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L’Iran continua a giustiziare gli oppositori

 

Non si ferma lalunga scia di sangue in Irandove, come ampiamente prevedibile, la fantomaticaabolizione della polizia moralenon è valsa a nulla se non a inasprire la repressione contro i manifestanti. Dallo scorso settembre, quando tutto è cominciatodopo la morte di Masha Amini, sono migliaia le arrestate e gli arrestati di cui non si hanno più notizie e tantissimi icondannati a morteche attendono solo che sentenza venga eseguita. Tra di lorodue sono già stati giustiziati, anche se il bilancio è purtroppo provvisorio e destinato ad ampliarsi di minuto in minuto. L’ultimo in ordine di tempo si chiamavaMajidreza Rahnavard,arrestato il 17 novembre e condannato il 29 con l’accusa di aver accoltellato due membri della forza paramilitare durante una manifestazione anti governativa e averne feriti altri quattro. Rahnavard è il secondo manifestante giustiziato, dopo il 23enneMohsen Shekari, impiccato aTeheranper aver bloccato una strada della capitale e ferito un paramilitare durante le proteste. Muharebeh, guerra contro Dio, l’accusa ufficiale che dopo un processo sommario e di fatto fittizio lo ha condotto alla morte. Rischiava la stessa fine ma potrebbe salvarsi Sedarat Madani. La sua impiccagione era fissata per domenica 11 dicembre ma ilperdono avvenuto via Twitter da parte del suo accusatore, l’agente Mohammad Reza Qonbartalib, avrebbe determinato la sospensione della pena. Vita appesa a un filo, invece, permolti rapper.Yasin, nome d’arte diSaman Seyedi, da metà ottobre è nel carcere di Evin dopo aver partecipato alle proteste ed essere diventato, attraverso i suoi brani, la voce della rivolta insieme ad altri colleghi che adesso ne condividono la sorte, come il 32enneToomaj Salehi, accusato di crimini contro la sicurezza e corruzione sulla terra per aver fatto dei propri canali social piattaforme di organizzazione per il movimento pro-democrazia. Anche icalciatoripotrebbero essere nel mirino. Dopo la fine dell’avventuramondialein molti si sono chiestiche fine abbiano fatto quelli della Nazionale, che rifiutandosi di cantare l’inno durante la partita contro l’Inghilterra avevano espressamente dichiarato la loro opposizione al regime. Nonostante le poche notizie al riguardo pare sianotutti al momento al sicuro.I più fortinongiocanoin patria main squadre europee, e dopo l’esperienza in Qatar sono tornati ad allenarsi con i rispettivi club senza particolari ripercussioni. È il caso dell’attaccante del Porto Mehdi Taremi, di Saman Ghoddos che milita nel Brentford (Premier League inglese), di Sardar Azmoun in rosa al Bayern Leverkusen (Germania), di Amir Abedzadeh al Ponferradina (Segunda Liga spagnola) e di Ali Karimi jr che è rientrato in Turchia, dove gioca per il Kayserispor. Abolfazl Jalali, Rouzbeh Cheshmi e Hossein Hosseinihanno invece ripreso ad allenarsia Teherancon l’Esteghlal, ma anche attorno a loro il clima risulta piuttosto sereno, probabilmente perché considerati troppo noti e quindi intoccabili a causa del potenziale eco che la stampa e l’opinione pubblica internazionale riserverebbe loro in caso di epiloghi drammatici. Se i big sembrano dunque poter stare moderatamente tranquilli, non vale lo stesso perAmir Nasr Azadani, un altro calciatore che pur non avendo indossato la maglia della Nazionale, è molto noto in patria grazie alla sua lunga carriera nella serie A locale. Durante il Mondiale non è sceso in campo ma in piazza e questo gli è valso l’incarcerazione prima e lacondanna a mortepoi, con l’accusa di tradimento e di essere un membro di un gruppo armato e organizzato che opera per colpire la sicurezza della Repubblica islamica dell’Iran. Appartenenza sulla quale vigono molti dubbi. Alla luce di questo scenario la lista degli attivisti uccisi è con ogni probabilità sarà presto aggiornata. A nulla infatti sono valse fino a ora le condanne delle Nazioni Unite, dei governi occidentali e di Amnesty International el’ayatollah Khomeini non sembra minimamente intenzionato a fermarsi, nonostante le esecuzioni non abbiano sortito l’effetto da lui sperato di smorzare le proteste ma, anzi, stiano dando nova forza a un popolo che non intende più piegare la testa.

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