Quanta anidride carbonica riusciremo a catturare? Stanno funzionando letecnologie di cattura e stoccaggio? A che punto è lo sviluppo nel mondo di queste tecnologie? Interrogativi leciti, vista la velocità dellacrisi climaticain corso, che molti Paesi si stanno ponendonel tentativo di trovare strategie per porre un freno alle emissioni climalteranti. Di recente, dopo aver incontratoGreta Thunberge altre attiviste aDavos, il direttore dell’Iea – l’Agenzia Internazionale per l’Energia -Fatih Birolha ribadito come è sempre più necessario non solo spingere sulle rinnovabili ed evitare di investire in nuovi impianti di combustibili fossili,ma anche lavorare e puntare sulle nuove tecnologie per assorbire carbonio. La Iea stessa ha fissato un obiettivo utile per restare sotto soglie di innalzamento delle temperature nocive: catturare7,6 miliardi di tonnellate all’anno di CO2grazie ai nuovi sistemi. Quali? Si tratta soprattutto delle tecnologie note comeCcusche permettono – a seconda dei casi – di catturare, utilizzare e stoccare l’anidride carbonica per esempio legata alle industrie. Molti Paesi stanno tentando di puntare su questi progetti utili alla decarbonizzazionema per ora si va ancora a rilento. Nello scenarioNet Zero Emissions by 2050la stragrande maggioranza della CO2 catturata viene immagazzinata ma attualmenteesistono solo 35 strutture commerciali nel mondo che applicano Ccus ai processi industriali, alla trasformazione dei combustibili e la generazione di energia. Finora, dice l’Iea,l’implementazione è stata al di sotto delle aspettative anche se lo slancio adesso c’è: sono circa300 i nuovi progetti in via di sviluppo nel mondoe 200 sistemi di cattura del carbonio potrebbero entrare in funzione entro il 2030 catturando oltre 220 Mt di CO2 all’anno, una cifra importante ma ancora insufficiente per gli obiettivi climatici. Anche per questo la Iea sostiene che ènecessaria una volontà politica per tradurre lo slancio in azione, fornendo sostegno e “garantendo al contempo che siano in atto quadri giuridici e normativi adeguati”. Alcuni impianti importanti sono già operativi o in sviluppo inAustralia, Canada, Nuova Zelanda, Cina e Giappone, ma servono ulteriori sforzi in tutto il mondo. A differenza dei sistemi Ccu (cattura e stoccaggio del carbonio solitamente all’interno di formazioni geologiche sotterranee) i processi Ccus puntano non solo a catturare la CO2 ma anche a comprimerla per permetterne il trasporto (tramite condotte, oppure via terra e mare) e utilizzarla per usi industriali, dal cemento alle biomasse per il comparto alimentare. Un ipotetico processo virtuoso per cui servono però risorse per ricerca e sviluppo, così come incentivi alle industrie che usano questi sistemi. Attualmente diverse compagnie e multinazionali dell’oil and gas, compresa l’italianaEni, stanno sviluppando sistemi di Ccus anche se ci vorrà tempo per vedere operatività ed effetti di queste strutture. A investire nei Ccus sono stati di recente anche gli States con l’Inflaction Reduction Actpresentato dal PresidenteJoe Biden, oppure l’Europa con i fondiHorizon Europee ilConnecting Europe Facility. Come ha ribadito la Iea, siamo ancora lontani dagli sforzi necessari per implementare a livello mondiale queste tecnologie, ma la strada è tracciata esembra crederci anche il mondo della finanza:si stima infatti che entro la fine del 2023 la capacità cumulativa della Ccus (prevista entro il 2030)potrebbe aumentare del 50%.
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