Nella notte tra domenica e lunedì, quando in decine di città dell’Iransi svolgevano le primeprotestedell’anno,centinaia di persone si riunivano davanti allaprigione di Rajaei-Shahra Karaj, a ovest di Teheran, perimpedirel’impiccagionedi 2 giovani iraniani. “Ieri sera circolavano voci, nei media anti-rivoluzionari, che sostenevano che le esecuzioni diMohammad GhobadloueMohammad Brughni, icondannati per le recenti rivolte,erano sul punto di essere compiute. Questo ha spinto un piccolo numero, tra cui la famiglia di Ghobadlou, a riunirsi davanti alla prigione di Rajai Shahr”: è così che l’agenzia della magistratura iranianaMizanha descrittole dimostrazioni di dissenso che avrebbero bloccato l’impiccagione delventiduenne accusato di aver investito e ucciso un agente di polizia, e del suo compagno di prigionia Boroughani, di soli 19 anni, ritenutocolpevole di aver impugnato un machetee di averincendiato l’edificio di una prefetturadurante le proteste. L’agenzia sottolinea che non si è trattato di “una battuta d’arresto”, ma “l’esecuzione delle sentenze di questi condannati in questo momento non era all’ordine del giorno a causa della mancanza di un giusto processo”. I 2 giovani erano statitrasferiti in isolamentoin previsione dell’esecuzione in pubblico:secondo gli attivisti per i diritti umani, la protesta, scoppiata dopo la diffusione di questa notizia, avrebbetemporaneamente evitato la loro uccisione,che non è ancora stata programmata. Come riporta laBbc, il collettivo di attivisti1500 Tasvir, attivo su Twitter, ha pubblicatoalcuni videoche mostrano la folla che intona cori contro le autorità:“Ucciderò chi ha ucciso mio fratello”e “Questo è l’ultimo avvertimento. Se li giustizi ci sarà una rivolta”. La madre diGhobadlou, condannato a morte dalla Corte Suprema il 24 dicembre per “corruzione sulla Terra”,ha chiesto la clemenzaper suo figlio, affetto da disturbi bipolari: in un filmato fuori dalla prigione, racconta alla folla che 50 medici avevano firmato una petizione che chiedeva al capo della magistratura di istituire un comitato per esaminare la salute mentale di suo figlio. Eppure, lo psichiatra dell’Organizzazione di medicina legale incaricato di giudicare la sua condotta ha ritenuto il suo comportamento “criminale, mirato e ragionato”.SecondoAmnesty International,il ragazzo sarebbe stato processato senza l’avvocatoche aveva prescelto, e accusato sulla base di prove falsate. Anche il giovane Boroughani, condannato per “inimicizia contro Dio”, sarebbe stato giudicato colpevole in un procedimento tutt’altro che regolare. Sabato scorso2 manifestanti sono stati impiccatiper aver preso parte alle protestecontro il regime e per lapresunta uccisione di Seyed Ruhollah Ajamian,un membro della forza paramilitare Basij del Paese, a Karaj. Si chiamavano Mohammad Mehdi Karami (21 anni, campione nazionale di karate vincitore di diversi titoli) eSeyed Mohammad Hosseini(20 anni, ricordato per le sue attività di volontariato). Avevano presentato un ricorso contro le loro condanne perché dicevano di essere stati torturati, ma la Corte Suprema ha confermato lasentenza di morte il 3 gennaio.Dopo l’impiccagione della coppia, il capo dei diritti umani delle Nazioni Unite ha dichiarato che le esecuzioni equivalgono a «uccisioni autorizzate dallo Stato».L’Unione Europea ha esortato l’Iran a sospendere tutte le esecuzioni“a seguito di processi iniqui basati su confessioni forzate”. Dalla morte di Mahsa Amini sotto la custodia della polizia moralele esecuzioni note sono salite a 4 (i primi a subire l’impiccagione sono statiMajidreza Rahnavard e Mohsen Shekar, a dicembre). Secondo l’agenzia di stampaHranaci sarebbero111 personea rischio imminente di esecuzione, anche se i dati diffusi dai funzionari e dai media iraniani ne citano 41. Durante i disordini sarebbero stati uccisi 519 manifestanti e 68 membri del personale di sicurezza. Secondo gli attivisti, sarebberopiù di 19.000 gli arrestati. Tra queste,Faezeh Hashemi, ex parlamentare e figlia dell’ex presidente iraniano Akbar Hashemi Rafsanjani, condannata di recente a 5 anni di carcere per aver criticato il regime. La sua avvocata, Neda Shams,ha scrittosu Twitter che il verdetto “non è definitivo”. Come non lo è, ancora, quello dei 3 manifestanti Saleh Mirhashemi, Majid Kazemi e Saeid Yaghoubi, condannati a morte con l’accusa di aver ucciso membri della milizia volontaria Basij. SecondoMizan, potranno appellarsi contro i verdetti.
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