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Italia: le preoccupazioni degli studenti iraniani

 

È l’inizio di Gennaio, le festività sono appena terminate, e le biblioteche di Padova hanno iniziato a ripopolarsi di universitari, tra cui molti studenti e studentesse iraniani e iraniane. In quelle stesse orela notizia dellamorte diMehdi Zare Ashkzari,33enne iraniano ex studente di Farmacia all’Università di Bolognae ritornato in Iran, si diffonde e corre sui social,giungendo fino agli studenti, suoi connazionali, che studiano in Italia. Mehdi Zare Ashkzari non è morto per cause naturali, ma dopo20 giorni di coma causato dalle torture subite durante la detenzione in carceredove era rinchiuso perché aveva partecipato alle manifestazioni contro il regime. Ilvideo di denuncia di Mehdi Zarecon i segni delle violenze subite, èuna delle prime cose che mostra aLa SvoltaParviz(nome di fantasia),studente iraniano iscritto alla magistrale di ingegneria a Padova.«Questo è quello che fa il regime islamico – racconta – e pensare che fino a poco tempo faMehdi era qui in Italia come me». La notizia della morte dell’ex studente Unibopreoccupa e allarma gli universitari iraniani che studiano in Italia,perché la tensione in Iran cresce giorno dopo giorno, colpendo cittadini innocenti. «Numerose persone sono state uccise dal nostro Governo senza motivo – diceNeda(nome di fantasia), studentessa iraniana iscritta al secondo anno di laurea magistrale in Italia – ogni giornoviviamo nell’ansia perché siamo preoccupati che la situazione nel nostro Paese peggiori. Quotidianamente riceviamo notizie drammatiche e il fatto dinon poter parlare con parenti e amici rimasti in Iran, a causa del blocco di internet, ci crea molta instabilità emotiva». A fare da eco a questa preoccupazione è ancheZahra, altra studentessa iraniana iscritta al corso di laurea magistrale: «il Governo iraniano sta utilizzando Internet per imbavagliare i cittadini della mia Nazione negando loro l’accesso e tentando di divulgare lapropagandae i principi del regime». Non c’è dubbio: lerestrizionidi internet e dei social network attuate dal Governo iraniano dopo lo scoppio delle proteste sono unastrategia per silenziare le manifestazionie impedire alla popolazione iraniana di comunicare. Ovviamente anche coloro che si trovano all’estero e provano a contattare chi è in Iran risentono di questo blocco, che rende complicate le comunicazioni. «Il 12 Gennaio, in Iran, era la festa della mamma. Avrei voluto parlare con mia madre un po’ più del solito, e invece, esattamente come gli altri giorni, ho dovuto accontentarmi del poco tempo concesso» racconta aLa SvoltaParviz. L’isolamento che provano gli iraniani e le iraniane all’esteroè difficile da tradurre a parole. Tanti, se non tutti, tra i ragazzi che abbiamo incontrato, hanno riferito di sentirsi inascoltati. Nonostante il clamore che stanno suscitando le proteste – dentro e fuori dall’Iran – la percezione di molti è che, a livello politico e sociale,non si stia facendo tutto il possibile per aiutare il popolo iraniano e gli iraniani immigrati. A parlare aLa Svoltaè ancora Zahra: «Attualmentenoi gli studenti iraniani all’estero, nonostante la pressione emotiva per la situazione che si è andata a creare nel Paese e la scarsità di notizie da parte delle nostre famiglie,siamo anche preoccupati per la nostra condizione di vita qui in Italia, che al momento non è affatto facile. Tutti noisiamo immigrati con la speranza di ottenere una borsa di studio, ma non a tutti sono state assegnate. Inoltre, con il bassovalore del rial iraniano,le nostre famiglie non possono sostenerci in alcun modo:al momento, infatti, non possiamo ricevere nessun aiuto in denaro da parte loro». Gli studenti iraniani, oltre che essere in ansia per quanto accade nel loro Paese, stanno vivendo un’incertezza economicae di prospettive verso il futuro che genera in loro una forte inquietudine. L’instabilità economica dell’Iran, che sta procurando un’inflazione altissimae una svalutazione giornaliera del rial iraniano, si ripercuote anche in chi studia all’estero, influenzano negativamente la qualità della vita di studenti e studentesse. Per questo motivo, abbiamo chiesto ai ragazzi di spiegare meglio la questione delle difficoltà economiche e delle borse di studio. È stata Neda a rispondere: «Noi universitari iraniani a Padova siamo considerati studenti internazionali a tutti gli effetti,non godiamo dunque dellostato di rifugiati, come, a esempio, gli studenti provenienti da Ucraina e Afghanistan.Essere considerati rifugiati ci darebbe maggiori tuteledal punto di vista economico con borse di studio con un importo più alto. Un altro problema è che in certi casi le borse di studio non vengono assegnate, e se così avvienechi è senza borsa si trova letteralmente senza soldie, non essendo rifugiato, senza un sostegno dal punto di vista istituzionale. E cosa si può fare in questo caso?Trovare un lavoro, per noi che parliamo solo inglese e siamo ancora studentiè difficile, le nostre famiglie non ci possono inviare soldi.L’alternativa perciò sarebbe ritornare in Iranrinunciando ai nostri studi e non sapendo cosa ci potrà succedere una volta atterrati». «Chi come me – spiega Parviz – cheho mostrato il mio viso nelle manifestazioni e ho espresso attraverso i social la mia contrarietàal regime e verso Ali Khamenei, fosse costretto a tornare in Iran, sono sicurorischierebbe il carcere o lapena di morte». È chiaro che in mancanza di sostegni economici – come può essere una borsa di studio – gli studenti e le studentesse iraniani e iraniani rischiano non solo dicompromettere la loro carrierama, in assenza di soluzioni, sarebberoobbligati a ritornare in patria, dove il futuro che gli si prospetta non è attualmente facile. Per tantigiovani iraniani risultapericoloso tornare: sebbene alcuni si siano coperti durante le proteste e abbiano mantenuto un basso profilo sui social, il timore che, una volta in Iran, possa succeder loro qualcosa, rimane.

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