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Decrescita felice? Naaaaa

 

Decrescitafelice. In tanti ne parlano (frequentemente male), in pochi si chiedono davvero di cosa si tratti. La parola decrescita rappresenta per molti un concetto poco attrattivo, spesso respingente. L’essere umano è stato abituato a guardare alla crescita come a un fattore esclusivamente positivo, ma la stessa ha condotto il Pianeta a un’emergenza climaticaincessante e senza precedenti. Un punto in cui siamo costretti a fermare questo processo e rallentare, per noi stessi e il mondo che ci circonda. La decrescita felice si sviluppa come una vera e propria corrente di pensiero economico, politico e sociale. Presenta una storia piuttosto recente vantando i primi riferimenti solo nel 1979. I suoi ideatori sonoSerge LatocheeMaurizio Pallante, l’uno per l’elaborazione del concetto di decrescita, l’altro per la volontà di individuarla come “felice”. Tale tematica nasce in contrapposizione al modello standardizzato di crescita economica valutato in base all’indicatore Pil. La decrescita felice rappresenta quindi uncambiamento radicale del paradigma culturaleche si contrappone a unacrescita illimitata, si sostanzia in una consapevolezza sulla bellezza e necessità di rallentare proteggendo la natura, gli animali e l’ambiente. Vivere meglio consumando meno, rifiutando ciò che non è realmente necessario e privilegiando valutazioni qualitative rispetto a quelle quantitative. Si tratta quindi di una riduzione controllata, selettiva e volontaria della produzione economica e dei consumi. L’obiettivo è quello di ripensare le relazioni tra persone e natura in un’ottica diequilibrio ecologico mantenibile, solo applicando losviluppo sostenibilee ripensando agli indici di sviluppo tradizionali. Quanto risulta realmente attrattiva questa opzione? Poco. Questo perché molto spesso non se ne capiscono le potenzialità e i rischi nel non utilizzo. Applicare questo modello non implica la totale rinuncia al consumo in tutte le sue forme, ma l’implementazione verso un consumo sostenibile. La decrescita può inoltre permettere una più ampia redistribuzione della ricchezza, favorendo lefasce più poveredella popolazione tramite uno stile di vita in cui i consumi sono ridotti. L’innovazione risulta un fattore centrale nella decrescita stessa perché necessaria per trovare soluzioni alternative ai processi produttivi. Lo studioA Good Life For All Within Planetary Boundaries(2018), evidenzia come l’Italia abbia superato di più del doppio 5 limiti biofisici su 7 e come la stessa dovrebbe decrescere del 78%, per rientrare nei propri limiti. Lo studio sviluppato dalGlobal Footprint Networkche misura da anni l’Overshoot Day,denuncia quanto quest’ultimo non faccia altro che avvicinarsi di decennio in decennio. In una società profondamente frenetica, risulta realisticamente quasi impossibile attivare una rivoluzione di questo tipo se non a livello personale e associativo. Ciò che potrebbe realmente cambiare il paradigma costituito, risulterebbe un serio impegno istituzionale intrapreso dai governi nazionali e da organi costituiti come l’Unione europea e la Nato. Nonostante questo scenario difficoltoso, la sensibilizzazione sul tema in auge in questo periodo storico, sta toccando picchi massimi grazie anche alla sensibilizzazione tramite i social media.

Redazione

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