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Alla scoperta dei tessuti del futuro

 

Cos’hanno in comune lebucce d’arancia, i fondi di caffè e le proteine di scarto dei prodotti caseari? Sono tutti materiali chepossono diventare i vestitiche indossiamo tutti i giorni. Sono diversi i marchi della moda, comeStella McCartney, Balenciaga, Patagonia e Algiknit, che stanno sperimentandotessuti non convenzionali. L’ultima tendenza della ricerca è tentare diestrarre delle fibre naturali da quelli che tradizionalmente consideriamo rifiuti. Le prime sperimentazioni stanno coinvolgendo anche nomi illustri, comeSalvatore Ferragamo. I vantaggi sono moltissimi. Rispetto ai tessuti tradizionali, sono molto meno impattanti a livello diCO2e diconsumo di acqua dolce, durante la produzione. Non richiedono l’utilizzo di grosse quantità di energia o di sostanze chimiche. Durante il lavaggio,non rilasciano microplastiche nell’ambiente, come i tessuti sintetici e, alla fine del loro ciclo di vita, non si pone il problema del loro smaltimento:sono infatti biodegradabili. L’industria della moda, così come la conosciamo oggi, infatti è responsabile di circa il5% delle emissioni globali di gas serra. Solo per produrre una normalissima camicia di cotone vengono rilasciati almeno2,1 chilogrammi di anidride carbonica. Se questo stesso capo fosse di poliestere la cifra sarebbe addirittura superiore, di5,5 chilogrammi. C’è poi il problema dell’acqua: per coltivare solo 1 chilogrammo di cotone, ne servono10.000 litri. Da questo punto di vista le fibre sintetiche, come acrilico e nylon usati prevalentemente nellafast fashion, sono molto più convenienti, perché consumano circa un centesimo di questa cifra. Il risparmio è però vanificato dall’enorme utilizzo di energia che richiede la loro produzione. Quanto ai tessuti misti, sono estremamente difficili da riciclare. Per risolvere questi problemi, i brand di abbigliamento stanno investendo per incorporare nei loro prodotti sempre più fibre sostenibili. I pionieri sonoPatagonia, Mud Jeans, Ninety Percent, Plant Faced Clothing e Afends, ma ben presto si attendono gli investimenti dei giganti della moda. Qualsiasi fonte di cellulosa o proteine infatti può essere trasformata in fibra per i tessuti. Una di queste sono le bucce d’arancia: l’azienda italianaOrange Fiberè riuscita a ricavare dagli scarti della produzione di succo di agrumi un filato setoso e leggero che può essere utilizzato da solo o miscelato. Il tessuto è stato recentemente utilizzato in una collezione in edizione limitata dello stilistaSalvatore Ferragamo. Tra le nuove frontiere della moda sostenibile c’è anche lacaseina, cioè la proteina del latte. I primi esperimenti per trasformarla in una fibra vegetale risalgono alla Seconda Guerra Mondiale. Il materiale però ammuffiva rapidamente ed emanava un odore sgradevole. Gli svizzeri diSwicofilhanno sviluppato una tecnica di filatura a umido che incorpora micro ioni di zinco nella fibra proteica, migliorandone la forza e la stabilità batterica. Le operazioni di tintura sono molto veloci e, dalle prime opinioni, sembra che il tessuto idrati la pelle in modo simile a un bagno di latte. AncheSeacell, la fibra di alghe dell’Islanda elyocell(derivata dalla cellulosa) al tatto è molto delicata. SviluppatoNanonic IncorporatedeSmart Fiber AG, è un filato traspirante ed elastico che si sta diffondendo nell’abbigliamento sportivo. S.Cafeinvece viene realizzato dall’aziendaSingtex Industrial Co. a partire dai fondi scartati delle caffetterie. Miscelato ad altri materiali di cellulosa, si asciuga facilmente, assorbe gli odori e ha una buona protezione dai raggi UV. Il riutilizzo dei rifiuti però non si ferma solo ai prodotti biodegradabili: stanno diventando sempre più comuni i piles e gli altri capi prodotti conbottiglie di plastica. Anche le fibre sintetiche riciclate riducono il consumo di energia e prodotti chimici, usati per la produzione di materiali nuovi. Il vantaggio aggiuntivo è quello di mitigare l’inquinamento da plastica nell’ambiente e risparmiare sulle tinture, visto che molti materiali sono già colorati. La sfida per il prossimo futuro è aumentare le sperimentazioni in questa direzione. Con le nuove tecnologie anche l’arancio che abbiamo mangiato a pranzo o il caffè che abbiamo bevuto a colazione possono diventare i nostri nuovi vestiti.

Redazione

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