Scritteadv piccolissimesu sfondi tono su tono o frasi del tipo «scusate ho dimenticato di specificare che si trattasse di una sponsorizzazione» suisociale networkpotrebbero avere le ore contate. Almenoin Francia,dove sta per essere discussauna legge per regolare il lavoro degli influencer. Da tempo nel Paesesi dibatte di questo tema, a causa di alcuniepisodi sgradevoliche hanno avuto come protagonisti proprio volti noti dei social e consapevoli del fatto chele regole nelle piattaforme siano poche e fumose, al punto da permettere la nascita di un vero e proprio far west in cui tutti possono fare più o meno ciò che vogliono, con davveropochissime limitazioni. Era solo questione di tempo, dunque, perché qualcuno prendesse seriamente in mano la situazione, soprattutto per quanto riguarda icontenuti sponsorizzati, e a farlo è stato ilpartito del presidente franceseEmmanuel Macron,Renaissance,insieme al partito socialista di opposizione. Le due formazioni politiche hanno infatti annunciato chelavorerannodi comune accordoa una proposta di legge unitaria, in discussione a metà marzo. La Francia, del resto, è stato il primo Paese a dotarsi di una normativa in materia disfruttamento commerciale dell’immagine dei bambini con meno di 16 annisulle piattaforme online, per regolamentare il fenomeno dei cosiddetti “baby influencer”, approvata già nel 2020. Anche se il testo è ancora in fase di stesura e molti dettagli potrebbero cambiare,la legge punta a creare i presupposti legali per un pieno riconoscimento del mestiere di influencer, che essendo fino a oggi inesistente ha permesso a molti disvincolare dalle maglie delfisco, o quanto meno di chiudere contratti di collaborazione ambigui e al limite del lecito e dinon dichiarare apertamente le adv.Aspetto quest’ultimo tra i più criticati dagli utenti. Ilministro dell’Economia francese Bruno Le Mairesembra avere le idee molto chiare eha già stilato, dopo aver indetto una consultazione popolare,una lista di prioritàutili per arginare un settore allo sbando, non solo in Francia. Si andrebbero dall’istituzione di un albo professionalee di una definizione giuridica di influencer, fino aregole che riguardanomeno la remunerazione e piùi contenuti. Già, perché un’altra delle questioni al centro di molti dibattiti, anche in Italia, è laderivaverso la quale sembrano tendere moltiinfluencere content creator. Ecco quindi che oltralpe si pensa all’obbligo di segnalare le immagini e i video ritoccati, onde evitare di proporre modelli estetici inarrivabili e irreali, pericolosi soprattutto per le giovanissime. Di pari passo va anche l’idea divietare la promozione di determinati prodotti, anch’essi spesso legati al mercato del beauty o del dimagrimento. Nel frattempo, già questa settimana il parlamento francese discuterà un legge perimpedire agli influencer la sponsorizzazione di interventi di chirurgia estetica, farmaci e investimenti incriptovalute. Proprio questi ultimi sono particolarmente in voga anchenel nostro Paese, doveleggi specifiche per i social network e chi trae profitto dal loro utilizzo ancora non esistono. In Italia fiscalmente basta essere in possesso di una partita iva o sotto una certa soglia di guadagno usare la formula della collaborazione occasionale, mentrea livello deontologico ogni cosa o quasi è lasciata alla coscienzadell’influencer o content creator di turno, spesso inesistente. Non è un caso che si moltiplichino a vista d’occhioaccount di minorenni chesu TikTok e Instagramsostengono di potersi permettere borse griffate,abiti alla moda e in alcuni casi auto lussuose, semplicementecon qualche investimento mirato in bitcoin. O che non vengano oscurati profili in cuiragazze magrissimecon disturbi alimentarimettono in mostra il loro corpo scheletrico. O ancora che agenitori social, dai Ferragnez fino alle persone comuni, venga permesso di buttare lavita dei figli ancora piccolissimi in rete 24 ore su 24senza che nessuno si interroghi sulle conseguenze di tali comportamenti. In Francia qualcuno lo ha fatto e anche se è presto per dire se regole più stringenti saranno sufficienti a rendere i social network un terreno meno ambiguo,anche nel nostro Paese potrebbe essere giunto il momento di parlarne.
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