Si spengono i riflettori sulla 103esima edizione diPitti Uomoche si è svolta a Firenze tra l’Arsenale, la Sana delle Nazioni e il Padiglione centrale. Un’edizione con numeri di presenza che non si registravano da qualche anno, complice anche la pandemia. Un bilancio positivo che ha visto quasi800 collezioni di moda maschile, lifestyle e genderless, in cui tornano gli stranieri, un terzo del totale con grandi numeri di compratori asiatici, e in cui si registra un punto di vista dedicato ai mood della sostenibilità e di stili di vita open-air, certamente come reazione ai due anni di clausura imposta. Infatti, è tornata la sezioneI go out, alla Sala della Ronda, dedicata interamente al mondo dell’abbigliamento outdoor di ricerca. Aumenta sempre più la passione per la vita all’aria aperta alla ricerca di un rapporto di benessere attraverso la natura, cercando di abbandonare una volta per tutte gli inganni del greenwashing. Un esempio arriva dall’azienda milanesePure Denimche ha presentato l’ultima applicazione delcupro Bemberg,una fibra rigenerata dalla peluria corta che si trova attorno ai semi di cotone, prodotta dalla giapponese Asahi Kasei. Solitamente è usata per le fodere ma, con le ultime applicazioni, si riesce a utilizzare anche nell’abbigliamento sportivo. Oggi il cupro, abbinato ad altri materiali sostenibili come cotone, canapa e lana,viene utilizzato nel mondo del denim per renderlo sostenibile. Attraverso processi che riducono l’impatto ambientale, come la tintura di pigmenti di indaco e il fissaggio a ultrasuoni,si risparmia fino al 95% di acquarispetto a un processo tradizionale: nasce così il “denim smart”, made in italy, chiamato Blue di Cupro. Non solo nuovi tessuti ma anche nuovi materiali, come quello utilizzato per la prima collezione diJunk, che presenta occhiali di alta qualità che, riproponendo lo spirito ottimista e pop degli anni ’90, sonorealizzati da rifiuti riciclati. La sostenibilità però non è la sola protagonista di questa edizione: debuttaPittiPetscon una selezione di marchi internazionali che si dedicano al benessere degli animali da compagnia, dalle cucce a cuscini passando anche per l’alimentazione. Ma oltre al glamour c’è spazio anche per questioni etiche. Il movimento di attivismo per una moda etica,Fashion Revolution, ha organizzato, nei giorni della manifestazione, un workshop di upcycling dal titolo “Fluidity”, il cui scopo è quello direndere no gender un capo d’abbigliamento. «Lavoreranno con capipre loved(di seconda mano, ndr) reinterpretandoli in pezzi unici, abbracciando una metodologia di progettazione sostenibile che guarda agli scarti prodotti dal sistema moda come a nuove risorse creative», spiega la fashion designer Marina Spadafora. I capi realizzati in questo workshop saranno venduti all’asta e il ricavato andrà a sostegno del progetto e delle attività del movimento Fashion Revolution, nato nel 2013 quando in Bangladesh, nei pressi di Dacca, crollò un edificio di otto piani, causando oltre 1000 le vittime, principalmente operaie e operai di molti stabilimenti tessili che avevano lì la sede anche per conto delle grandi griffe di moda occidentali.
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