La “paura del diverso” è dura a morire e resiste il timore di avere a che fare con una persona diversa da noi, per genere, abilità, caratteristiche personali e cultura. Questa è la situazione che vivono molti ragazzi nel nostro Paese, i cui tratti somatici li identificano sempre come “stranieri”. Gli episodi violenza nei confronti di molte persone discriminate per razza, sesso e cultura sono purtroppo ancora una realtà. Una delle manifestazioni più frequenti è laafrofobia, che è stato recentemente oggetto di un dossiercurato dai ricercatori dell’Osservatorio di Paviae a cui è stata dedicata una due giorni aMilano,dal 28 al 30 novembre, per far emergere il ruolo dei giovani e delle donne nel contrasto a questo fenomeno e nella costruzione di una società più inclusiva e antirazzista. Macos’è l’afrofobiae come si può contrastare? Afrofobia: cos’è L’afrofobia, l’afroscetticismo o il sentimento anti-africano è il “pregiudizio, ostilità,discriminazione o razzismo percepito o realenei confronti delle persone e delle culture dell’Africae della diaspora africana”. Questo tipo di pregiudizio ha una lunga storia ed è presente in tutto il mondo anche nei Paesi che hanno un’altissima percentuale di persone provenienti dai territori africani. Negli Stati Uniti, si è manifestato sotto forma di leggi, alloggi, scuole e strutture pubblichesegregatee in Sud Africa sotto forma del sistema dell’apartheid. Negli ultimi anni, però, abbiamo purtroppo assistito a unaumento dell’incitamento all’odio e della violenza afrofobici anche in Europa. I fattori potrebbero essere da ricercare nella crescita della diaspora africana in queste regioni, l’aumento dei rifugiati e dei migranti dall’Africa. L’afrofobia colpisce le varie tradizioni e popoli dell’Africa, indipendentemente dall’origine razziale ed è distinta dal fenomeno storico dellanegrofobia,che si basa specificamente sul disprezzo per i popoli negri. Nell’ottobre 2017, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha discusso del fenomeno in una riunione ad alto livello sulla lotta all’afrofobia, al fine di adottare unarisoluzioneper affrontare la questione. Il termine “afrofobia” è stato erroneamente anche usato per indicare ilrazzismo contro le persone dalla pelle più scuraprovenienti da qualsiasi luogo, senza riferirsi per forza all’Africa. L’afrofobia, o sentimento anti-africano, si traduce anche nella lotta sociale su chi ha il diritto di essere curato dallo Stato e dalla società e una lotta per l’equilibrio collettivo dei diritti e l’allocazione delle risorse economiche da parte dello stato moderno. Esistono poi due forme di afroscetticismo. L’hard afroscetticismoè un’opposizione di principio all’integrazione africanacondiviso da gruppi che pensano che i loro paesi non dovrebbero farne parte o le cui politiche verso l’integrazione equivalgono a opporsi all’intero progetto di integrazione africana. L’afroscetticismo morbidonon ha un’obiezione di principio all’integrazione africana, ma hapreoccupazioni su una o più aree politiche, che portano all’espressione di un’opposizione qualificata e giustificata all’integrazione, o c’è la sensazione che i diritti e gli interessi nazionali siano attualmente a rischio in contrasto con la traiettoria dell’integrazione. Afrofobia, la ricerca italiana La cronaca ci dice che anche in Italia sono sempre più diffusi linguaggi e atteggiamenti discriminatori su questo tema. In molti “temono” le persone africane, cedono a pregiudizi e faticano ad accettare la loro cultura. Le persone di origine africana e afrodiscendenti presenti nel nostro territorio hanno imparato per forza di cose a valutare lo sguardo di chi li osserva, giudicato spesso insistente, giudicante e diffidente. Proprio lo sguardo è il primo veicolo didiscriminazionee oggetto deLo sguardo tagliente. Conoscenza, consapevolezza e percezione dell’afrofobia e del razzismo sistemico nei settori della sanità, istruzione e comunicazione, il dossier curato dai ricercatori dell’Osservatorio di Paviache si inserisce nell’ambito del progettoChamps(Champions of human rights and community model countering afro-phobia and stereotypes), sostenuto dall’Unione europea. La prima indaginein Italia dedicata alla percezione dell’afrofobiaè stata condotta attraverso 6 distinti focus group formati da 60 persone tra soggetti bianchi, africani e afrodiscendenti appartenenti ai settori della sanità, dell’istruzione e della comunicazione ha messo in luce comele persone nere siano più inclini a percepire il razzismo come sistemicorispetto a una dimensione individuale. “Accettare che il razzismo è un sistema di potere, significa riconoscere innanzitutto che esso esiste non come fantasia nella mente deviata del razzista, ma come elemento che struttura la nostra società” – si legge nella ricerca. Ilrazzismo quindi si configura come una norma silenziosae naturalizzata all’interno delle relazioni sociali. Perl’80% degli intervistati il termine afrofobia è fuorviante e limitante. Dal punto di vista terminologicoil termine più adoperato da africani e afrodiscendenti per riferirsi all’afrofobia è razzismo, termine che ricorre con una frequenza doppia rispetto ai focus con i bianchi che preferiscono usare termini più soft come stereotipo, pregiudizio, diffidenza. Considerando invece ilcolore della pelle,i bianchi hanno nominato 88 volte in meno dei neri come colore, pelle, bianco e nero. Gli antidoti possibili contro l’afrofobia Secondo l’Osservetorio sarebbe utile “proporrepercorsi di formazione interculturale e sul razzismoall’interno dei diversi settori lavorativi”. Oltre a questo, a poter produrre un cambiamento reale sono anche la una formazione all’intercultura e all’antirazzismo di docenti, educatori e allievi delle scuole di vario grado; in ambito medico, uno dei più colpiti dal fenomeno dell’afrofobia, i corsi per i professionisti della sanità e la riscoperta di un legame più “umano” con il paziente; una formazione ad hoc riservata a giornalisti e professionisti della comunicazione, per un utilizzo corretto del linguaggio, specie in tema di migrazione, nonché l’applicazione delle norme indicate dallaCarta di Romae la valorizzazione di professionisti africani e afrodiscendenti nel settore della comunicazione.
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