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Come parlare della guerra ai bambini

 

Giocare alla guerraè una tappa abbastanza consueta nella crescita deibambinie se quando erano piccoli i nostri genitori posizionavano i soldatini all’assalto del fortino, oggi ci si dedica a lunghe sessioni di videogiochi e addirittura agli FPS (First Person Shooter) che permettono di sparare finti colpi in prima persona. Ma quando laguerravera arriva, non è facile per gli adulti, genitori, parenti e insegnanti in primis, affrontare l’argomento con i più piccoli. I continuiflussi di immagini e informazioniche inondano i canalisocialpotrebbero turbarli e persino causare problemi comportamentali comedisturbi delsonno, paure irrazionali e ansia da separazione. I bambini più sensibili possono anche mostrareun cambiamento nell’appetitoe nelle abitudini alimentari, mangiando molto meno rispetto al solito o sfogando lo stress su alcuni cibi in particolare. Minimizzare l’impatto della guerra su di loroe negare gli eventi con frasi del tipo «Non avere paura, andrà tutto bene» non è la strategia migliore per tranquillizzarli. La psicologaHélène Romano, in libreria conLes Enfants et la Guerre(Odile Jacob, 2022),intervistata daLe Figaro, si è raccomandata dinon lasciare soli i bambini davanti alle immagini della guerra, dinon bombardarli con notiziari e aggiornamenti costantie di rassicurarli con pochi, semplici concetti:una guerra finisce sempre, si organizzano i soccorsi per aiutare la popolazione, il mondo sta lavorando per farla terminare il prima possibile. Ma, le parole non bastano e i più piccoli, potrebbero avvertire comunquepreoccupazione, angoscia o agitazioneda parte deigenitori, che dovrebbero aprirsi e manifestare le proprie emozioni al riguardo ma, secondo gli psicoterapeuti, senza dimostrarsi eccessivamente emotivi. Non tutti i bambini però sono interessati all’argomentoed è meglio rispettare questa loro inclinazione. Altri invece sono preoccupati ma non lo dimostrano e in questo caso il disegno o il gioco, come spiegail sito ufficiale dell’Unicef, possono essere strumenti ideali con i quali intavolare una discussione sull’argomento. Dai 4 o 5 anni in su si può invece parlare della guerra utilizzando vocaboli semplici, chiedendo ai bambini cosa sanno, se hanno domande da porre e cogliere l’occasione persmentire false notizieche potrebbero aver letto sul web o sentito a scuola dai compagni. I più piccoli in genere hanno sempre tante domande epotrebbe capitare di non avere la risposta pronta: in quel caso non c’è nulla di male, basta essere sinceri e rassicurarli dicendo che si faranno ulteriori ricerche. Se si dimostrano preoccupati per le famiglie in Ucraina, ilNew York Timesconsiglia di pensare a ciò che si può fare insieme per aiutare: per esempio,donazioni di vestiti ogiocattolia enti benefici conosciuti, odisegni realizzati a scuola. Coinvolgerli inazioni di solidarietàpuò infatti farli sentire meno impotente di fronte agli eventi, così come prendere parte a unamanifestazione per la pace, magari realizzando un cartellone o scrivendo una poesia per la pace. Purtroppo, i conflitti generano spessofenomeni di odio nei confronti degli stranieri, che si tratti di un popolo o di una nazione. Nelle sue linee guida, l’Unicef si raccomanda di evitare commenti generali su gruppi di popolazioni o alcune nazionalità ma di cogliere invece l’occasione per infondere un sentimento di vicinanza nei confronti delle famiglie che devono fuggire dalla propria terra. Per i bambini è importante capire che le persone si aiutano a vicenda grazie a gesti coraggiosi, di altruismo e gentilezzaed è necessario mettere in evidenza anche le notizie positive, parlare di episodi di generosità e bontà d’animo, dipersone che prestano soccorso ai bisognosi o di giovani che rivendicano la pace.

Redazione

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