Quello traclimaebiodiversitàè un rapporto di reciprocità che consente letteralmente la vita sulla Terra.L’esistenza di tutte le specie, compresa la nostra, dipende dadelicati equilibri chimico-fisicie da un clima che è cambiato per milioni di anni. Ed è proprio questa variabilità che ha consentito alla biosfera di crescere in ricchezza e varietà e prosperare. Allo stesso tempo, propriola biodiversità contribuisce a mantenere il climalocale, regionale e globale sufficientementestabileeadatto alla vita. Labiosfera, infatti,interagisce con il sistema climatico,regolando la percentuale di radiazione solare riflessa. Questo significa, a esempio, che a seconda della composizione della superficie terrestre, la quantità di energia solare riflessa o trattenuta può variare considerevolmente. A questo si aggiunge il fatto che molti organismi viventi – come il plancton o le piante – hanno un ruolo di primo piano nel ciclo del carbonio, e sono in grado di alterare le concentrazioni di gas serra nell’atmosfera e di influenzare la formazione di nuvole e polveri atmosferiche. Tuttavia, come sappiamo, a un certo puntol’essere umanoè entrato a gamba tesa dentro il sistema climatico globale,andando a influenzare la relazione tra specie diverse che si sono evolute insieme per milioni di anni e causando veri e propri sconvolgimenti all’interno della catena trofica e nei processi che regolano la funzionalità degli ecosistemi. È quello che sta accadendo, a esempio, nel rapporto tra insetti impollinatori e fioriture, che avvengono sempre più in anticipo. Così come fra prede e predatori o fra organismi concorrenti. A livello ecosistemico, inoltre,i cambiamenti climatici possono comportare perdite, ricombinazioni o variazioni– come la trasformazione da savana a bosco, o da tundra a foresta boreale – efavorire la diffusione di malattiee la distribuzione al di fuori del proprio habitat di specie aliene invasive. Nonostante siano specie-specifici, ossia abbiano effetti e tempistiche diverse per ogni specie, gli impatti dei cambiamenti climatici sono ormai diffusamente documentati in piante, animali marini, terrestri e d’acqua dolce e riguardano tutti i principali biomi. Fattori comel’aumento della temperatura, le variazioni nel regime delle precipitazioni e dei venti e la frequenza e l’intensità degli eventi estremi incidonosulle caratteristiche fisiologiche e comportamentali di specie, popolazioni e individui. Variazioni in negativo sono state documentate, per esempio, riguardo il successo riproduttivo e il tasso di crescita – oltre che lo sviluppo e le dimensioni corporee – nonché riguardo le dimensioni delle popolazioni, la struttura dell’età, il rapporto tra i sessi o il flusso genico tra sottopopolazioni. Se quanto detto finora vale per ogni regione del globo,il riscaldamento globale non è uniformee a preoccupare particolarmente è la situazione in cui versano specie ed ecosistemi alle medie e alte latitudini. In particolare,i poli e la zona alpina.Le “torri d’acqua” del Pianetastanno cedendo la maggior parte dei ghiacciai montanidel mondo: a oggi, sappiamo che, anche qualora centrassimo l’obiettivo di Parigi e contenessimo l’aumento della temperatura terrestre al di sotto di 1.5°C,104.000 ghiacciai su un totale di 215.000 esistenti scomparirà entro la fine del secolo. Quelli dellealpieuropeesono particolarmentevulnerabiliperchésono più piccoli e hanno una copertura di ghiaccio relativamente ridottaoltre a risentire di un aumento della temperatura di circa 0,3°C ogni 10 anni, ossia 2 volte più velocemente della media globale. Negli ultimi 50 anni, le regioni di alta e altissima quota delle alpi hanno inoltre registrato una riduzione del 5,6% nella durata della copertura nevosa andando a influire negativamente sull’economia, la cultura, il clima e la biodiversità. Ed è un problema enorme che non possiamo continuare a ignorare. Quello che per alcuni è un semplice manto soffice su cui praticare svariate attività ricreative, è una vera e propria interfaccia tra l’atmosfera e il suolo, oltre che essere un fondamentale regolatore dei cicli idrologici e climatici “La neve – si legge nella pubblicazione a cura di un gruppo di ricercatori dell’Università di Padova,Aarhuse dell’Institute of Atmospheric Sciences and Climate(Cnr-Isac) – influisce sul bilancio energetico superficiale alterando l’albedo e l’emissività e, insieme alle sue proprietà di isolamento termico e all’apporto di acqua di fusione, può influenzare in modo sostanziale la vita dei ghiacciai e del permafrost, con una notevole influenza sul clima della Terra”. Il manto nevoso, inoltre, agisce come un vero serbatoio di acqua superficiale,determinando l’apporto idrico a valle. In poche parole, se non c’è neve non ci sarà acqua in primavera ed estate e andremo incontro a periodi determinati da una sempre maggiore siccità. La biodiversità alpina sta soffrendo.Le specie di alta quota sono più minacciate perché sono altamente specializzate e meno adattabili: per sopravvivere, infatti, hanno bisogno di determinate condizioni climatiche e ambientali che le attività umane stanno completamente sconvolgendo. Tra gli impatti registrati o previsti troviamo l’invasione di agenti patogenidi bassa quotache possono colpire, anche gravemente, flora e fauna alpina che, proprio com’è successo alle popolazioni indigene delle Americhe durante l’invasione spagnola, si troveranno a soccombere per mancanza di difese adeguate. Come conseguenza del surriscaldamento globale,moltespecie animali e vegetalisi stanno spostando verso l’alto, con conseguente afflusso di specie provenienti da altitudini inferiori. È quanto sta accadendo allavolpe artica- diffusa nelle aree circumpolari così come nelle zone subartiche e alpine dell’Islanda, della Scandinavia e della Finlandia – che, oltre a risentire della perdita di habitat, si trova a dovercompetere con la volpe rossa.Quest’ultima, molto più grande e vorace, sta infatti invadendo l’areale del piccolo canide delle nevi riducendo il numero di prede a sua disposizione. Nel 2021, un team europeo di ricercatori ha quantificato i cambiamenti stagionali e gli spostamenti in alta quota di oltre 2.000 specie di piante, animali e funghi che vivono sulle alpi evidenziando come queste non si siano solo spostate più in alto lungo il gradiente altimetrico ma abbiano anticipato i loro cicli vitali. Larecessione dei ghiacciaiha portato a una vera e propriamigrazione verso l’alto delle piante alpinea un ritmo di 0,5-4 m per decennio. A lungo termine,le piante di pianura spingeranno le specie alpine ad altitudini sempre più elevate, fino a quando non avranno più un posto dove andare e costringendole, di fatto, all’estinzione.Questo comporta anche un vero e proprio cambiamento nella composizione degli ecosistemi: le aree con vegetazione al di sopra della linea degli alberi sono infatti aumentate del 77% dal 1984. Insomma, sembra che presto dovremmo chiedere a Marcella Bella un’attualizzazione dellasua famosa hitvisto che, di questo passo, non potremo fare altro che ricordarci “montagne bianche”.
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