«Dal 1967Israele sta violando in maniera ostinatae continua il diritto all’autodeterminazionedei palestinesi, il loro diritto a esistere come popolo». Così questa mattina laRelatrice Speciale delle Nazioni UniteFrancesca Albaneseha presentato alla Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani a Roma ilRapporto sui diritti umani in Palestina. L’incontro è stato organizzato dal senatoreTino Magniin collaborazione conAltreconomiaeAmnesty International Italia. Sono intervenuti anche lo storicoAlon Confino(direttore dell’Institute for holocaust, genocide, and memory studiese professore di Storia e studi giudaici presso l’University of Massachusetts), l’antropologoNicola Perugini(docente di Relazioni Internazionali allaUniversity of Edinburgh),Tina Marinari(coordinatrice campagne diAmnesty International Italia) e i giornalistiDuccio FacchinieAnna Maria Selini(Altreconomia). Albanese è la prima donna e italiana a ricoprire il ruolo di Relatrice Speciale delleNazioni Unite,un incarico affidato a esperti tecnici indipendenti per un periodo di tempo limitato. Il rapporto, pubblicato a ottobre dello scorso anno, illustra comeIsraelestia lavorando attivamente a unprocesso di “de-palestinizzazione”, attaccando la sovranità territoriale palestinese. Occupando ed espropriando terreni, frammentando e dividendo la comunità, lo stato ebraico agisce in una più ampia cornice di un pluridecennalecolonialismo di insediamentoche si avvale di diverse strategie. Non soloai palestinesi viene impedito l’accesso alle risorse naturaliostacolando il loro sostentamento materiale, maè la loro stessa esistenza culturale a essere minacciata: lacriminalizzazione della bandieracome “simbolo del terrorismo” da parte del Ministro israeliano per la Sicurezza nazionale Itama Ben-Gvir è soltanto l’esempio più recente di una chiara volontà politica in questo senso. Lanegazione dell’identità, anche attraverso l’appropriazione di elementi culturali,mina la capacità dei palestinesi di organizzarsi come popolo e di rafforzare quei soggetti politici (partiti, associazioni, comitati) che portano avanti la resistenza all’oppressione. La relatrice ha ricordato come l’uso illegale della forza armata costituisca una violazione del diritto internazionalee che «il sacrosanto diritto alla sicurezza di un popolo non può mai essere la giustificazione per la sottomissione di un altro». La prima condizione per riaprire un processo di negoziato èsmantellare il regime di apartheide discriminazione sistematica in atto da decenni, oltre chericonoscere la responsabilità dei crimini di guerra commessi da Israele. Albanese ha anche espresso unacritica alla comunità internazionalenel modo di affrontare la questione palestinese. Gli approcci economici e umanitari adottati finora hanno dimostrato di essere fallimentari, costituendo soltanto un fattore dinormalizzazione dell’occupazione israelianainvece di agire per sradicarla. Una legittimazione che passa anche attraverso le parole.«Non si può parlare di un “conflitto” israelo-palestinese,come se le forze in campo si fronteggiassero ad armi pari».E non si può continuare a eludere il problema: «il dibattito non è solo derubricato, ma viene attivamente oscurato attraverso un’opera di censura e talvolta di autocensura». Per questo, sottolinea Albanese,c’è bisogno di uncambio di paradigmanella narrazione e nell’approccioverso la situazione in Palestina, capace di riconoscere il carattere sistematico e l’illegalità delle politiche colonialiste israeliane. Nella presentazione ha trovato spazio anche unariflessione sull’antisemitismo, a partire dall’intervento di Alon Confino, tra i firmatari dellaDichiarazione di Gerusalemmesull’antisemitismo.Lo studioso ha spiegato come spesso questa parola vengastrumentalizzata per rigettare qualsiasi critica rivolta a Israelee alle sue politiche. La definizione contenuta nella Dichiarazione prova a reinserire la lotta contro l’antisemitismo in un quadro più globale di opposizione a ogni discriminazione. La stessa relatrice Albanese è stata più volteaccusata di antisemitismoper le sue dichiarazioni contro l’occupazione israeliana.
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