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Il gaming si fa inclusivo

 

Un hackathon pensato per costruire un videogame di supporto agli specialisti nella previsione deidisturbi dell’apprendimento (DSA)in bambini di età prescolare e un videogioco pensato anche per soggetti ipovedenti e non vedenti: due progetti diversi che, però, mostrano come nel mondo del gaming sia sempre più forte il tema dell’inclusività. Playseriously per la prevenzione del DSA LaMilano Digital weekha dedicato una giornata al gaming inclusivo, grazie a unprogetto europeoche ha lo scopo di creare un videogioco adatto anche ai bambini in età prescolare con disturbi dell’apprendimento. In Italia i casi di bambini e ragazzi soggetti a disturbi dell’apprendimento (DSA) sono quintuplicati in nove anni, dal 2010 al 2019 (da 0,9% a 4,9%); sono circa 300.000 i soggetti che, nel 2019, hanno ricevuto la diagnosi certificata. La crescita esponenziale degli ultimi anni è la dimostrazione di un’attenzione diversa verso lo spettro dei disturbi dell’attenzione, ma soprattutto dell’attenta certificazione di queste patologie diffusissime. Solitamente sono le scuole, con il supporto e il sostegno dei genitori, a occuparsi dei disturbi dell’apprendimento, ma trattare con attenzione i DSA è sicuramente più efficace in età prescolare. Ma è possibile individuare i predittori di possibili disturbi dell’apprendimento? Per cercare di fare chiarezza su questi temi, è stato organizzato unhackathon, cioè un evento in cui si riuniscono esperti di informatica e digital, presso la sede di SAE Institute a Milano. Il progetto, di cui SAE Institute si è fatto promotore, è dedicato allo sviluppo di un videogioco inclusivo e psicoeducativo di ausilio agli specialisti nell’individuare i disturbi dell’apprendimento (DSA) in bambini di età prescolare. Nel corso dell’evento studenti e giovani professionisti si sono cimentati nellacreazione di un applied game, ovvero un gioco con finalità educative: un progetto creativo in ambito videoludico utile a sviluppare abilità e conoscenze su un tema che oggi riguarda tanti giovani e le loro famiglie. Grazie al supporto di un programma europeo rivolto ai Paesi del Sud Est Europa (CEI Initiative), anche altri atenei hanno partecipato all’evento tra cui: SAE Institute Belgrado, Serbia; Babes-Bolyai University, Romania; University of Banjia Luka, Bosnia & Herzegovina; University of Crne Gore, Montenegro; University of Szeged, Ungheria. La giuria, infine, ha assegnato tre premi, uno economico e dei bonus per la formazione, dando la possibilità di seguire lezioni su temi legati alla psicologia cognitiva, alla linguistica, al game design, al game industry e alla game art. L’evento, oltre al progetto di creazione del videogioco, è stata un’occasione preziosa per la divulgazione di molti aspetti legati ai disturbi cognitivi, ma soprattutto per allontanarsi da unaretorica eccessivamente patologizzante del tema dei DSA. Hanno partecipato, inoltre, esperti di pedagogia, filosofia e psicologia, a riprova che la collaborazione di più settori sia la chiave per riconoscere i disturbi dell’apprendimento in tempi rapidi e dare ai bambini con DSA i giusti strumenti per affrontare la scuola. Una Sfida alla pari per far giocare tutti Il mondo del gaming, grazie alla sua crescente popolarità, è diventato un vero e proprio luogo diaggregazione e condivisione; un mondo, tuttavia, in cui essere normodotati è un requisito quasi sempre necessario e che lascia i soggetti ipovedenti e non vedenti pressoché esclusi dal gioco. In Italia la percentuale di non vedenti si attesta intorno allo0.8% della popolazione totale: da questa consapevolezza è natoSfida alla pari, un videogioco accessibile anche apersone ipovedenti e non vedentisviluppato da due giovani realtà,DinobroseNovis Games. L’idea è di due giovanissimi: Marco Andriano (ipovedente dall’età di 4 anni) e Arianna Ortelli inseriti nella categoriagaming degli under 30 di Forbese dai giovani progettisti Samuele Sciacca (classe ‘97), e Manolo Saviantoni (classe ‘80). Lo scopo è quello dicreare un match alla pari, in cui i giocatori hanno le stesse possibilità di vincere in partenza: si può contare sulla propria vista ma le persone ipovedenti e non vedenti possono fare affidamento su unsistema di impulsi sonori, detti audio 3D, capaci di avvisare della presenza di ostacoli durante il percorso di gioco. Sfida alla pariè molto intuitivo, ha un design semplice proprio perchévuole essere compreso da tutti; si pone come prototipo di un’idea progettuale applicabile anche a videogiochi più complessi, con il fine di portare all’interno del mondo delgaming il concetto di inclusività, anche a livello internazionale. La sfida è stata premiata anche in TV, facendosi conoscere al programmaTu SI Que Vales, in cui i due giovani hanno simulato il gioco con i personaggi della giuria, sfidandoli ad armi pari: i due giurati con la vista e loro con gli impulsi sonori. La dimostrazione è stata un successo e ha ricevuto unampissimo apprezzamento da parte del pubblico, che ha conosciuto un lato del gaming, e del modo in cui può essere inclusivo, forse ancora troppo nascosto.

Redazione

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