Negli ultimi anni numerose multinazionali e aziende hanno fissato obiettivi per diventare eco-sostenibili eraggiungere il target di zero emissioni. Fra queste anche le maggiori compagnie energetiche,legate al settore Oil & Gas, che hanno iniziato a usare ilmercato dei crediti di carbonio per compensare le loro emissioni inquinanti. Una delle più grandi compagnie petrolifere,Shell, ha recentementeannunciatodi aver stanziatopiù di 450 milioni di dollari destinati a progetti di compensazione, con l’intenzione di assicurarsi ogni anno la metà del mercato dei crediti in espansione. «L’aumento del valore e del volume, nonostante gli attuali venti contrari economici, è un segno della crescente importanza del mercato volontario dei crediti di carbonio. Stiamo vedendo uno sforzo concertato da parte delle imprese per costruire strategie legate ai crediti sostenibili in cui loro e gli stakeholders abbiano fiducia reciproca» haaffermatoil direttore generale dei prodotti sostenibili globali diShellNick Osborne. Allo stesso tempo l’espansione del suddetto mercato,volontario, non regolamentato e con molti standard e approcci diversi, sta suscitando dubbi e domande sulla reale sostenibilità ecologica di tali operazioni economiche,al centro di numerose accuse e indagini: «Le compensazioni possonomascherare gli sforzi insufficienti da parte delle aziende per ridurre le proprie emissioni, spesso ottengono meno di quanto dichiarato e possono escludere altri obiettivi ambientali nella fretta di acquisire i crediti» haammonitoilClimate Change Committeedel Regno Unito. Unanuova e lunga indaginecondotta dalle testate giornalisticheThe GuardianeDie Zeitin collaborazione conSourceMaterial, un’organizzazione no-profit investigativa, ha messosotto accusa i progetti di compensazionee le certificazioni adottate, evidenziando che oltre il 90% dei crediti di carbonio legati ai progetti anti-deforestazionesono sostanzialmente crediti fantasmache non rappresentano una reale riduzione delle emissioni. Secondo le normative attuali le aziende possono acquistare nel mercato volontario i crediti di carbonio,finanziando così una serie di progetti legati alla tutela delle foreste tropicali e al recupero dell’ecosistema. Questi progetti dovrebbero teoricamente compensare le emissioni bilanciando l’impatto inquinante delle multinazionali, secondo le complessecertificazioni fornite dalla ongVerra, leader nel settore. Ma l’indagine di giornalisti, e gli studi condotti insieme a diversi esperti e scienziati,mostranoinvece chele certificazioni sarebbero falsatee che21 dei 29 progetti approvati daVerranon porterebbero alcun beneficionel contrasto alla crisi climatica. Altri 7 hanno basse performance, mentre solo uno sembra soddisfare le aspettative. «Molti di questi progetti possono aver portato molti benefici in termini di capacità di conservazione della biodiversità e delle comunità locali, ma gli impatti sul cambiamento climatico su cui si basano sono purtroppomolto più deboli di quanto sperato» hadichiaratoSingh Malhi, professore dellaUniversity of Oxford.
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