissime, intelligentissime – grazie, dei fiori, e dei monologhi a tarda notte, grazie! – quelle con glioutfitsu Instagram, a cercare di essere ineccepibili nelleperformancestudiate a tavolino da mesi, per poi vedersele non solo criticare da tutta Italia ma anche “sputtanare” – scusate il francesismo – da mariti deficienti che si prestano a giochi grevi del primo idiota che abbassa il livello di uno spettacolo costosissimo, a bordello. E non è per perbenismo o per fastidio del sesso che rimango allibita da una performance come quella di Rosa Chemical, ma perché per cinque giorni le ragazze che si sono susseguite sul palco – da Madame e Ferragni, da Elodie ad Ariete, da Levante a Fagnani, da Francini a Paola e Chiara – hanno caparbiamente cercato di dimostrare che siamo uguali, che siamo pari, chenon c’è niente che ci manca per governare un palcoscenico come quello di Sanremo.Con gentilezza, con sobrietà, eleganza, con studio, con abnegazione e tante volte anche col silenzio. Perché lo sappiamo che alle donne manca solo la volontà di chi governa il Festival per governare il Festival. E infatti, pur stimandolo, mi fa sorridere il commento di Ernesto Assante di Repubblica, che parla della vittoria dell’inclusione e del talento. L’inclusione c’è quandosi selezionano chirurgicamente persone “diverse” per creare un panorama chimicoche non potrebbe aver luogo se non con innesti selezionati? O c’è quando si è pari davvero? O quando a capo delle decisioni di Sanremo ci sarà una donna? Qui, l’inclusione – come sempre – è stata parte di un progetto maschile (difettoso, impreciso, sbadato, inadeguato anche, vista la gaffe con Mattarella) che ha gentilmente accolto presenze femminile eregalato loro degli spazi di parola pur di non concedere spazio di governo.Cose già viste centinaia di volte in Parlamento, direi.Ma poi, poi è accaduto anche di peggio. Oltre il danno, la beffa. È accaduto che pur avendo dimostrato che questi spazi li sappiamo usare bene, dopo aver fatto tutto bene e in modo professionale, arriva Rosa Chemical che si reca da Fedez (che ci sta) simulando un atto sessuale (io credo, quello, molto peggio della limonata sul palco) e allora lì, io immagino Chiara Ferragni domandarsi: ma cosa sono salita a fare sul palco di Sanremo, perché mio marito per la prima volta mi prendesse in giro con una performance a sfregio? E allora, generalizzando. Arrivi in alto, più alto che puoi (anche se non veramente al governo del Festival) e quando tutto sta finendo per il meglio, tuo marito (che può farlo evidentemente, come anche quell’altro, e tu, invece, no, non potresti mai) manda tutto in vacca. È proprio vero, mancano decenni alla parità. Quante altre volte dovremmo mettere da parte l’orgoglio perché uno che è più o meno rilevante di te, quando stai brillando abbia così bisogno di tornare protagonista da riprendersi la scena a tutti i costi. Sono fiero di te, amore! Sì. Ma la prossima volta stai a casa.

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