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L’Ue ci farà dire addio alle bustine monouso?

 

L’Europa punta a una serie di nuove norme nell’Ue per tentare di ridurrerifiutie sprechi, promuovendoriutilizzoericiclaggio. Si è ancora nella fase iniziale dell’iter, ma la Commissione europea il 30 novembre ha messo nero su bianco una serie di proposte in materia diimballaggiche possano ridurre l’attuale media dei cittadini europei, ognuno dei quali produce quasi 180 kg di rifiuti di imballaggio all’anno. Spesso questi prodotti sono fra i principali – ricorda l’Ue – a impiegare materiali vergini: il 40% della plastica e il 50% della carta utilizzate sono infatti destinati agli imballaggi. Senza una azione di contrasto si teme cheentro il 2030 l‘Europa potrebbe registrare un ulterioreaumento del 19% dei rifiuti di imballaggio;per quelli inplasticaaddirittura del46%. Ecco perché, affiancando quelle sul riciclo, lenuove normepossibili intendonoridurre i rifiuti di imballaggio del 15% pro-capiteper ogni Paese entro il 2040. “Ciò porterebbe a una riduzione complessiva dei rifiuti nell’Ue del 37% circa rispetto allo scenario che si prospetterebbe senza una modifica della normativa” spiegano dalla Commissione. Secondo la proposta di regolamento entro il 2030 il 20% delle vendite di bevande take-away dovrà essere servito in imballaggi riutilizzabili o usando i contenitori dei clienti, per arrivare all’80% nel 2040. Saranno poi vietate le confezioni monouso all’interno di bar e ristoranti e i flaconcini negli hotel mentre sarà prevista una quota obbligatoria di contenuto riciclato nei nuovi imballaggi di plastica. Inoltre i prodotti in plastica biodegradabile commercializzati in Ue dovranno avere un’etichetta per mostrare quanto tempo impiegheranno a biodegradarsi, in quali circostanze e in quale ambiente. Invece gli imballaggi destinati al compostaggio industriale saranno consentiti solo per bustine di tè, cialde di caffè, adesivi per frutta e verdura e sacchetti di plastica molto leggeri. Una proposta, quella Ue, che sembra non piacere all’industria dell’imballaggio: “La proposta rischia di andare contro gli obiettivi del Green Deal, riportando indietro le lancette dell’orologio del riciclo e compromettendo la funzionalità degli imballaggi nel proteggere i prodotti e prevenire i rifiuti” evidenziano associazioni di categoria. Fra gli intenti c’è però anche quello di creare maggiore chiarezza per i consumatori e per l’industria riguardo alle plastiche a base biologica, compostabili e biodegradabili, stabilendo per quali applicazioni sono realmente vantaggiose sul piano ambientale e come dovrebbero essere progettate, smaltite e riciclate. Inoltre si punterà di più sul vuoto a rendere: “Molte misure sono volte a rendere gli imballaggi totalmente riciclabili entro il 2030; ciò include la definizione di criteri di progettazione per gli imballaggi, la creazione di sistemi vincolanti di vuoti a rendere su cauzione per le bottiglie di plastica e le lattine di alluminio e chiarire quali tipologie molto limitate di imballaggi dovranno essere compostabili, in modo che i consumatori possano gettarli nell’organico” si legge nella nota della Commissione. A livello ambientale, entro il 2030 le misure proposte dovrebbero “ridurre le emissioni di gas a effetto serra derivanti dagli imballaggia 43 milioni di tonnellate rispetto alle 66 milioni di tonnellate di emissioni che verrebbero liberate se la legislazione non fosse modificata; si tratta di una riduzione che equivale grossomodo alle emissioni annue della Croazia. Il consumo di acqua si ridurrebbe di 1,1 milioni di metri cubi. I costi dei danni ambientali per l’economia e la società si ridurrebbero di 6,4 miliardi di euro rispetto allo scenario di base per il 2030”. L’iter prevede che ora laproposta sugli imballaggi e i rifiutisarà esaminata dal Parlamento europeo e dal Consiglionell’ambito della procedura legislativa ordinaria. Il pacchetto segue una prima serie di misure sull’economia circolare adottate a marzo 2022 e si pone come missione, oltre a quella di incentivare riciclo e riutilizzo, di “responsabilizzare i consumatori e consentire loro di svolgere un ruolo più incisivo nella transizione verde”.

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