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Un quarantenne in crisi in un mondo alla deriva

 

È esplosivoTasmania, l’ultimo romanzo diPaolo Giordanoedito daEinaudie osannato dalla critica mainstream, che pochi giorni fa gli ha persino attribuito il primo posto nella classifica di qualità deLa Lettura, curata dall’influenteAntonio D’OrricodelCorriere della Sera, di cui l’autore è una delle firme di punta. Tuttavia, in questo caso esplosivo è da intendersi nella pura accezione letterale del termine e non quale accenno a presunte qualità letterarie. Dopo averci raccontato di adolescenti e linee d’ombra,Giordano ci parla ora di adulti in crisi, in particolare di unmaschio quarantenne e borghese. Il protagonista, alter ego piuttosto evidente dello scrittore, èungiornalistadi un grande quotidiano, esperto di fisica ealla ricerca di testimonianze per scrivere un libro sulla bomba lanciata su Hiroshima e Nagasaki. Nel contempo, le ricerche del protagonista si intrecciano conaltri botti: ilBataclan, gli attentatikamikazeinEuropafino ai fuochi d’artificio del capodanno del 2021 a Roma che fecero strage di storni di uccelli. E accanto a tutte queste esplosioni reali ci sono anche quelle metaforiche:si disintegrano coppie, amori, amicizie, relazioni sociali, sesso, senso di sé. Niente sarà mai più come prima. InTasmania– che prende in prestito il nome dell’isola australiana che presenta caratteristiche ideali per rifugiarsi dai mali del mondo – si avverte unsenso costante di fragilità e precarietàdi affetti e relazioni umane, messe a dura prova dai grandi cambiamenti della nostra epoca: pandemia, guerra e crisi climatica. CheGiordanoscriva bene, in modo cristallino e senza manierismi, lo sapevamo già sia dai suoi contributi giornalistici sia dai romanzi ma qui, più che altrove, si ha la sensazione che lo scrittore e fisico torinesesi limiti a fare un po’ il compitino, senza mai elevarsi davvero sopra quelle nuvole studiate con tanta passione daNovelli, il climatologo con cui il protagonista si intrattiene in amene conversazioni lungo tutto il romanzo. Il primo problema apparente del libro è l’autobiografismoe una certaautoreferenzialità, che però, grazie a una sorta di pudore da parte dell’autore, non scadono mai nell’autocompiacimento e nella spocchia intellettuale alla Carrere, garantendo al protagonista un carattere più frammentato e aperto verso il mondo che lo circonda. Problema più serio inTasmaniaè invece l’incomprensione dell’oggetto che abbiamo tra le mani: reportage? Fiction? Saggistica? Giornalismo? Certo, è difficile fare fiction pura in anni come questi, in cui spesso la realtà supera l’immaginazione (io stesso durante il primo lockdown mi chiedevo che senso avessero le serie televisive, con quello che succedeva intorno a noi). Da qui il risultato di unaforma ibrida di fiction, inframmezzata da consigli per gli acquisti con riferimenti al reale e ai fatti quotidiani. Alla fine, nonostante gli ordigni esplosivi disseminati ad arte lungo tutto il percorso e lo sforzo di creare personaggi reali e credibili, questo romanzo, che per le tematiche trattate ricorda il folgoranteAtlante Occidentaledel compiantoDaniele Del Giudice, implode un po’ in se stesso emanca di vera anima: i personaggi sono per lo più figurine che rimangono sullo sfondo e prive di tridimensionalità, ealla fine l’autore non riesce davvero a tirare tutti i fili del discorso. Gli unici spunti interessanti sono iriferimenti alla crisi climaticache, probabilmente per una scelta deliberata dell’autore,non sembrano interessare i protagonisti del romanzoné si intersecano mai con le loro vicende, quasi a volersensibilizzare il lettore a fare di meglio. Peccato che di tali dati non vengano mai analizzate le cause né fornite possibili soluzioni. Traifenomenipiùdrammaticiche emergono dalle conversazioni tra il protagonista e le persone che lo circondano ci sono la fioritura di alghe tossiche nelle acque del golfo dell’Alaskaa seguito delsurriscaldamento, gli incendi di massa in California, lepiogge torrenziali in Cina, la plastica ritrovata nel ventre di una balena spiaggiata nei mari delleFilippine, sino all’invasione di locuste inYemen. Ci viene inoltre riferito che il 2019 è stato, in media, il secondo anno più caldo degli ultimi 2000 anni e che di questo passo, a causa del riscaldamento globale e quindi del disgelo di calotte polari eghiacciai, è previsto un innalzamento deglioceanidi almeno 50 cm entro il 2100, e tale processo è destinato a perdurare per secoli. Ma questo già lo sapevamo. Alla domanda sultipo di mondo a cui dovremmo abituarcila risposta laconica è:uno dove da una parte si muore di sete e dall’altra si annega. Per spiegare il disinteresse generalizzato a questa dato drammatico l’autore introduce ilconcetto di gradualismo, a cui la nostra mente tenderebbe naturalmente a conformarsi: se le cose sono sempre andate in un certo modo, perché dovrebbero cambiare proprio adesso? L’umanità abita lo stesso pianeta da 200.000 anni, possibile che debba precipitare tutto proprio mentre sono in vita io? In realtà, ci conferma Giordano,siamo in piena Era Pre-traumatica, l’epoca in cui sta cambiando tutto, drasticamente. Volenti o nolenti, succede proprio a noi, e i fenomeni a cui assisteremo nei prossimi anni saranno sempre più estremi. Prima lo si accetta e meglio è per tutti, a meno che non ci si chiami Elon Musk e si possa trasmigrare in un’altra galassia.

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